“Ho scoperto in San Josemaría tratti che continuano a sorprendermi”
Carlos Morales è autore di Breve storia dell’Opus Dei. Un libro che presenta a grandi linee lo sviluppo e la natura del carisma donato da Dio a san Josemaría Escrivá, e che è raccomandabile sia per chi conosce l’Opera sia per chi vuole conoscere le chiavi dell’Opus Dei.
L’inizio del 2023 ha visto la nascita della Breve storia dell’Opus Dei scritto da Carlos Morales. Il noto poeta e saggista, originario di Santa Cruz de Tenerife (Spagna), dove attualmente insegna Lingua e Letteratura Spagnola in una scuola secondaria, ha scritto in questo volume un racconto esplicativo, chiaro e, in un certo senso, didattico della figura del Opus Dei e il suo fondatore San Josemaría.
In questa intervista con Omnes, Morales, membro dell’Opus Dei fin dalla giovinezza, ripercorre le scoperte fatte durante la stesura del suo libro e l’attualità del messaggio di santificazione in mezzo al mondo che Dio ha fatto vedere a San Josemaría.
Il Breve storia dell’Opus Dei Quali tratti ha scoperto o riscoperto di San Josemaría in questo periodo?
La mia breve storia è sì una narrazione esplicativa degli eventi che, a mio parere, sono più significativi nella vita di san Josemaría, ma è anche una storia dei suoi figli spirituali e delle vicende istituzionali dell’Opus Dei nella fase di fondazione, culminata il 26 giugno 1975, e nella fase di continuità del carisma ricevuto da san Josemaría, in cui ci troviamo ora.
Da fondatore dell’Opus Dei Da quando ho conosciuto l’Opera, più di quarant’anni fa, ho scoperto tratti molto significativi. Tratti che mi hanno sempre sorpreso e che continuano a sorprendermi sempre di più.
Nello scrivere questo libro, ci sono due qualità particolarmente rivelatrici della personalità di San Josemaría Escrivá. Una è la difficile armonia, che ha dimostrato fin da giovanissimo, tra la profonda ed elevata vita contemplativa, da un lato, e, dall’altro, l’incessante attività per sviluppare quotidianamente, anche nei minimi dettagli, l’istituzione che Dio gli aveva affidato. Un’altra caratteristica è la sua fedeltà al carisma di fondazione per quasi cinquant’anni, indipendentemente dai venti di cambiamento nella vita della Chiesa e del mondo.
In questo senso, mi stupisce che all’inizio, negli anni Trenta e Quaranta, molti lo considerassero un rivoluzionario, anche negli ambienti ecclesiastici, e che nell’ultimo decennio della sua vita fosse bollato come conservatore e reazionario. La verità è che, studiando la sua vita e leggendo i suoi scritti dall’inizio alla fine, è vero che fu un rivoluzionario, anche negli ambienti ecclesiastici, San Josemaría Escrivá predicava sempre lo stesso messaggio.
Come può un membro dell’Opus Dei avvicinarsi a questa realtà senza farsi trascinare da una “passione accecante”?
La mia professione è quella di insegnante di letteratura e di scrittore. Ora, a causa della mia esperienza dello spirito dell’Opus Dei in tanti anni, capisco che ci sono persone – e persone molto buone – che non capiscono la novità del messaggio dell’Opus Dei, ma che non lo capiscono. Opus Dei.
Per esempio, ci sono state e ci sono ancora molte persone che non capiscono che alcune ore e una vita professionale dedicata allo studio e alla creazione letteraria possono santificare un cristiano tanto quanto alcune ore e una vita professionale dedicata allo studio della teologia.
Ovviamente la Teologia è la conoscenza suprema e tutti dobbiamo conoscerla in misura maggiore o minore, ma ciò non significa che la sua materia sia di per sé più adatta a raggiungere la santità di quella di uno scrittore, di un ingegnere o di un muratore.
Uno degli aspetti che lei sottolinea nel libro è la mentalità laica che aveva il fondatore dell’Opus Dei. Come combina San Josemaría il suo essere sacerdote con questa mentalità laica?
San Josemaría ha sempre insegnato che ogni cristiano, sia esso chierico, religioso consacrato o laico, è un sacerdote. E che, pertanto, la missione della sua vita è quella di configurarsi al sommo ed eterno sacerdote, che è Gesù Cristo.
Nei laici questa mediazione sacerdotale si realizza attraverso compiti temporali, purché vissuti per amore di Gesù Cristo.
Nel sacerdote ordinato questa mediazione si realizza esercitando le funzioni di Cristo capo del suo Corpo Mistico, che è la Chiesa. Ma il capo e il corpo sono lo stesso Cristo. Perciò il sacerdote ordinato è al servizio dei fedeli laici, aiutandoli in modo insostituibile affinché possano svolgere la loro mediazione sacerdotale in piena libertà.
E i fedeli laici sanno che la loro mediazione sacerdotale non raggiungerà il suo fine senza un ministro sacro che offra a Dio Padre, nell’Eucaristia e negli altri sacramenti, il sacrificio della sua vita ordinaria.
“Sono arrivati con un secolo di anticipo”. È quanto ha detto un alto ecclesiastico vaticano a proposito dell’Opus Dei. Oggi (non ancora un secolo), questa concezione della libertà e della vocazione personale in mezzo al mondo è ancora difficile o, al contrario, è stata fatta propria dalla maggior parte della Chiesa?
I due fenomeni non sono in contraddizione, ma assolutamente certi. Da un lato, la Chiesa ha accolto il messaggio della santificazione del lavoro ordinario e del lavoro ordinario, come rivelano eloquentemente i documenti magisteriali del Concilio Vaticano II, che definiscono chiaramente la missione propria dei laici all’interno della Chiesa.
In pratica, però, ci sono ancora molti cattolici che non capiscono che un negoziante o un cameriere possono essere santi quanto un vescovo, operando nel mondo con la stessa libertà di qualsiasi negoziante o cameriere.
In teoria lo capiscono, ma in pratica ci sono ancora molti cattolici per i quali la via suprema alla santità è il sacerdozio ministeriale o la vita consacrata (che peraltro sono missioni fondamentali per la Chiesa).
Ora che l’Opus Dei si trova in un nuovo capitolo della sua storia, quali sono secondo lei le chiavi del suo futuro?
Per l’Opus Dei, e per ogni altro membro dell’Opus DeiOgni giorno è un nuovo capitolo, per tutto ciò che comporta in termini di creatività vitale nella fedeltà al Vangelo, che è sempre una novità.
Per me personalmente, il fatto della sua fondazione il 2 ottobre 1928 e i primi due decenni di storia dell’Opera sono particolarmente rivelatori. In quel periodo diventa particolarmente chiaro che l’Opus Dei è davvero un’opera di Dio e che, nonostante tutte le difficoltà che San Josemaría e i suoi figli hanno incontrato negli anni ’30 e ’40, l’Opus Dei andrà sempre avanti.
Credo che lo spirito di fede e di speranza degli inizi debba essere una realtà sempre presente per ogni membro dell’Opera.
( Maria José Atienza, 23/06/24, Omnes)
Commenti recenti