Nozione di libertà
Una delle caratteristiche dello spirito dell’Opus Dei, ricordata assai spesso dai suoi membri e sulla quale il fondatore ha molto insistito, è la valorizzazione della libertà. L’amore per la libertà è intimamente legato alla mentalità secolare propria dei membri dell’Opus Dei.
In forza di questa mentalità, in tutte le questioni professionali, politiche, sociali, ecc., ciascuno agisce – nel posto che occupa nel mondo – secondo il dettame della propria coscienza rettamente formata, e si assume la piena responsabilità dei propri atti e delle proprie decisioni, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Ciascuno è spinto non soltanto a rispettare, ma anche ad amare in modo positivo e pratico il vero pluralismo, la varietà in tutto ciò che è umano, in modo tale che – sono parole della Dichiarazione della Sacra Congregazione per i vescovi del 23 agosto 1982 -, “per quanto concerne le scelte in materia professionale, sociale, politica, ecc., i fedeli laici appartenenti alla Prelatura godono, entro i limiti della fede e della morale cattolica e della disciplina della Chiesa, della stessa libertà degli altri cattolici, loro concittadini; quindi la Prelatura non fa proprie le attività professionali, sociali, politiche, economiche, ecc. di nessuno dei propri membri”.
Questa deliberata scelta dell’Opus Dei a favore della libertà non è frutto di calcolo umano o di tattica; è invece la logica conseguenza della consapevolezza che i membri dell’Opus Dei hanno di unirsi soltanto per partecipare all’unica missione della Chiesa, la salvezza delle anime.
Indubbiamente, lo spirito cristiano detta alcuni principi etici generali allo svolgimento delle attività temporali: rispetto e difesa del magistero della Chiesa; nobiltà e lealtà di condotta, a favore della carità; comprensione e rispetto per le opinioni altrui; vero amor patrio, senza nazionalismi; promozione della giustizia; disponibilità per sacrificarsi al servizio degli interessi della comunità civile, ecc.
È in base a questi principi che ciascuno sceglie, tra le diverse soluzioni e opzioni possibili, quella che ritiene più pertinente. Mons. Escrivà affermava: “Con questa nostra benedetta libertà, l’Opus Dei non può mai essere, nella vita politica di un Paese, qualcosa di simile a un partito politico: nell’Opera c’è posto – e sempre ci sarà – per tutte le tendenze che la coscienza cristiana può ammettere, senza che sia possibile alcuna coercizione da parte dei direttori interni”.
Solo la gerarchia della Chiesa, se lo ritiene necessario per il bene delle anime, può dettare determinate norme di condotta, in questioni contingenti, all’insieme dei cattolici.
Un tale programma di santità personale e di apostolato nella vita quotidiana, e principalmente nell’ambito dei compiti professionali, non può essere portato a buon fine senza la libertà, che è un aspetto della dignità dell’uomo creato a immagine di Dio. La libertà personale, pertanto, è essenziale nella vita cristiana, e si trova in intima connessione con la capacità di ciascuno dì assumersi le proprie responsabilità.
Il cristianesimo è per sua natura una religione di libertà. Il fondatore dell’Opus Dei non ha dubbi a riguardo: “Dio vuole che lo si serva in libertà – ubi autem Spiritus Dominii, ibi libertas (2 Cor 3, 17), dove c’è lo Spirito del Signore c’è la
libertà -; pertanto, un apostolato che non rispettasse la libertà delle coscienze non sarebbe retto”. Tuttavia taluni temono che la difesa della libertà nasconda un pericolo per la fede. Ciò è vero quando la libertà è fine a sé stessa, senza legge, senza responsabilità; in breve, quando la libertà non è altro che libertinaggio, che considera moralmente buono tutto ciò che piace e lecito ogni rifiuto, fosse anche il rifiuto di Dio. E questo il risultato finale della pretesa libertà di coscienza, ben diversa dalla libertà delle coscienze. Così diceva mons. Escrivà, seguendo l’insegnamento di Leone XIII: “Difendo invece con tutte le mie forze la libertà delle coscienze, che sta a significare che a nessuno è lecito impedire che la creatura renda il culto a Dio”, È ben vero, infatti, che l’uomo ha l’obbligo grave di cercare la verità, ma nessuno lo può costringere a professare una fede che non ha ricevuto, o a comportarsi in un determinato modo nelle cose che Dio ha lasciato alla libera scelta di ogni cristiano, o a limitarne l’esercizio in cose che Dio stesso ha stabilito.
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