Omelia di san Giovanni Paolo II
1. “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8, 14). Queste parole dell’apostolo Paolo, poc’anzi risuonate nella nostra assemblea, ci aiutano a meglio comprendere il significativo messaggio dell’odierna canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer. Egli si è lasciato docilmente guidare dallo Spirito, convinto che solo così si può compiere appieno la volontà di Dio.
Tale fondamentale verità cristiana era tema ricorrente della sua predicazione. Non cessava, infatti, di invitare i suoi figli spirituali a invocare lo Spirito Santo per far sì che la vita interiore, la vita cioè di relazione con Dio, e la vita familiare, professionale e sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene, non fossero separate, ma costituissero una sola esistenza “santa e piena di Dio”. “Troviamo Dio invisibile – egli scriveva – nelle cose più visibili e materiali” (Colloqui con Mons. Escrivá, n. 114).
Attuale e urgente è anche oggi questo suo insegnamento. Il credente, in virtù del Battesimo che lo incorpora a Cristo, è chiamato a stringere con il Signore un’ininterrotta e vitale relazione. E’ chiamato ad essere santo e a collaborare alla salvezza dell’umanità.
2. “Tomó, pues, Yahveh Dios al hombre y lo dejó en el jardín de Edén, para que lo labrase y cuidase” (Gn 2, 15). El Libro del Génesis, como hemos escuchado en la primera Lectura, nos recuerda que el Creador ha confiado la tierra al hombre, para que la ‘labrase’ y ‘cuidase’. Los creyentes actuando en las diversas realidades de este mundo, contribuyen a realizar este proyecto divino universal. El trabajo y cualquier otra actividad, llevada a cabo con la ayuda de la Gracia, se convierten en medios de santificación cotidiana.
“La vida habitual de un cristiano que tiene fe – solía afirmar Josemaría Escrivá -, cuando trabaja o descansa, cuando reza o cuando duerme, en todo momento, es una vida en la que Dios siempre está presente” (Meditaciones, 3 de marzo de 1954). Esta visión sobrenatural de la existencia abre un horizonte extraordinariamente rico de perspectivas salvíficas, porque, también en el contexto sólo aparentemente monótono del normal acontecer terreno, Dios se hace cercano a nosotros y nosotros podemos cooperar a su plan de salvación. Por tanto, se comprende más fácilmente, lo que afirma el Concilio Vaticano II, esto es, que “el mensaje cristiano no aparta a los hombres de la construcción del mundo […], sino que les obliga más a llevar a cabo esto como un deber” (Gaudium et spes, 34).
3. Elevar el mundo hacia Dios y transformarlo desde dentro: he aquí el ideal que el Santo Fundador os indica, queridos Hermanos y Hermanas que hoy os alegráis por su elevación a la gloria de los altares. Él continúa recordándoos la necesidad de no dejaros atemorizar ante una cultura materialista, que amenaza con disolver la identidad más genuina de los discípulos de Cristo. Le gustaba reiterar con vigor que la fe cristiana se opone al conformismo y a la inercia interior.
Siguiendo sus huellas, difundid en la sociedad, sin distinción de raza, clase, cultura o edad, la conciencia de que todos estamos llamados a la santidad. Esforzaos por ser santos vosotros mismos en primer lugar, cultivando un estilo evangélico de humildad y servicio, de abandono en la Providencia y de escucha constante de la voz del Espíritu. De este modo, seréis “sal de la tierra” (cf. Mt 5, 13) y brillará “vuestra luz delante de los hombres, para que vean vuestras buenas obras glorifiquen a vuestro Padre que está en los cielos” (ibíd., 5, 16).
4. Ciertamente, no faltan incomprensiones y dificultades para quien intenta servir con fidelidad la causa del Evangelio. El Señor purifica y modela con la fuerza misteriosa de la Cruz a cuantos llama a seguirlo; pero en la Cruz – repetía el nuevo Santo – encontramos luz, paz y gozo: Lux in Cruce, requies in Cruce, gaudium in Cruce!
Desde que el siete de agosto de mil novecientos treinta y uno, durante la celebración de la Santa Misa, resonaron en su alma las palabras de Jesús: “cuando sea levantado de la tierra, atraeré a todos hacia mí” (Jn 12, 32), Josemaría Escrivá comprendió más claramente que la misión de los bautizados consiste en elevar la Cruz de Cristo sobre toda realidad humana, y sintió surgir de su interior la apasionante llamada a evangelizar todos los ambientes. Acogió entonces sin vacilar la invitación hecha por Jesús al apóstol Pedro y que hace poco ha resonado en esta Plaza: “Duc in altum!”. Lo transmitió a toda su Familia espiritual, para que ofreciese a la Iglesia una aportación válida de comunión y servicio apostólico. Esta invitación se extiende hoy a todos nosotros. “Rema mar adentro – nos dice el divino Maestro – y echad las redes para la pesca” (Lc 5, 4).
[2. “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2, 15). Il Libro della Genesi, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, ci ricorda che il Creatore ha affidato la terra all’uomo, affinché la “coltivasse” e la “custodisse”. I credenti, operando nelle diverse realtà di questo mondo, contribuiscono a realizzare questo progetto divino universale. Il lavoro e qualsiasi altra attività, portata a termine con l’aiuto della Grazia, diventano mezzi di santificazione quotidiana.
“La vita quotidiana di un cristiano che ha fede – era solito affermare Josemaría Escrivá – quando lavora o riposa, quando prega o quando dorme, in ogni momento, è una vita in cui Dio è sempre presente” (Meditazioni, 3 marzo 1954). Questa visione soprannaturale dell’esistenza apre un orizzonte straordinariamente ricco di prospettive salvifiche, poiché, anche nel contesto solo apparentemente monotono del normale accadere terreno, Dio è vicino a noi e noi possiamo cooperare al suo piano di salvezza. Si comprende quindi più facilmente quanto afferma il Concilio Vaticano II, ossia che “il messaggio cristiano, lungi da distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, … li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente” (Gaudium et spes, n. 34).
3. Elevare il mondo a Dio e trasformarlo dal di dentro: ecco l’ideale che il Santo Fondatore vi indica, cari Fratelli e Sorelle, che oggi vi rallegrate per la sua elevazione alla gloria degli altari. Egli continua a ricordarvi la necessità di non lasciarvi intimorire dinanzi a una cultura materialistica, che minaccia di dissolvere l’identità più autentica dei discepoli di Cristo. Gli piaceva ripetere con vigore che la fede cristiana si oppone al conformismo e all’inerzia interiore.
Seguendo le sue orme, diffondete nella società, senza distinzione di razza, classe, cultura o età, la consapevolezza che siamo tutti chiamati alla santità. Sforzatevi di essere santi voi in primo luogo, coltivando uno stile evangelico di umiltà e servizio, di abbandono alla Provvidenza e di ascolto costante della voce dello Spirito. In tal modo, sarete “sale della terra” (cfr Mt 5, 13) e risplenderà “la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Ibidem, 5, 16).
4. Certamente, non mancano incomprensioni e difficoltà per chi cerca di servire con fedeltà la causa del Vangelo. Il Signore purifica e modella con la forza misteriosa della sua Croce quanti chiama a seguirlo; tuttavia nella Croce – ripeteva il nuovo Santo – troviamo luce, pace e gioia: Lux in Cruce, requies in Cruce, gaudium in Cruce!
Da quando il sette agosto millenovecentotrentuno, durante la celebrazione della Santa Messa, risuonarono nella sua anima le parole di Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32), Josemaría Escrivá comprese più chiaramente che la missione dei battezzati consiste nell’elevare la Croce di Cristo su ogni realtà umana, e sentì nascere interiormente l’appassionante chiamata a evangelizzare tutti gli ambiti. Accolse allora senza vacillare l’invito fatto da Gesù all’apostolo Pietro e che poco fa è risuonato in questa Piazza: “Duc in altum!”. Lo trasmise a tutta la sua Famiglia spirituale, affinché offrisse alla Chiesa un contributo valido di comunione e di servizio apostolico. Questo invito si estende oggi a tutti noi. “Prendi il largo” ci dice il divino Maestro “e calate le reti per la pesca” (Lc 5, 4).]
5. Per portare a compimento una missione tanto impegnativa, occorre però un’incessante crescita interiore alimentata dalla preghiera. San Josemaría fu un maestro nella pratica dell’orazione, che egli considerava come straordinaria “arma” per redimere il mondo. Raccomandava sempre: “In primo luogo, orazione; poi, espiazione; in terzo luogo, molto «in terzo luogo», azione” (Cammino, n. 82). Non è un paradosso, ma una verità perenne: la fecondità dell’apostolato sta innanzitutto nella preghiera e in una vita sacramentale intensa e costante. Questo è, in fondo, il segreto della santità e del vero successo dei santi.
Il Signore vi aiuti, carissimi Fratelli e Sorelle, a raccogliere quest’esigente eredità ascetica e missionaria. Vi sostenga Maria, che il Santo Fondatore invocava come Spes nostra, Sedes Sapientiae, Ancilla Domini!
La Madonna faccia di ognuno un autentico testimone del Vangelo, pronto a dare in ogni luogo un generoso contributo all’edificazione del Regno di Cristo. Ci siano di stimolo l’esempio e l’insegnamento di san Josemaría perché, al termine del pellegrinaggio terreno, possiamo anche noi partecipare all’eredità beata del Cielo. Là, insieme con gli angeli e tutti i santi, contempleremo il volto di Dio, e canteremo la sua gloria per tutta l’eternità!
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