In unione con la Vergine Maria
È superfluo osservare che un apostolo e padre di un esercito di apostoli come Escrivá è stato un grande devoto della Madonna (23) e si è adoperato con la fiamma della parola ad accendere nelle anime l’amore per la Madre di Dio.
Il santo Rosario brilla per intero di un amore mariano elevato ad alti livelli di contemplazione; Cammino ha un intero capitolo dedicato alla Vergine (nn. 492-516); Solco e Forgia concludono ogni capitolo con un punto a Lei riservato, e ben tre omelie celebrano i suoi privilegi: A Gesù per Maria e La Vergine Santa, causa della nostra letizia (È Gesù che passa, nn. 139-149 e 171 -178), Madre di Dio, Madre nostra (Amici di Dio, nn. 274-293). È un’esperienza mariana che rivive all’interno della vita ecclesiale i privilegi della Madre di Dio.
Piace iniziare con una pagina di una confidenza che gli fece un “buon cristiano” e ch’egli trova “del tutto logica in una persona poco colta” ma che riflette anche la sua considerazione per la maternità divina di Maria come la radice di tutti gli altri eccelsi privilegi (cfr Amici di Dio, n. 274). Il testo è un po’ lungo ma è forse un documento unico e sintomatico della pietà popolare: poiché è un contadino che gli parla.
“Lo prenda – mi diceva – come uno sfogo: cerchi di capire la mia tristezza per certe cose che capitano in questi tempi. Durante la preparazione e lo svolgimento dell’ultimo Concilio, si è sentita la proposta di includere il “tema della Vergine”. Proprio così: “il tema”. È così che parlano i figli? È questa la fede che i cristiani hanno sempre professato? Da quando in qua l’amore alla Madonna è un “tema”, sul quale sia consentito discutere per giudicarne la convenienza? Se c’è qualcosa di incompatibile con l’amore è la taccagneria. Non ho paura di parlar chiaro; se non lo facessi – continuava – mi sembrerebbe di offendere la Madonna. Si è discusso se era o non era opportuno chiamare Maria Madre della Chiesa. Non voglio scendere ad altri particolari. Ma come può la Madre di Dio, che quindi è Madre di tutti i cristiani, non essere la Madre della Chiesa, che è l’unione di tutti coloro che sono stati battezzati e che sono rinati in Cristo, il figlio di Maria? Non riesco a spiegarmi – diceva ancora – da dove nasca la meschinità di lesinare questo titolo di lode alla Madonna. Com’è diversa la fede della Chiesa! Il “tema” della Vergine! Forse che i figli si mettono a discutere il “tema” dell’amore per la loro madre? Le vogliono bene, e basta. Le vorranno molto bene se sono figli buoni. Del “tema” – o dello schema – parlano gli estranei, quelli che studiano il caso come il freddo enunciato di un problema”.
Escrivá, benché consideri “ingiusto” questo lamento, riconosce che si tratta di “uno sfogo onesto e devoto” da parte di “un’anima semplice e molto pia” (Amici di Dio, n. 282 ss.). È ovvio che egli simpatizza con quest’anima semplice ma profonda nella vita spirituale: non a caso in Cammino il capitolo La Chiesa segue quello su La Vergine. Essa è il sostegno di tutta la vita spirituale: “L’amore a nostra Madre sarà come un soffio che accenderà di fiamma viva le braci di virtù, nascoste nel mucchio di cenere della tua tiepidezza” e il distintivo dell’Opus Dei: “Sii di Maria e sarai nostro”. Di qui il principio: “A Gesù si va e si “ritorna” sempre per Maria” (Cammino, nn. 492, 494, 495) (24). E si legga la filiale esclamazione di Forgia: “Madre mia! Le madri della terra guardano con maggiore predilezione il figlio più debole, il più ammalato, il meno intelligente, il povero storpio… – O Maria!, io so che tu sei più Madre di tutte le madri insieme… – E, siccome sono tuo figlio… E, siccome sono debole, e ammalato… e storpio… e brutto…” (n. 234).
Per avere un’idea di ciò che significhi amare la Madonna, trattarla da figlio a Madre, basta addentrarsi fra le pagine incantevoli di Il santo Rosario, frutto impetuoso e insieme delicato della vita interiore dell’autore, che lo scrisse di getto, come altrove ha raccontato, durante il ringraziamento eucaristico successivo a una Messa.
Il libretto si apre con una dichiarazione programmatica luminosa e ferma che merita, per la sua attualità, di essere riportata: “Come per il passato, anche oggi il Rosario deve essere arma potente per vincere nella lotta interiore e dare aiuto a tutte le anime. Onora con la tua lingua la Madonna: il Signore chiede riparazione e lodi dalla tua bocca. Che tu sappia e voglia seminare in tutto il mondo la pace e la gioia con questa mirabile devozione mariana e con la tua vigilante carità”. Segue un prologo Al lettore nel quale l’autore rivela quella che, come vedremo, è una delle linee maestre della sua spiritualità, lo “spirito d’infanzia”… con animo virile: “Queste righe non sono state scritte per donnicciole. Sono state scritte per uomini, per uomini veri […]. A questi uomini devo dire un segreto, una verità che potrebbe diventare veramente l’inizio del cammino per il quale Cristo vuole condurli. Amico, se vuoi essere grande, fatti piccolo”.
E spiega subito: “Per essere piccolo bisogna credere come credono i bambini, amare come amano i bambini, abbandonarsi come sanno abbandonarsi i bambini, pregare come pregano i bambini”. E incalza: “Fatti piccolo. Vieni con me, e vivremo – ecco il nocciolo della mia confidenza – la vita di Gesù, di Maria e di Giuseppe”. Il Rosario è il compendio della devozione alla Madonna: “Vuoi amare la Vergine? E allora parla con Lei, cerca di conoscerla. – Come? Recitando bene il suo Rosario”. Raccomanda soprattutto la contemplazione (“Soffermati per qualche secondo – tre o quattro – in un silenzio di meditazione, nel considerare ciascun mistero del Rosario”) dei singoli misteri, suscitando in noi i sentimenti corrispondenti di ammirazione per l’infanzia di Gesù, di compassione per la Passione, di stupore gioioso per la gloria della sua Risurrezione.
E conclude svelando un altro principio profondo (e inatteso) della sua spiritualità che approfondisce quello dell’infanzia spirituale, la pazzia d’amore: “In una parola: contempleremo, pazzi d’Amore (non c’è altro amore che l’Amore) tutti i momenti della vita di Gesù”.
I testi per ogni mistero sono brevi, luminosi e commossi, spesso soffusi di poesia e sempre in colloquio col lettore. (Nel secondo mistero gaudioso questi è chiamato: “Mio piccolo amico”, e nel quarto doloroso: “Bambino amico”).
Diamo il testo del primo mistero gaudioso, l’Annunciazione: “Non dimenticare, amico, che siamo bambini. La Signora dal dolce nome, Maria, è raccolta in preghiera. Tu puoi essere, in quella casa, quello che preferisci: un amico, un servitore, un curioso, un vicino… – Quanto a me, in questo momento non oso essere nessuno. Mi nascondo dietro di te e contemplo attonito la scena: l’Arcangelo pronuncia il suo messaggio… Quomodo fiet istud, quoniam virum non conosco? Come avverrà questo, se io non conosco uomo? (Lc 1. 34)”.
Breve commento di commozione; “Alle parole di nostra Madre si affollano nella mia memoria, per contrasto, tutte le impurità degli uomini…, anche le mie. Come detesto, allora, queste basse miserie della terra!…”. Segue: “Fiat mihi secundum verbum tuum. Si faccia di me secondo la sua parola (Lc 1, 38)”. Il commento: “Nell’incanto di queste parole verginali, il Verbo si è fatto carne”. E conclude con uno slancio mistico: “Sta per terminare la prima decina… Ho ancora il tempo per dire al mio Dio, prima di ogni altro mortale: Gesù, ti amo”.
Ancora qualche breve indicazione. Il quinto mistero gaudioso diventa ormai doloroso: “Dov’è Gesù? – Maria, il Bambino… dov’è? La Madonna piange […]. – Giuseppe, dopo aver fatto vani sforzi per non piangere, piange anche lui… (25). E tu… E io. – Io, che sono un monello rozzo, piango senza ritegno e grido al cielo e alla terra… per tutte le volte che l’ho perso per colpa mia e non gridai. Gesù, non ti voglio più perdere”. La Croce su cui è inchiodato e innalzato Cristo, con la scritta “Re dei Giudei” è presentata (nel quinto mistero doloroso) come “il trono del trionfo”. Ma la scena è straziante: “Soffrendo quanto si può soffrire, egli stende le braccia con gesto di Sacerdote Eterno […]. Bambino sciocco, guarda: tutto questo… ha sofferto tutto questo per te… e per me. – Non piangi?”.
Nella Risurrezione Gesù “è apparso [per primo] alla sua Santissima Madre. – È apparso a Maria di Magdala, pazza d’amore. – E a Pietro e agli altri apostoli. – E a te e a me, che siamo suoi discepoli e più pazzi della Maddalena: quante cose gli abbiamo detto! […] – E prima di terminare la decina, tu hai baciato le piaghe dei suoi piedi…, e io più audace – perché più bambino – ho posato le mie labbra sul suo costato aperto”. E così avanti per gli altri misteri gloriosi (26). La conclusione è un’inattesa e deliziosa confidenza: “Amico: ti ho svelato un po’ del mio segreto. A te, con l’aiuto di Dio, spetta di scoprire il resto. Avanti, dunque. E sii fedele. Fatti piccolo. Il Signore si nasconde ai superbi e manifesta agli umili i tesori della sua grazia”. E incoraggia a proseguire nella via dell’infanzia: “Non ti preoccupare se, quando sarai tu a parlare, ti sfuggiranno moti d’affetto e parole audaci e puerili. A Gesù piacciono. Maria ti incoraggia. Se reciti il Rosario in questo modo, imparerai davvero a pregare bene”. E ad amare davvero la Madonna, con un affetto intessuto di amore tenero e filiale e di profonda sapienza teologica.
A Maria Madre della Chiesa Escrivá ha dedicato, come si è detto, un’omelia speciale (27) che svolge mirabilmente la tesi ecclesiologica: “Maria edifica continuamente la Chiesa, la aduna, la mantiene unita. È difficile avere un’autentica devozione alla Madonna e non sentirsi più che mai legati alle altre membra del Corpo Mistico, più che mai uniti al suo Capo visibile, il Papa. Mi piace ripetere: Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam”. E ricorda compiaciuto la visita al santuario mariano di Sonsoles in Castiglia, il cui simulacro della Vergine è così chiamato perché, nascosto per qualche tempo nella lotta tra cristiani e musulmani, fu ritrovato da alcuni pastori che commentarono ammirati: “Che begli occhi, son soles!, splendono come il sole; sono due soli!” (È Gesù che passa, n. 139). E commenta, sempre sull’onda dei ricordi: “Da quel 1935, in numerose e abituali visite ai santuari della Madonna, ho avuto occasione di riflettere e meditare sull’affetto che tanti cristiani nutrono verso la Madre di Gesù. E ogni volta ho concluso che questo affetto è una corrispondenza d’amore, una prova di riconoscenza filiale” (ibidem, n. 140).
La Vergine Immacolata è collocata accanto alla SS. Trinità: “Ave Maria, Figlia di Dio Padre: ave Maria, Madre di Dio Figlio: ave Maria, Sposa di Dio Spirito Santo… Più di te, soltanto Dio!” (Cammino, n. 496). E, dal suo trono celeste, soccorre gli uomini nelle grandi e nelle piccole necessità: “Rivolgiti alla Vergine – Madre, Figlia, Sposa di Dio, Madre nostra -, e chiedile di ottenerti dalla Trinità Beatissima più grazie: la grazia della fede, della speranza, dell’amore, della contrizione, affinchè, quando nella tua vita sembra che soffi un vento forte, secco, capace di inaridire i fiori dell’anima, non inaridisca i tuoi…, né quelli dei tuoi fratelli” (Forgia, n. 227).
Si compiace di ricordare la sua presenza accanto a Gesù alle nozze di Cana (28) e soprattutto ai piedi della Croce “con il più grande dei dolori umani – non c’è dolore come il suo dolore – piena di fortezza” (Cammino, n. 502 e 508). E da attento teologo osserva: “Coloro che considerano superate le devozioni alla Madonna, dimostrano di essersi lasciati sfuggire il profondo senso cristiano che esse racchiudono e di aver dimenticato la fonte da cui provengono: la fede nella volontà salvifica di Dio Padre, l’amore per Dio Figlio, che si fece realmente uomo e nacque da una donna, la fiducia in Dio Spirito Santo che ci santifica con la sua grazia” (È Gesù che passa, n. 142).
Maria, torna a insistere, è la via sicura per diventare “bambini” e per trovare Gesù: “Cercate Maria, troverete Gesù. E imparerete a capire un po’ che cosa c’è nel cuore di un Dio che si annulla, che rinuncia a manifestare il suo potere e la sua maestà per presentarsi in forma di schiavo” (ibidem, n. 144).
Maria è maestra di orazione e di intimità con Dio: “Quando ti vedi con il cuore arido, senza sapere che cosa dire, ricorri con fiducia alla Vergine. Dille: Madre mia Immacolata, intercedi per me. Se la invochi con fede, Lei ti farà gustare – in mezzo a questa aridità – la vicinanza di Dio” (Solco, n. 695).
Nella seconda omelia è Maria come modello che l’attira: “Per giungere a essere divini, per divinizzarci, è necessario imparare a essere molto umani […] santificando questa apparente piccolezza. Così visse Maria. Colei che è piena di grazia [… ] condusse un’esistenza comune. Maria è una creatura come noi, ha un cuore come il nostro, capace di provare la consolazione e la gioia, la sofferenza e le lacrime” (È Gesù che passa, n. 172). Perciò “Maria, nostra Madre, è un modello di corrispondenza alla grazia; se noi contempliamo la sua vita, riceveremo dal Signore la luce necessaria perdivinizzare la nostra esistenza quotidiana” (ibidem, n. 173; corsivo nostro), quella “santità personale” ch’è indispensabile per il nostro apostolato (cfr ibidem, n. 176). E la supplica, perché ci faccia “contemplativi”, con la preghiera: “Madre nostra, tu hai portato sulla terra Gesù che ci rivela l’amore di Dio nostro Padre; aiutaci a incontrarlo e a riconoscerlo in mezzo agli affanni di ogni giorno; muovi la nostra intelligenza e la nostra volontà perché sappiamo ascoltare la voce di Dio e seguire l’impulso della grazia” (ibidem, n. 174. Anche il seguente n. 175 termina con una devotissima preghiera).
Nella terza omelia, dedicata, come già si è detto, a Maria Madre di Dio e Madre nostra, dominata dal tema “Maria, Madre della Chiesa” (29), ricorda anzitutto la fede e l’amore del popolo cristiano per la “Madre del bell’Amore” e celebra, con devota compiacenza, l’idillio della Sacra Famiglia: “Mi piace ritornare con l’immaginazione agli anni durante i quali Gesù rimase accanto a sua Madre, e che comprendono quasi tutta la vita del Signore sulla terra. Mi piace vederlo piccolo, mentre Maria lo cura, lo bacia e lo fa giocare. Vederlo crescere, sotto gli occhi innamorati di sua Madre e di Giuseppe, suo padre putativo. Immaginate con quanta tenerezza e con quanta delicatezza Maria e il santo Patriarca si saranno occupati di Gesù nella sua infanzia e quanto, in silenzio, avranno appreso continuamente da Lui. Le loro anime dovettero certamente conformarsi all’anima di quel Figlio, Uomo e Dio. Per questo” – è la conclusione – “la Madre e, dopo di lei, Giuseppe, conoscono più di chiunque altro i sentimenti del Cuore di Cristo; e sono loro, pertanto, la via migliore e, si può dire, l’unica, per giungere al Salvatore” (Amici di Dio, n. 281).
Ammira la Madonna maestra di fede, speranza e carità e si commuove all’amore per il Figlio e per noi ai piedi della Croce mentre i nemici l’insultano ed Egli invece l’affida a Giovanni come nostra Madre (cfr ibidem, n. 288). In Maria è pertanto il segreto della nostra santità: “Guardate: per Maria, nostra Madre, saremo sempre piccoli, perché la Madonna ci apre la strada del Regno dei Cieli, che sarà donato a chi si fa bambino. Dalla Madonna non ci dobbiamo mai separare” (ibidem, n. 290). E, con fiduciosa audacia, conclude: Maria “è il capolavoro di Dio […]. In Lei tutti gli ideali diventano realtà” e pertanto “come crescerebbero in noi le virtù soprannaturali se riuscissimo a frequentare davvero Maria, che è nostra Madre!”.
Ed esorta con la semplicità di un figlio devoto: “Non esitiamo a ripeterle lungo la giornata – con il cuore, senza bisogno di parole – piccole preghiere, giaculatorie. La devozione cristiana ha raccolto molte di queste lodi ardenti nelle Litanie che accompagnano il santo Rosario. Ma ciascuno è libero di aumentarle […]. E’ tua Madre, e tu sei suo figlio; ti vuole bene come se tu fossi il suo figlio unico sulla terra. Trattala di conseguenza: raccontale tutto ciò che ti succede, rendile onore, amala […], troverai subito tutto l’amore di Cristo: e ti vedrai inserito nella vita ineffabile di Dio Padre, di Dio Figlio, di Dio Spirito Santo. Troverai la forza per compiere fino in fondo la Volontà di Dio” (ibidem, nn. 292 ss.).
Note
(23) Egli confessa che da studente di Diritto a Saragozza faceva ogni giorno una visita al venerato simulacro della Madonna del Pilar.
(24) E ricorda che una delle più antiche testimonianze è l’antifona: Sub tuum praesidium… (cfr È Gesù che passa, n. 141).
(25) II testo lucano ha appunto: dolentes (odyvómenoì): Lc 2,48.
(26) Nell’omelia Verso la santità l’autore riprenderà questo concetto centrale; chiedendosi come l’anima può superare tanti intoppi della vita quotidiana risponde: “Ispirandoci al modello che la santissima Vergine, nostra Madre, ci mostra: è un cammino molto ampio, che necessariamente, però, deve passare per Cristo […] Considerate anche una delle devozioni più radicate fra i cristiani, la recita del santo Rosario. La Chiesa ci esorta alla contemplazione dei misteri affinché si imprima nella nostra mente e nella nostra immaginazione, con il gaudio, il dolore e la gloria della Madonna, l’ammirabile esempio del Signore, nei suoi trent’anni di oscurità e nei suoi tre anni di predicazione, nella sua Passione ignominiosa e nella sua gloriosa Risurrezione” (Amici di Dio, n. 299).
(27) Pronunciata il 4 maggio 1957.
(28) Più ampiamente e meglio in E’ Gesù che passa, n. 141.
(29) Paolo VI aveva chiamato Maria Madre della Chiesa il 21 novembre 1964 (cfr Momenti dello spirito, cit., t. Il, pp. 176 ss.).
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