Introduzione
Sono trascorsi ormai diciassette anni dal 26 giugno 1975, dies natalis di Josemaría Escrivá, santo sacerdote che la Chiesa annovera dal 17 maggio 1992 nella schiera dei suoi beati. Non sarebbe impossibile, se il Signore avesse disposto altrimenti, concepire monsignor Escrivá ancora vivo tra noi: il 9 gennaio 1992, infatti, avrebbe compiuto novant’anni.
Quel che non cessa, né poteva cessare, è la formidabile efficacia della sua esistenza per il bene della Chiesa e degli uomini tutti; un’efficacia la cui realtà è dato di costatare sotto più aspetti. Innanzitutto l’Opus Dei, figlia prediletta della volontà di Dio nella vita di Escrivà, che resta a diffonderne il messaggio in tutti gli ambienti e in tutto il mondo. Eppure questo messaggio, di per sé, trascende l’Opus Dei stessa, essendo vasto com’è vasto il cattolicesimo, e dunque vive e si diffonde di vita propria anche fra persone e in luoghi dove l’istituzione non è conosciuta e operante; inoltre, dalla morte di Escrivà, sempre più vasta e capillare si è fatta la devozione per lui fra cristiani di ogni tipo, accompagnata dalle prove evidenti della sua attiva intercessione.
In questa sede desidero valermi di uno strumento prezioso per mettere in rilievo la qualità e il pondus del ruolo che Escrivà va assumendo nella storia e nella dottrina della Chiesa. Tale strumento sono le sue opere a stampa, che dal 1934 a oggi sono andate crescendo in numero (varie di esse sono apparse postume), spargendosi dappertutto lungo quel canale insostituibile di diffusione spirituale che è il rapporto libro-lettore. Escrivà non ha affidato il suo messaggio solo ai suoi scritti editi, è opportuno sottolinearlo subito: per una visione a tutto tondo della sua personalità ecclesiale andranno adeguatamente considerati anche la gran mole degli scritti tuttora inediti, l’altrettanto vasto complesso della sua predicazione – in buona parte registrata su carta e su nastro, nonché in quegli straordinari e moderni sussidi filmati che lo ritraggono ormai per sempre, primo caso nella storia della santità, mentre predica a ogni sorta di persone -, e i lineamenti dell’Opus Dei, che sono i suoi stessi lineamenti.
Tuttavia ritengo che dall’esame attento e dettagliato degli scritti possa emergere un ritratto già reale, e non solo realisticamente approssimativo, dell’uomo e della dottrina; quale, per esempio, emerge pure dagli scritti di un Agostino, di un Gregorio Magno, di un Giovanni Crisostomo, o, più vicini a noi, di un Alfonso Maria de’ Liguori, di un Francesco di Sales. Perché Escrivà possiede la forza dei classici: la tempra di un Padre della Chiesa. E i suoi scritti – questi pochi finora pubblicati – hanno già condotto un numero incalcolabile di anime a scoprire le vie dell’autentica santità cristiana in mezzo al mondo. Non insegnano un teorico programma d’azione; comunicano, in modo insieme piano e autorevole, una vita. Sicché costituiscono già un tesoro prezioso, e fra i più alti e fecondi, per la Chiesa di Dio. Anche se la sua dottrina non si fosse plasmata nella realtà ecclesiale dell’Opus Dei, essa ha tale vigore da potersi dire che ha aperto una nuova epoca nella Chiesa.
Limitarsi ad affermare la piena ortodossia della dottrina contenuta in questi scritti non renderebbe ragione della ricchezza del loro contenuto. Dal nucleo centrale del messaggio del fondatore dell’Opus Dei – la chiamata universale alla santità come fedeltà alla filiazione divina ricevuta dal cristiano nel battesimo -, si snoda un armonico complesso di temi teologici prospettati in unità straordinariamente semplice e vitale. E se lo studioso resta catturato dalla novità di alcune intuizioni dell’autore, ciò che maggiormente colpisce è la profondità della prospettiva che le unifica: una spiritualità radicale e ardita, cioè di vita evangelica offerta a chi nel mondo deve lottare per Cristo.
Resta da precisare, prima di addentrarci nella trattazione, che in questa sede intendiamo tener conto soltanto delle opere ascetiche edite in volume: rinunciando pertanto a esaminare sia gli scritti vari apparsi in giornali e periodici, sia un’opera quale La Abadesa de las Huelgas (1944), studio teologico-giuridico di notevole interesse, ma che esula dall’ambito prefissato.
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