Un bene per tutta la chiesa
Sollecitudine per tutta la Chiesa: sotto questa prospettiva, che nel primo capoverso serve da cornice a tutto il contenuto del n. 10 del Decr. Presbyterorum Ordinis, i Padri del Concilio Vaticano II deliberarono circa l’utilità apostolica delle Prelature personali, da essere erette dalla Santa Sede per “l’attuazione di peculiari iniziative pastorali” a livello regionale, nazionale o addirittura in tutto il mondo.
Lo slancio apostolico e pastorale che mosse il Collegio episcopale riunito cum Petro et sub Petro nella suprema assise conciliare, a voler così l’introduzione nel diritto della Chiesa di questa nuova struttura giurisdizionale, a carattere nettamente personale e secolare, indusse gli stessi Padri conciliari a fare, con evidente prudenza ed acutezza giuridica, altre due precisazioni; esse sono: che l’erezione di tali Prelature personali debba avvenire “secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni” – il che accenna alla possibile varietà di fini e di strutture -; e “rispettando sempre i diritti degli Ordinari del luogo”, come si prescrive anche nel caso dei Vicariati castrensi e degli Ordini religiosi, che rappresentano parimenti – pur trattandosi di istituzioni diverse – varie forme di giurisdizione personale inserite in modo armonico nelle giurisdizioni territoriali.
Princìpi, tutti questi, che il Papa Paolo VI, nell’interpretare autenticamente e nell’applicare il predetto dettato conciliare, raccolse più tardi e sviluppò nelle norme più particolareggiate circa le Prelature personali “ad peculiaria opera pastoralia vel missionaria perficienda”, che si contengono nella Parte I, Art. 4 del Motu proprio Ecclesiae Sanctae, del 6 agosto 1966.
Bastano queste brevi considerazioni per capire la finalità della “Declaratio” della S. Congregazione per i Vescovi. In essa vengono oggi illustrati con un riassunto delle “principali note caratteristiche” (come viene precisato nel preambolo) il significato e la portata giuridica e pastorale dell’erezione dell’Opus Dei in Prelatura personale.
E ciò spiega anche il perché del lungo iter di studio e di consultazioni che ha preceduto questa decisione del Santo Padre, il quale disse già il 17 ottobre 1978, nella prima allocuzione del Suo pontificato: “Vogliamo richiamare l’attenzione sulla perenne importanza del Concilio Ecumenico Vaticano II, e accettiamo il dovere ineludibile di metterlo accuratamente in pratica”.
Per questo possiamo chiamare storica la presente determinazione che trasforma in realtà concreta una nuova feconda e promettente virtualità dell’ordinamento pastorale nato dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
Dati di diritto fedi fatto
Ci sono voluti ben tre anni e mezzo di assiduo lavoro, dal giorno in cui, il 3 marzo 1979, Giovanni Paolo II incaricò la S. Congregazione per i Vescovi (competente per l’erezione delle Prelature personali a norma della Cost. Ap. Regimini Ecclesiae universae, n. 49 § 1) di esaminare la possibilità e la modalità d’erezione della prima Prelatura personale, precisando che in tale compito si doveva tener accuratamente conto “di tutti i dati di diritto e di fatto”.
Dati di diritto, perché essendovi nel citato Motu proprio norme configuranti una vera legge quadro o statuto fondamentale delle Prelature personali, si trattava di procedere non alla concessione di qualche privilegio – che del resto l’Opus Dei non aveva chiesto -, ma all’attenta valutazione di tali norme generali ed alla loro eventuale e corretta applicazione al caso concreto allo studio.
Dati di fatto, perché la costituzione della Prelatura doveva essere frutto non di astratta speculazione dottrinale, ma anche e soprattutto dell’attenta considerazione di una realtà apostolica ed ecclesiale già esistente, l’Opus Dei, la legittimità e bontà del cui carisma fondazionale erano state più volte riconosciute dall’Autorità ecclesiastica.
L’istituto infatti aveva già, sin dal 1947, le attribuzioni giuridiche proprie delle istituzioni clericali di diritto pontificio, fra cui la facoltà di formare e di incardinare i propri sacerdoti, ma non aveva trovato ancora nelle strutture organizzative del Popolo di Dio l’adeguata configurazione ecclesiale. Perciò l’adempimento di un tale compito non poteva non essere alquanto lungo.
Quattro sono state le tappe dello studio realizzato in questi anni:
1) esame generale della questione da parte dell’Adunanza Ordinaria della S. Congregazione per i Vescovi, cosa che avvenne il 28 giugno 1979;
2) intervento, per eseguire le direttive dei Padri e la Mente del Sommo Pontefice, di una Commissione tecnica, che in venticinque sessioni di lavoro, dal febbraio 1980 al febbraio dell’anno seguente, vagliò tutti gli aspetti storici, giuridici e pastorali, istituzionali e procedurali della questione;
3) esame delle conclusioni della Commissione tecnica, comprendenti anche le norme statutarie dell’erigenda Prelatura, da parte di una Commissione speciale di Cardinali designata dal Santo Padre, tenendo conto della finalità, della composizione e della diffusione dell’Opus Dei, e che espresse il proprio parere il 26 settembre 1981;
4) invio ai Vescovi di tutte le nazioni dei vari continenti in cui l’Opus Dei contava propri Centri eretti di una nota circa le caratteristiche essenziali della Prelatura, allo scopo di informarli e di consentire loro di fare quelle osservazioni che sono state poi attentamente studiate in sede competente. Infine, l’annunzio della decisione del Santo Padre, avvenuto il 23 agosto c.a.
Slancio apostolico
Parafrasando l’insegnamento di san Paolo agli Efesini (4, 16), il Concilio ha ricordato che “l’organismo sociale della Chiesa serve allo spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo” (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 8). Si può ben dire che così è stato una volta ancora.
Infatti, se fu un bisogno di sviluppo e di crescita, una ragione eminentemente apostolica e pastorale quella che configurò l’istituto giuridico delle Prelature personali, tale è stato pure lo scopo primario dell’atto pontifìcio con cui viene oggi formalmente eretta la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei: far diventare cioè realtà viva e operativa una nuova struttura ecclesiastica preordinata dal Concilio, ma rimasta finora al semplice stadio di possibilità teorica.
Inoltre, con questo atto pontificio, si perfeziona ulteriormente l’armonico inserimento dell’Opus Dei nelle strutture organizzative della Chiesa universale e nella pastorale organica delle Chiese particolari nel più accurato rispetto di tutti i legittimi diritti dei Vescovi diocesani – come viene ampiamente illustrato nella predetta “Declaratio”; e al tempo stesso, con norme di diritto pubblico e pontificio, il cui testo sarà opportunamente messo a disposizione di tutti gli Ordinari locali interessati, si fornisce l’adeguato inquadramento ecclesiale ad una istituzione di sicura dottrina e di lodevole slancio apostolico.
Si tratta di un provvedimento adottato guardando al bene di tutta la Chiesa, non solo in linea di principio, ma anche per altri due motivi concreti che vale la pena di sottolineare. Il primo è che tra le migliaia di sacerdoti e laici della Prelatura si trovano fedeli di 87 nazionalità e di ogni razza, cultura e condizione sociale, che vedono ora pienamente sancita la loro unità di vocazione e di regime e la loro identità fondazionale di chierici secolari e di comuni fedeli laici, senza che ciò possa in alcun modo sottovalutare la validità e il valore della secolarità consacrata propria degli Istituti secolari e sancita da solenni documenti pontifici.
L’altra conseguenza che ridonda a beneficio dell’intera comunità ecclesiale è che questo chiaro riconoscimento del carisma fondazionale e delle genuine caratteristiche dello spirito, dell’organizzazione e delle modalità apostoliche dell’Opus Dei, non potrà che facilitare e rafforzare ulteriormente lo specifico servizio pastorale che questa benemerita istituzione presta già da più di mezzo secolo in centinaia di diocesi di tutto il mondo.
Un bene comune che viene assicurato dalla finalità qualificatamente pastorale della Prelatura: e cioè, l’opera del Prelato e del suo clero per assistere e sostenere i fedeli ad essa incorporati nel compimento di peculiari impegni assunti, e l’attività apostolica che clero e laicato della Prelatura insieme realizzano per aiutare la Chiesa a diffondere in tutti gli ambienti della società le concrete esigenze della chiamata universale alla santità, e più specificamente il valore soprannaturale, santificatore e apostolico dell’ordinario lavoro professionale.
I Pastori delle Chiese locali sanno bene che possono contare su una disponibilità che il nuovo Statuto rende ancora più qualificata e più efficiente, per lo stesso esercizio della loro responsabilità verso il Popolo di Dio loro affidato. San Paolo enumera, tra i fructus Spiritus, la gioia (cfr Gal 5, 22) e fu lo stesso Gesù, con una tenera e bellissima immagine letteraria, profondamente umana e soprannaturale, a parlare della gioia di una nascita (cfr Gv 16, 21).
Di gioia e di lode al Signore traboccheranno per il lieto evento ecclesiale i membri dell’Opus Dei; ma non saranno soli, perché le ragioni della loro letizia sono motivo di gaudium per tutti gli uomini di retta volontà, nella Chiesa intera.
(card. Sebastiano Baggio, 28/11/82, L’Osservatore Romano)
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