Colloqui con Monsignor Escrivá
Raccoglie una serie di interviste rilasciate dal fondatore dell’Opus Dei, fra il 1966 e il 1968, alla stampa internazionale (42). Il libro si chiude con un’omelia pronunciata nel 1967, dal titolo Amare il mondo appassionatamente, in cui l’autore tratteggia le linee portanti della spiritualità dell’Opus Dei. I temi delle interviste vertono, oltre che sull’Opus Dei, i suoi tratti istituzionali e la vita dei membri, su aspetti rilevanti nella vita della Chiesa e della società civile, quali i frutti del Concilio, la figura del sacerdote, il ruolo del laicato, la donna, l’università. Ci varremo frequentemente delle risposte sui diversi temi nel corso dell’esposizione successiva.
Va subito rilevato che nelle interviste riguardanti l’Opus Dei vibra il desiderio di chiarirne la realtà, la cui comprensione il fondatore percepisce ostacolata sia dall’intrinseca novità, sia dalla difficoltà, in molti ambienti clericali e anticlericali, a cogliere l’autonomia dei membri nelle questioni temporali.
Con l’approvazione definitiva degli Statuti da parte della Curia Romana fin dal 1950, l’Opus Dei ebbe la sua piena consistenza giuridica e l’autonomia necessaria per incardinare sacerdoti e per curare sia la formazione dei suoi membri che lo sviluppo delle sue opere. L’erezione dell’Opus Dei a Prelatura personale (1982), la prima in tutta la Chiesa, le conferisce una configurazione giuridica più adeguata e perfettamente corrispondente alla sua natura teologica e al carisma fondazionale: questa forma giuridica rispecchia bene la particolare fisionomia spirituale che il fondatore concepì fin dal lontano 2 ottobre 1928 (festa dei SS. Angeli Custodi, com’egli stesso con compiacenza ricorda) e difese con fermezza sempre e contro chiunque, fino agli ultimi giorni della sua operosa esistenza.
La lotta fu lunga ed ebbe toni aspri sia fuori come dentro la Chiesa – Escrivá ricorda in particolare che i maggiori ostacoli vennero dalla sua patria, la Spagna -, forse non sempre in mala fede ma per la difficoltà di molti a capire un ideale di vita cristiana assolutamente originale, come si dirà. E si comprende anche che la rapida diffusione dell’Opera, e in particolare la sua penetrazione nelle classi alte della società e della cultura, dovevano dare ombra a istituzioni e persone che credevano venisse così a restringersi il campo del proprio lavoro: non a caso l’Opus Dei fu accusata anche di essere una “società segreta” e il contraltare dei gesuiti, ciò che il fondatore respinge ripetutamente e con ragione.
Egli, convinto che l’Opera era stata voluta da Dio stesso che gliela aveva ispirata agli albori del suo sacerdozio, non si lasciò intimidire badando soltanto al bene delle anime che vedeva accorrere attorno a sé affascinate dalla sua parola che invitava ognuno all’esperienza integrale e originaria del Vangelo senza sovrastrutture e senza steccati istituzionali od obblighi speciali ma “nel bel mezzo della strada”, com’egli si compiacque spesso di dire.
Devo confessare che anch’io, ingannato da alcune apparenze, per molti anni rimasi molto perplesso fino a chiamarli in un’adunanza privata “massoneria bianca” (per distinguerli dalla “massoneria nera” come sono chiamati i gesuiti e dalla “massoneria verde” dei nemici della Chiesa). La lettura attenta che sto conducendo da alcuni anni degli scritti del fondatore e una conoscenza un po’ più diretta dei membri dell’Opera e della loro attività hanno dissipato in me ogni dubbio e considero quest’istituzione uno dei soccorsi spirituali più efficaci per il mondo contemporaneo, forse il mezzo più adatto per elevare a Dio e avvicinare a Cristo la varietà innumerevole degli spiriti umani in cerca di un golfo sicuro per ripararsi dall’angoscia del mondo contemporaneo:
“All’Opera”, egli dichiara, “appartengono persone di tutte le condizioni sociali, di tutte le professioni, di tutte le età e dì tutti gli stati di vita; uomini e donne, sacerdoti e laici, vecchi e giovani, celibi e coniugati, studenti e operai, contadini e impiegati, liberi professionisti e funzionari di enti pubblici” (Colloqui, n. 18); “tutte le professioni dunque: dai registi cinematografici e dai piloti dei reattori alle parrucchiere di alta moda” (n. 26). Si può dire che non c’è nulla di simile nella struttura ecclesiastica né oggi e neppure nei secoli passati, se non nelle comunità della Chiesa primitiva.
Note
(42) Traduzione italiana: Edizioni Ares, Milano 1987.
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