Un
nuovo beato
Intervistato
da una rivista edita da religiosi, uno dei superstiti "baroni" del
dissenso clericale ha avuto parole furibonde contro la beatificazione
di mons. Josemaria Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus
Dei.
L'autorevole
contestatore - che è un prete, nonché teologo,
spagnolo - si è spinto a parlare di "scandalo", di
"possibile scisma tra la Chiesa ufficiale e i settori del cattolicesimo
popolare". Quanto a lui, dice di avere già firmato ben due
appelli per bloccare quella beatificazione, cui procederà il
papa stesso.
Appelli
platonici, visto che la Chiesa si è già
ufficialmente impegnata con i due presupposti per la beatificazione:
l'eroicità nella pratica delle virtù cristiane e
un miracolo ottenuto per intercessione del candidato agli altari.
Quali
saranno le ripercussioni negative della proclamazione a "beato" di
mons. Escrivá?, ha chiesto l'intervistatore all'adiratissimo
prete. Questa la risposta: "Saranno certamente più difficili
i rapporti tra la Chiesa e i settori politici di sinistra".
È
curioso: questo prete è convinto, come tutti coloro che
capeggiarono la vecchia contestazione, di sapere leggere più
e meglio degli altri i "segni del tempo", di essere in particolare
sintonia con "il mondo contemporaneo". In questo caso, poi, si tratta
di un professore di "pastorale", la disciplina che dovrebbe insegnare a
modulare l'annuncio cristiano secondo la mentalità
contemporanea.
Ebbene,
questo "specialista in segni del tempo" teme soprattutto che il
beatificare quel suo connazionale dispiaccia ai "settori politici di
sinistra"!
C'è
da trasecolare: coloro che si considerarono orgogliosamente "la
sinistra" per definizione, i comunisti, se ne vanno rasente ai muri,
vergognosi del loro passato, spaventati alla prospettiva che qualcuno
gli ricordi che cosa dissero e fecero per decenni, con arroganza pari
alla violenza.
L'altra,
superstite "sinistra" - quella di non dogmatica obbedienza
marx-leninista - non fa che chiedersi ansiosamente se abbia ancora
diritto di cittadinanza e intanto compila l'elenco di ciò in
cui ha sbagliato: che è, parole loro, praticamente tutto.
Ed
ecco che un prete, un teologo, un professore di pastorale, è
angosciato dal timore che la Chiesa, beatificando un suo figlio,
dispiaccia a questa smarrita armata Brancaleone alla ricerca affannosa
di una nuova direzione verso cui andare. Non male, davvero, come
capacità di sapere leggere i famosi "segni del tempo": guai
a ferire la sensibilità, così attuale e carica di
futuro, dei "settori politici di sinistra"!...
Ma
questo religioso intervistato da una rivista di frati non è
che un combattente del fronte che si è creato all'interno
della Chiesa stessa - alleandosi a vaste quanto oscure forze esterne -
per una campagna di disinformazione che getti una luce sinistra
(l'aggettivo, qui, è adeguato) sul prossimo beato e sulla
sua creatura, l'Opus Dei.
Sarà
bene ricordare (visto certo clima sospettoso) come il sottoscritto -
forse non per scelta, ma perché così sono andate
le piccole vicende della sua insignificante esistenza - non faccia
parte di gruppi, movimenti, associazioni, bastandogli (se gli
riuscisse) di essere semplicemente "cattolico".
Non
avendo, dunque, particolari appartenenze, non ne ha una (né
palese né "segreta") neppure con l'opera grandiosa fondata
da mons. Escrivá de Balaguer. Ha si, tra i suoi amici,
qualcuno che ne fa parte, ma tanti altri amici partecipano ad altre
esperienze della Chiesa contemporanea, magari molto diverse per storia,
stile, sensibilità, dalla celebre Obra nata dal cuore e
dalla mente di uno spagnolo.
Ebbene:
per chi ama la Chiesa, per chi la sente come madre e patria, dovrebbe
essere spontaneo rallegrarsi di questa ricchezza e diversità
di carismi, di questa pluralità di strumenti i quali, unendo
suoni apparentemente contrastanti, finiscono per accordarsi in una
grande, armonica orchestra.
Questo,
del resto, il mistero della Chiesa che dice se stessa catholica,
universale: i suoi figli migliori - e le istituzioni cui hanno dato
vita - sono simili, in quanto cercano di rifarsi a un solo modello,
quello del Cristo; e, al contempo, sono diversi - spesso diversissimi -
portando ciascuno, in quella imitazione, il suo particolare carisma.
Se
tale è la situazione, sorprende (e amareggia) che nemici di
questa feconda pluralità siano, spesso, proprio coloro che a
parole più teorizzano e invocano il "pluralismo".
È il caso dei teologi e altri preti e laici che hanno
organizzato e portano avanti, a livello internazionale, la lotta contro
l'Opus Dei e il suo fondatore.
E'
successo addirittura che giornali anglosassoni che non dedicano che
scarsissima, spesso sprezzante attenzione alle questioni cattoliche,
abbiano lanciato in prima pagina attacchi furibondi alla prospettiva di
un titolo di "beato" che preceda il nome di mons. Escrivá.
Le firme di quegli articoli erano spesso di questo tipo di "notabili"
cattolici. O di "ex", divenuti professionisti della diffamazione.
Un
autentico odio, che peraltro non sorprende né spaventa chi
cerchi di giudicare le cose sotto una prospettiva di fede: solo
ciò che divide, che è combattuto dal mondo, che
suscita - insieme all'amore - l'avversione, dà garanzia di
essere davvero evangelico.
C'è
da restare perplessi davanti a certi leaders religiosi che suscitano
gli applausi di tutti. Mentre c'è da rallegrarsi con chi
deve subire persecuzione, compresa la più dolorosa, quella
che viene dall'interno della Chiesa stessa. Buon segno, dunque, secondo
il vangelo, quanto sta avvenendo ora attorno a mons. Escrivá
de Baiaguer, così come del resto avvenne durante la sua vita.
Questa
constatazione confortante non esime però dall'interrogarsi
sui motivi della mobilitazione di forze - quantitativamente limitate,
ma ancora potenti - forze soprattutto clericali, contro la liturgia
che, il prossimo 17 maggio, segnerà il nome del sacerdote
spagnolo negli elenchi dei beati.
Un
amico che fa parte dell'Opera ce ne dava un'ipotesi di spiegazione:
"L'entusiasmo nella fede è insopportabile per chi ormai l'ha
perso. Dio solo conosce il segreto dei cuori ma, a viste umane, si ha
l'impressione che ciò che più esaspera certi
settori ecclesiali sia proprio la fede stessa, vissuta nella sua
radicalità, nella sua gioia, nelle sue conseguenze anche
estreme".
Quanto
ad altre accuse astiose, ecco - a titolo di cronaca - la spiegazione
dello stesso amico: "Monsignor de Balaguer ripeteva che, di cento
anime, gliene interessavano cento: quella del contadino delle Ande come
quella del banchiere di Wall Street.
Anzi: in una prospettiva evangelica proprio i ricchi di cose materiali
sono più in pericolo, più hanno bisogno di aiuto
spirituale. Anche questo è insopportabile per chi, invece di
categorie religiose, usa categorie politiche, ragiona ancora in termini
non di salvezza eterna ma di "destra" e di "sinistra", di "proletari" e
"capitalisti". Vecchi schemi ormai abbandonati anche dai marxisti. Ma
proprio nella Chiesa sono, ahinoi, così duri a morire".