Libertà e politica (7)
Chi non crede all’esistenza di ideali religiosi e di valori morali capaci di unire gli uomini in un’impresa comune al di sopra delle divisioni politiche, si fermerà a considerazioni di ordine meramente sociologico.
I membri dell’Opus Dei appartengono a 87 nazionalità e a tutti gli strati sociali, a tutte le mentalità, razze e culture dei cinque continenti. Ognuno di loro vive nel proprio ambiente familiare e professionale. Come potrebbe l’istituzione imporre a persone tanto diverse e disperse un criterio politico unico, una specie di dogma in una materia così contingente e opinabile qual è la politica? Come potrà esigere che un keniota ricalchi il suo comportamento su quello di un australiano, un guatemalteco su quello di un filippino, un cittadino di Singapore su quello di un lussemburghese?
Mons. Escrivà ha detto e ribadito che per la sua natura intrinseca “l’Opus Dei non è legato a nessuna persona, a nessun gruppo, a nessun regime, a nessuna idea politica”.
In una “Istruzione” rivolta ai dirigenti dell’Opus Dei, il fondatore ingiunge loro di non parlare di politica e di saper dimostrare che nell’Opus Dei “trovano posto tutte le opinioni che rispettano i diritti della santa Chiesa”. E aggiunge che la miglior garanzia per evitare che i dirigenti si intromettano in questioni opinabili è la consapevolezza che i membri dell’Opera hanno della propria libertà, “per cui se i direttori tentassero di imporre un criterio concreto in una questione temporale, i membri dell’Opus Dei che la pensano diversamente si ribellerebbero subito e legittimamente; e io mi verrei a trovare nel triste dovere di benedire e lodare chi ha rifiutato fermamente di obbedire, e di riprendere con santa indignazione i dirigenti che avessero preteso di far uso di un’autorità che non spetta loro”.
Bisogna sapere quanto è costata a mons. Escriva la fondazione dell’Opus Dei, per comprendere l’eroismo di un’altra dichiarazione che rinforza la precedente:
“Ho scritto, molto tempo fa, che, se in un dato momento l’Opus Dei avesse fatto politica, fosse stato anche solo per un secondo, io, in quell’istante sbagliato, me ne sarei andato dall’Opus Dei. Non va dato pertanto il minimo credito a notizie che pretendono di coinvolgere l’Opus Dei in questioni politiche, economiche, o comunque temporali, quali che siano. Da un lato, i mezzi che impieghiamo sono sempre palesi ed esclusivamente soprannaturali. Dall’altro, i membri dell’Opus Dei, uomini e donne, godono, nelle loro scelte di cittadini, la più completa libertà personale, da tutti rispettata, con la logica conseguenza di una responsabilità anch’essa personale.
Non è mai possibile, quindi, che l’Opus Dei si dedichi a compiti che non siano immediatamente spirituali e apostolici, e questi non hanno nessun rapporto con la vita politica di un qualsiasi Paese. Un Opus Dei coinvolto nella politica è un fantasma che non è mai esistito e non potrà mai esistere: se questa impossibile eventualità dovesse presentarsi, l’Opus Dei si dissolverebbe immediatamente”.
L’ampio pluralismo realmente vissuto nell’Opus Dei non suscita problemi. Già nel 1930 il fondatore scriveva che esso è “manifestazione di buono spirito, segno di rettitudine nella nostra azione comune e di rispetto della legittima libertà di ciascuno”. I membri dell’Opus Dei rispondono personalmente delle loro opinioni e delle loro azioni. Il legame spirituale con la Prelatura non condiziona in nessun modo le loro preferenze politiche: esiste quindi un vero pluralismo.
Facciamo notare che ìn Spagna, per circostanze locali che appartengono al passato, la presenza di tre membri dell’Opus Dei in governi franchisti ha dato luogo a delle interpretazioni che sembravano ignorare che, nello stesso tempo, altri membri dell’Opus Dei militavano in gruppi di opposizione ed erano avversati con tutti i mezzi da quel regime.
Per la maggior parte dei fedeli della Prelatura, la partecipazione alla vita politica è esattamente la stessa della maggioranza dei loro concittadini: esercitare i propri diritti, compiere i propri doveri civili ed esprimere le proprie opinioni incanalandole nei vari sistemi di partecipazione esistenti nella comunità politica a cui appartengono. Etichettare qualcuno come membro dell’Opus Dei a motivo delle sue idee politiche o, se si tratta dì un uomo politico, dei suoi interventi in politica, è cosa priva di senso.
Nel 1972, domandandosi se si poteva parlare di una “cospirazione” dell’Opus Dei, un giornalista di Le Monde faceva notare: “Gli osservatori imparziali pensano di no; avrebbe bisogno di una filosofia temporale che non ha. E proprio la libertà civile lasciata ai suoi membri che spiega il suo successo” (Ch. Vanhecke).
Note
(7) Cfr. Jean Jacques Thierry, L’Opus Dei, mythe et réalité, Hachette littérature, Paris 1973.
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