Omelia del card. Giovanni Battista Re
Dopo la stupenda celebrazione in piazza San Pietro di domenica e dopo l’udienza di ieri col Santo Padre, siamo qui per ringraziare il Signore per aver donato alla Chiesa e all’umanità San Josemaría Escrivá. Egli è stato un grande maestro che ha insegnato come vivere la dimensione alta della vita cristiana nella società di oggi, società segnata da un crescente progresso e benessere e da tante possibilità di bene, ma anche da tanto secolarismo, permissivismo e materialismo, ed ha indicato con la parola e con tutta la sua vita come non smarrire, tra le vicissitudini del quotidiano, la giusta rotta indicata dalla stella polare della fede.
In pari tempo, egli è stato un grande testimone perché ha vissuto con piena coerenza quanto ha insegnato divenendo un esempio della verità e della validità dei suoi messaggi. Ha cercato ed ha servito i fratelli con lo slancio della santità evangelica.
Un aspetto caratteristico suo è che egli ha inculcato una spiritualità accessibile ad ogni cristiano, qualunque sia la sua professione o condizione, senza sottrarlo ai quotidiani impegni terreni di qualsiasi genere. Egli aveva capito che il Vangelo non è solo un libro da leggere e da meditare ma da vivere nella situazioni concrete della vita.
Per questo Josemaría Escrivá ha lasciato un solco importante nella Chiesa e nella società. Nella Chiesa un solco luminoso di santità e nella società un solco ardente di dedizione e di fedeltà ai propri doveri e all’amore del prossimo.
Nella Novo Millennio Ineunte il Papa insiste con forza nel sottolineare che all’inizio del terzo millennio la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità (n. 30).
Su questo tema della santità la canonizzazione di Escrivá ha molto da dire al mondo perché il grande anelito che ha ispirato e sostenuto tutta la sua vita fu di operare perché la chiamata universale alla santità diventasse convincimento operativo nella vita di ogni cristiano. E in questo anelito ed impegno ebbe una propria genialità e originalità, sottolineando che ognuno deve santificarsi nel proprio lavoro svolgendo il proprio compito con impegno e competenza e per dare onore a Dio.
Egli è stato la luce nel cammino della Chiesa del nostro tempo; soleva dire “la tua vocazione di cristiano ti chiede di stare in Dio e al tempo stesso di occuparti delle cose della terra adoperandole così come sono per restituirle a Lui”. Quanti hanno conosciuto da vicino San Josemaría Escrivá sanno quanto fermo fosse il suo convincimento che ogni uomo e ogni donna, amati da Dio al punto da mandare per loro il Figlio Unigenito, possono e devono vivere nella fede di questo amore, coltivando ogni giorno con priorità la vita interiore e un rapporto rinnovato con gli altri, attraverso il lavoro professionale e l’adempimento dei doveri familiari e sociali. E’ la vita dei figli di Dio. San Paolo ci ha detto “non avete ricevuto uno spirito da schiavi per aver paura ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo Abbà Padre” (Rm 8,15). Proprio questa esigenza del “gridare” quando lo spirito procura l’esperienza della filiazione divina, Dio l’ha rivelato in modo speciale al giovane don Josemaría nell’anno 1931. Da quel giorno ha cercato di vivere tutto da figlio di Dio ponendo la filiazione divina a fondamento di ciò che voleva trasmettere agli altri e vedendo gli altri sempre come figli di Dio.
L’immagine che suscitava nel passato la santità era piuttosto orientata all’eccezionalità di prestazioni e di coraggio che riguardavano quella singola persona. Se è vero che la santità è sempre originale in ciascuno, con l’originalità dell’amore, è pur vero che Josemaría Escrivá ha scosso i cristiani con il convincimento vissuto che la santità non è qualcosa di insolito; essa si identifica con la vita cristiana vissuta in pieno qualunque sia il luogo in cui ci si trova. Ciò che rende la sua fede e il suo cammino particolarmente attuali è l’aver creduto che i laici, impegnati in molti modi nelle responsabilità familiari, professionali e sociali, possono avere una profonda vita interiore di unione a Dio. E lo ha predicato in modo credibile ed efficace per tutta la sua vita.
Molti santi del passato hanno indicato la santità come unico scopo dell’esistenza, ma non era sottolineato l’annuncio evangelizzatore nel mezzo del lavoro e della vita quotidiana. Tutta la vita e l’operato di San Josemaría fin dal 2 ottobre 1928, data della fondazione dell’Opus Dei, sono stati mossi da questa missione per la salvezza del mondo. Ciò che in definitiva ha sostanziato il suo carisma è stato il credere che Dio ha mandato il Figlio ad ogni uomo, là dove l’uomo si trova, vivendo fino in fondo la sua incarnazione. “Dio – diceva – invia il Figlio anche a te e a me”, là dove siamo, dove lavoriamo, dove ci rapportiamo con i nostri fratelli. Naturalmente occorre mantenere sempre il contatto con la fonte della grazia, nei sacramenti e nella liturgia. L’incontro personale con Cristo, infatti, si realizza massimamente nell’Eucarestia e nella Santa Messa. San Josemaría Escrivá ha cercato con tutte le sue forze questa centralità eucaristica indicando, con il suo esempio e la sua incessante predicazione, la possibilità per tutti di incorporarsi a Cristo con l’orazione e con l’Eucarestia. Pane e parola, amava ripetere.
Per lui Gesù non era un esempio da imitare in lontananza, un’astrazione, un cammino morale, bensì il suo Gesù, persona con cui vivere continuamente. Si può indicare come grande tesoro per tutti i cristiani il suo modo di vivere e di insegnare la presenza di Dio nella giornata con il realismo di una vita vissuta, offrendo ogni lavoro, recitando una giaculatoria nell’usare un oggetto, unendosi subito alle sofferenze di Cristo nelle contrarietà della giornata, ringraziando per ogni cosa. Ogni novità gli permetteva di trovare uno spunto spirituale, ogni dolore gli suscitava compassione, ogni peccato contrizione e misericordia.
“Bisogna convincersi” così scriveva in Cammino (n. 267) “bisogna convincersi che Dio ci sta vicino continuamente. Viviamo come se il Signore fosse lassù lontano, dove brillano le stelle, e non pensiamo invece che è sempre anche al nostro fianco”.
E questo convincimento lo esemplificava per tutti. “Non prendere” diceva ancora “una decisione senza soffermarti a considerare la questione davanti a Dio” (n. 266); Adopera quei santi “accorgimenti umani” che ti ho consigliato per non perdere la presenza di Dio, giaculatorie, atti d’Amore e di riparazione, comunioni spirituali, “sguardi” all’immagine di Cristo e della Madonna…” (n. 272). “Abituati” dice ancora in Cammino “abituati ad innalzare il cuore a Dio in rendimento di grazie più volte al giorno.- Perché ti dà questo e quest’altro. – Perché ti hanno disprezzato. – Perché non hai ciò di cui hai bisogno oppure perché ce l’hai.” Contemplare il Signore dietro ogni avvenimento, ogni circostanza … (cfr. Forgia, 96)
A ben vedere è proprio questa fede vissuta nella presenza del Cristo risorto con noi in ogni momento che costituisce il cuore di quell’Opus Dei che Dio gli ha affidato: mettere amore nel proprio lavoro. Solo così il cristiano, che vive nel mondo sollecitato in mille modi da fuochi fatui ma anche da mille vere responsabilità che fagocitano il cuore in apprensioni, potrà ridare alla propria vita unità e pienezza nonostante gli affanni che non mancano mai.
Diceva San Josemaría Escrivá che occorre stare in cielo e sulla terra, contemporaneamente; cioè un cristiano deve tenere i piedi ben fissi su questa terra per collaborare alla costruzione della città terrena, ma lo sguardo deve essere levato in alto, guardare in alto non per sfuggire dalla realtà, ma per attingere dall’alto luce e forza per affrontare i problemi di ogni giorno.
Dio ha affidato a San Josemaría Escrivá un’Opera che il Romano Pontefice ha eretto in Prelatura riconoscendo l’importanza di rendere sempre più efficaci, nella vita di fedeli impegnati nei problemi del mondo, i doni che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. In concreto, la cura di una formazione che aiuti tutti ad approfondire sempre più l’intimità della vita interiore e di estendere la presenza di Dio a tutti i momenti della giornata con frutti di carità nel rapporto con gli altri.
La presenza di tante personalità, di tanti Cardinali e Vescovi nel giorno della canonizzazione, testimonia come la Prelatura dell’Opus Dei intreccia la sua azione formativa con la pastorale delle chiese locali animata da una leale collaborazione.
San Josemaría Escrivá tante volte ha esortato a tendere alla santità nella vita di famiglia santificando se stessi insieme con i propri familiari. Egli ha sempre visto nella famiglia di Nazareth il passaggio necessario per arrivare alla contemplazione della Trinità: la chiamava “la Trinità della terra”.
L’esempio di Maria e di Giuseppe impegnati in una vita assolutamente normale agli occhi di tutti, realizza pienamente la ricchezza divina della vita quotidiana; vivevano sempre alla presenza di Gesù, lavoravano per lui, si amavano umanamente e soprannaturalmente. Ricorriamo anche noi a Maria e a Giuseppe perché ci aiutino ad esprimere il nostro ringraziamento al Signore per questa canonizzazione e a formulare propositi di bene per il cammino della nostra vita personale.
Amen
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