Omelia di mons. Javier Echevarría
1. Laudate Dominum omnes gentes (Sal 116 [117] 1), lodate il Signore, popoli tutti. L’invito del Salmo responsoriale, risuonato pochi momenti fa, costituisce una buona sintesi dei sentimenti che sgorgano oggi dal nostro cuore: Deo omnis gloria! , a Dio tutta la gloria. Vogliamo adorare il Dio tre volte Santo e ringraziarlo per il dono con cui ha arricchito la Chiesa e il mondo: la canonizzazione di Josemaría Escrivá, sacerdote, Fondatore dell’Opus Dei, compiuta ieri dal nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo II.
La nostra gratitudine si rivolge anche al Santo Padre, che ha dato compimento a questo disegno della Trinità: mentre ci apprestiamo ad elevare la nostra preghiera al Cielo, affidiamo al Signore la sua augusta persona e tutte le sue intenzioni. Sappiamo che questa supplica è molto gradita a San Josemaría: egli, infatti, amò con tutta l’anima il Vicario di Cristo in terra, fino al punto di non separare l’amore che provava per lui da quello che professava per Cristo e per la Madre sua benedetta.
Infatti, dallo stesso istante in cui il Signore irruppe nella sua anima facendogli sentire i primi presagi sull’Opus Dei, che ancora non conosceva, cominciò a pregare e a lavorare per rendere realtà l’anelito che albergava nel suo cuore: Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!, tutti, con Pietro, a Gesù per Maria.
Tutti noi, partecipanti a questa Santa Messa, così come altre innumerevoli persone unite spiritualmente a noi nel mondo intero, ci riconosciamo volentieri debitori del nuovo Santo donato da Dio alla Chiesa. Molti di noi hanno ricevuto per sua intercessione grazie e favori di ogni tipo. Non pochi si sforzano di seguire il suo esempio di fedeltà al Signore sulla terra, cercando di riprodurre nella propria anima lo spirito che egli incarnò.
A tutti, San Josemaría ha mostrato — con l’insegnamento e con l’esempio — un modo ben preciso di percorrere la via della vocazione cristiana, che ha come meta la santità. Per questo, la canonizzazione del Fondatore dell’Opus Dei assume i tratti caratteristici di una festa: la festa di quella grande famiglia di Dio che è la Chiesa. Di tutto ciò vogliamo ringraziare il Signore in questa celebrazione eucaristica
2. Non sono trascorsi quarant’anni da quando il Concilio Vaticano II proclamò la chiamata universale alla santità e all’apostolato (cfr. Lumen gentium , cap. V), e resta ancora molta strada da fare affinché questa verità giunga ad illuminare e a guidare davvero i passi quotidiani di tutti gli uomini e le donne della terra. Lo ha ricordato esplicitamente il Romano Pontefice, nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte , dove propone questa dottrina come «fondamento della programmazione pastorale che ci vede impegnati all’inizio del nuovo millennio» (NMI 31).
Tutti nella Chiesa, ogni Pastore e ogni fedele, sono chiamati ad impegnarsi personalmente nella ricerca quotidiana della santità e a partecipare — anche personalmente — al compimento della missione affidataci da Cristo. Se il secolo XX è stato testimone della «riscoperta» di questa chiamata universale — che era racchiusa nel Vangelo fin dal principio, e della quale San Josemaría Escrivá fu costituito araldo per la personale vocazione divina ricevuta (cfr. Messa di San Josemaría Escrivá, Colletta ) —, il secolo che stiamo percorrendo deve caratterizzarsi per una più effettiva ed estesa messa in pratica di tale insegnamento. Ecco una delle grandi sfide che lo Spirito lancia agli uomini e alle donne del nostro tempo.
San Josemaría Escrivá cercò di risvegliare quest’urgenza di santità in tutti gli uomini. Il fatto che la sua canonizzazione abbia avuto luogo agli albori del nuovo secolo appare particolarmente significativo. Il suo messaggio risuona con speciale forza nel momento attuale: «Siamo venuti a dire, con l’umiltà di chi si sa peccatore e poca cosa — homo peccator sum (Lc 5, 8), diciamo con Pietro —, ma con la fede di chi si lascia guidare dalla mano di Dio, che la santità non è cosa per privilegiati: che il Signore chiama tutti, che da tutti si attende Amore: da tutti, dovunque si trovino; da tutti, di ogni condizione, professione o mestiere.
Perché la vita normale, ordinaria, poco appariscente, può essere mezzo di santità: non è necessario abbandonare il proprio stato nel mondo per cercare Dio se il Signore non dà ad un’anima la vocazione religiosa, poiché tutte le strade della terra possono essere occasione di un incontro con Cristo» (Lettera 24-III-1930 , n. 2).
3. Ogni istante — consigliava il nuovo Santo fin dagli anni ’30 (cfr. Cammino , n. 382) — bisogna cercare il Signore, trovarlo e amarlo . Solo se ci sforziamo giorno dopo giorno di percorrere queste tre tappe , arriveremo alla piena identificazione con Cristo: a essere alter Christus, ipse Christus . «Forse vi rendete conto — vi ripeto con parole sue — di trovarvi solo nella prima tappa. Cercatelo con fame (…). Se agite con tale impegno, oso garantirvi che lo avete già trovato, e che avete incominciato a frequentarlo e ad amarlo, ad avere la vostra conversazione nei cieli (cfr. Fil 3, 20)» (Amici di Dio , n. 300).
Gesù lo troviamo nell’orazione, nell’Eucaristia e negli altri sacramenti della Chiesa; ma anche nel compimento fedele e pieno di amore dei doveri familiari, professionali e sociali propri di ciascuno. Si tratta invero di un obiettivo arduo, che solo alla fine del nostro pellegrinaggio terreno potremo raggiungere pienamente. «Ma non dimenticate che santi non si nasce: il santo si forgia nel continuo gioco della grazia divina e della corrispondenza umana».
Così esortava San Josemaría in una delle sue omelie; e aggiungeva: «Pertanto ti dico che, se vuoi comportarti da cristiano coerente (…) devi mettere una cura estrema nei particolari più minuti, perché la santità che il Signore esige da te si ottiene compiendo con amore di Dio il lavoro, i doveri di ogni giorno, ch e quasi sempre sono un tessuto di cose piccole» (Ibid ., n. 7).
Santificare il lavoro. Santificarsi nel lavoro. Santificare gli altri con il lavoro . Con questa frase espressiva il Fondatore dell’Opus Dei riassumeva il nucleo del messaggio che Dio gli aveva affidato per ricordarlo ai cristiani. L’ impegno per raggiungere la santità è inseparabilmente unito alla santificazione della propria attività professionale — compiuta con perfezione umana, con rettitudine di intenzione e con spirito di servizio — e alla santificazione degli altri.
Non è possibile disinteressarsi dei fratelli, delle loro necessità materiali e spirituali, se si vuole seguire il Signore: «La nostra vocazione di figli di Dio, in mezzo al mondo, esige da noi non solo la ricerca della santità personale, ma ci spinge anche a percorrere tutti i cammini della terra per convertirli in varchi, aperti in mezzo agli ostacoli, che conducono le anime al Signore; ci spinge a prendere parte, come cittadini, a tutte le attività temporali, per essere lievito (cfr. Mt 13, 33) che fa fermentare tutta la massa (cfr. 1 Cor 5, 6)» (E’ Gesù che passa , n. 120).
4. La divina Provvidenza ha disposto che la vita terrena di San Josemaría Escrivá si svolgesse nel secolo XX, epoca che ha visto notevoli sviluppi della scienza e della tecnica, che non sempre, purtroppo, sono state utilizzate al servizio dell’ uomo. Infatti, bisogna ammettere che, assieme ad ammirevoli conquiste dello spirito umano, in questo nostro tempo abbondano i torrenti di acque amare, incapaci di soddisfare la sete di felicità dei cuori.
E’ pur vero tuttavia — come scrisse Mons. Álvaro del Portillo — che, con il messaggio spirituale del nuovo Santo, «tutte le professioni, tutti gli ambienti, tutte le situazioni sociali oneste (…) sono state agitate dagli Angeli di Dio, come le acque di quella piscina Probatica ricordata nel Vangelo (cfr. Gv 5, 2 ss.), e hanno acquistato un’efficacia medicinale» (Lettera pastorale , 30-IX-1975, n. 20).
Nel ricordare il primo successore di nostro Padre, don Álvaro del Portillo, sentiamo molto vicina la sua presenza spirituale in questi momenti. Con lui possiamo affermare, colmi di gratitudine verso Dio, che grazie alla dottrina e allo spirito del Fondatore dell’ Opus Dei, «perfino dalle pietre più aride e imprevedibili sono sgorgati torrenti medicinali. Il lavoro umano ben terminato è diventato collirio per scoprire Dio in tutte le circostanze della vita, in tutte le cose. Ed è accaduto proprio nel nostro tempo, mentre il materialismo cerca di trasformare il lavoro in un fango che acceca gli uomini e impedisce loro di vedere Dio» (Ibid .).
Saluto quanti di voi sono venuti a Roma da Paesi di lingua inglese per assistere alla canonizzazione di San Josemaría Escrivá. Nel ritornare alle vostre case, portate con voi e cercate di mettere in pratica gli insegnamenti del nuovo Santo. Chiedete a San Josemaría che vi insegni a trasformare la prosa quotidiana — le situazioni più comuni — in versi di un poema eroico : in desideri e realtà di santità e di apostolato.
A quanti di voi vengono da Paesi di lingua francese, vi ricordo l’importanza di collaborare alla missione apostolica della Chiesa, che è dovere di ogni cristiano, cercando di fecondare con lo spirito del Vangelo le arti e le lettere, le scienze e la tecnica. Ricorrete all’ intercessione di San Josemaría per mettere in pratica quell’aspirazione che Dio stesso impresse nella sua anima: Mettere Cristo — col nostro lavoro, qualunque esso sia — al vertice di tutte le attività umane .
Oggi la Chiesa venera la Vergine Santissima con il titolo di Madonna del Rosario. Mi rallegra pensare che la canonizzazione del nostro Fondatore abbia avuto luogo alla vigilia di una festa di Santa Maria; questa coincidenza è come un ulteriore segno della sua amorevole assistenza di Madre. Colmi di fiducia, ricorriamo alla sua mediazione materna, mentre rinnoviamo il nostro ringraziamento al Signore per questa canonizzazione. Deo omnis gloria!, ripeto ancora una volta. Chiediamo che si diffonda tra i cristiani, ogni giorno con rinnovato vigore, il desiderio di santità personale e di apostolato nelle circostanze della vita ordinaria. Così sia.
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