L’Opus Dei
L’evoluzione della condizione religiosa e la nascita dell’Opus Dei coincidono più o meno nel tempo. Ma la coincidenza finisce qui: “La strada della vocazione religiosa – afferma mons. Escrivà – la considero benedetta e necessaria alla Chiesa. Ma questa non è la mia strada, né la strada dei membri dell’Opus Dei.
Si può ben dire che tutti e ciascuno di loro hanno aderito all’Opus Dei con la condizione espressa di non cambiare di stato”.
La differenza radicale tra le due vie si può esprimere considerandole come due movimenti di segno opposto. Il primo interpella il mondo dall’esterno, muovendo verso di esso per esercitarvi una presenza: è l’evoluzione dello stato religioso. L’altro è un “essere del mondo”, un partire dal mondo stesso per santificarlo dal di dentro e condurlo a Dio. Tale è la spiritualità secolare dell’Opus Dei. Essa è rivolta a cristiani di ogni condizione che, “stando nel mondo, o meglio, appartenendo al mondo – sono infatti laici comuni -, aspirano, per vocazione divina, alla perfezione cristiana. La nostra vocazione fa sì che proprio la nostra condizione secolare, il nostro lavoro ordinario, la nostra situazione nel mondo, sia il nostro unico cammino per la santificazione e l’apostolato.
Non è che abbiamo assunto questa occupazione secolare per mascherare un lavoro apostolico: è la stessa occupazione che avremmo se non avessimo aderito all’Opus Dei, e la stessa che avremmo se ci capitasse la disgrazia di abbandonare la nostra vocazione. Noi, figli miei, siamo gente della strada. E quando lavoriamo nelle cose temporali lo facciamo perché quello è il nostro posto, quello è il luogo in cui incontreremo Gesù Cristo, il luogo in cui la nostra vocazione ci ha lasciati”.
Il cardinale Luciani, il futuro Papa Giovanni Paolo I, poteva ben dire che, se san Francesco di Sales proponeva una spiritualità per laici, mons. Escrivà propone una spiritualità laicale, ossia pienamente secolare.
Il fenomeno pastorale dell’Opus Dei “non nasce in opposizione alle spiritualità dei religiosi; è un germoglio diverso della perenne ricchezza spirituale del Vangelo” (4); nasce “dalla base”, dalla vita ordinaria, e “non si trova – afferma il fondatore – sulla linea di una mondanizzazione o dissacralizzazione della vita monastica o religiosa; non è l’ultimo stadio del processo di avvicinamento dei religiosi al mondo”.
C’era dunque una soluzione di continuità di molti secoli, perché il messaggio dell’Opus Dei “vecchio come il Vangelo e come il Vangelo nuovo”, si ricollega ai primi cristiani, che, abbracciata la fede, continuavano a vivere normalmente in seno alla società.
Note
(4) Alvaro del Portillo, in AA.VV., Mons. Josemaria Escrivà de Balaguer y el Opus Dei cit.
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