Opus
Dei trionfalista? Una beatificazione "rapida"...
D
- C'è chi dice che l'Opus Dei
è trionfalista: la grandiosa kermesse della beatificazione
ne è stata l'ultima riprova.
R
- L'Opus Dei è così poco trionfalista che non si
troverà mai un "bilancio d'esercizio" che specifichi i
successi riportati. È un'istituzione della Chiesa, e il suo
fine coincide con la Chiesa, sia sul piano storico, portare il mondo a
Cristo, sia sul piano spirituale, edificare il Regno permanente di Dio.
Questo
induce umiltà, non trionfalismo, poiché nulla
sarebbe possibile senza la grazia di Dio. Però
l'indispensabile umiltà del cristiano non può
perdere di vista la certezza della fede. Non si può che
essere ottimisti, perché Cristo ha garantito il suo aiuto
alla Chiesa. Essere cristianamente ottimisti non significa ignorare le
miserie umane e le lacerazioni del mondo; significa credere fermamente
nella forza dello Spirito, essere convinti che avrà ragione
della nostra e dell'altrui debolezza e adoperarsi perché
questo avvenga al più presto.
Quanto
alla beatificazione, non è stata una kermesse dell'Opus Dei
per il semplice motivo che si è trattato di un avvenimento
della Chiesa, volto al bene della Chiesa. La beatificazione del
fondatore, e la diffusione della sua devozione, sono tutt'altro che
"trionfalismo": sono un modo concreto di contribuire efficacemente alla
santità della Chiesa di Cristo.
L'Opus
Dei non organizza raduni, che nel suo spirito non hanno senso. E
neanche quello è stato un raduno, per quanto le cifre delle
presenze fossero significative. Chi è andato a Roma lo ha
fatto per devozione personale, e, ancora una volta, i frutti si
misurano con un metro spirituale che ha poco da dividere col
sensazionalismo. Le decine di migliaia di lettere giunte alla
Postulazione, in cui spontaneamente si rendeva conto di favori grandi e
piccoli, materiali e spirituali, ricevuti grazie all'intercessione
presso Dio di monsignor Escrivá, danno la misura di un
fenomeno che può essere definito soltanto con il metro della
devozione popolare: una devozione che fa bene alla Chiesa e alle anime.
Molte di quelle persone non avevano mai conosciuto l'Opus Dei. La folla
del 17 maggio ringraziava Dio, il Papa e il beato Josemaría;
con tutta l'umiltà, che è verità.
D
- Tuttavia da più parti si sono levate critiche sulla
celerità con cui si è proceduto a questa
beatificazione: diciassette anni paiono davvero pochi...
R
- Qualche periodico in effetti ha avanzato dubbi di questo genere,
deducendone per giunta che la Santa Sede possa avere agito con
leggerezza, concedendo la beatificazione del fondatore come una sorta
di favore all'Opus Dei.
Resta
però da dimostrare che la lentezza o la lunghezza siano i
migliori requisiti di attendibilità di un processo; se le
cose stessero così sarebbe un bel guaio per chi attende
giustizia. Mi risulta che il fine dei processi sia invece di accertare
la verità, di raggiungere la certezza delle prove; e tanto
prima ci si riesce tanto meglio. La migliore giustizia è una
giustizia celere.
I
sostenitori dell'eccessiva celerità non precisavano, forse
perché non lo sapevano, che quella di Josemaría
Escrivá è stata una tra le prime cause recenti a
concludersi dopo la riforma della normativa voluta da Paolo VI nel 1969
e completata da Giovanni Paolo II nel 1983. Da allora le procedure sono
state molto snellite per sottolineare il significato pastorale delle
cause di canonizzazione (anche questa era un'indicazione del Concilio),
ed è ormai di dominio pubblico che altre cause hanno avuto o
stanno avendo uno svolgimento ancora più rapido.
D'altra
parte l'analisi della causa è stata a dir poco minuziosa:
dal momento dell'introduzione, il 19 febbraio 1981, all'atto
conclusivo, il 6 luglio 1991 (la lettura del decreto su un miracolo
attribuito al Servo di Dio), la Chiesa cattolica - non l'Opus Dei - ha
esaminato un numero impressionante di documenti e di testimoni: 6000
lettere postulatone da persone di tutto il mondo,
personalità civili ed ecclesiastiche o gente comune, che
chiedevano l'apertura della causa; quasi 1000 pagine di testimonianze
autenticate sulla fama di santità in vita; 1500 narrazioni
firmate di favori attribuiti all'intercessione di monsignor
Escrivá; 980 sessioni di audizione di 92 testimoni oculari,
dei quali più della metà estranei all'Opus Dei
(fra loro 4 cardinali, 4 arcivescovi, 7 vescovi, 28 sacerdoti e 5
religiosi), e alcuni notoriamente avversi alla causa.
Le
deposizioni processuali sono contenute in 22 volumi, per un totale di
circa 11000 pagine dattiloscritte a spazio singolo. La Postulazione ha
presentato 16 volumi di documenti. La Positio, il documento riassuntivo
redatto sotto la direzione degli esperti della Santa Sede al termine
della fase processuale, consta di 4 volumi per un totale di 6000
pagine. Davvero non si può dire che il tribunale
ecclesiastico e la Santa Sede abbiano preso la faccenda alla leggera.
Su
tutto questo si sono pronunciate positivamente commissioni di teologi,
di vescovi e di cardinali; una commissione medica ha affrontato l'esame
delle guarigioni presentate per attestare l'esistenza del miracolo
necessario per la beatificazione; infine il Santo Padre ha dato il
parere conclusivo.