L'indipendenza
dell'Opus Dei
D
- Corre voce che l'Opus Dei sia gelosa della propria indipendenza: una
vera e propria "Chiesa nella Chiesa", che si sottrae alla
potestà dei vescovi, che ha chiesto uno stato giuridico
esclusivo e via dicendo.
R
- Questa opinione risale alle suaccennate difficoltà
storiche di comprensione riguardo allo spirito dell'Opus Dei, presenti
anche in alcuni uomini di Chiesa.
In
definitiva è ancora la storia a offrire la risposta
più convincente. Il ventesimo secolo resterà,
nella vita della Chiesa, come uno dei più grandi e
straordinari teatri di cambiamento che si siano verificati. L'ultimo
Concilio è stato una festa dello Spirito Santo, che dopo
venti secoli di cristianesimo ha donato prospettive inedite eppure
pienamente evangeliche: la considerazione del Corpo mistico, del Popolo
di Dio, della filiazione divina, della consacrazione delle
realtà temporali, del ruolo dei laici, indicano una rotta
nuovissima; ed è impensabile pensare di comprenderla
appieno, e tanto meno di tradurla in pratica comune, in poche decine di
anni. Non è questo il metro temporale consono alla Chiesa.
Il
beato Josemaría parlava di una "buona novella" vecchia come
il Vangelo e nuova come il Vangelo, e trovava un preciso riferimento
nella vita dei primi cristiani. Se ne deduce l'attenzione rivolta alla
vita quotidiana, dove i primi seguaci degli apostoli vivevano e
diffondevano il Vangelo con naturalezza e senza etichette di
appartenenza.
Ma
se ne deduce anche l'importanza di non fermarsi alle teorie. L'Opus Dei
non è una teoria: è subito stata pratica, vita
vissuta. Qui sta la sua efficacia.
L'Opus
Dei, per la sua origine, si iscrive fra le molte manifestazioni dello
Spirito tese a preparare e ad accompagnare questo rivolgimento nella
consapevolezza comune del Popolo di Dio. La formula giuridica della
prelatura è una novità prevista dal Concilio, ed
è logico che un carisma nuovo e pienamente "conciliare"
abbia assunto una veste che il medesimo Concilio aveva previsto per le
nuove esigenze dell'evangelizzazione. Un elenco sommario evidenzia
alcune caratteristiche salienti di questo status giuridico:
a)
Si tratta di uno status che risponde alle caratteristiche intrinseche
dell'istituzione. È una forma adeguata al carisma.
b)
È una figura pastorale che rientra nella struttura ordinaria
della gerarchia ecclesiastica. Ciò esclude che si tratti di
una veste straordinaria o privilegiata, né, per coerenza con
lo spirito, sarebbe potuto essere altrimenti. Non è nemmeno
una veste esclusiva: potranno assumerla altre istituzioni che
l'autorità della Chiesa riterrà consone in tal
modo ai propri fini.
c)
La prelatura personale si affianca alle diocesi senza sostituirsi a
esse: i membri laici sono e restano fedeli delle diocesi di
appartenenza. L'appartenenza all'Opera investe un ambito complementare,
quello riservato alla libera iniziativa spirituale del singolo fedele.
d)
I frutti del lavoro di apostolato condotto dai membri e dai cooperatori
della prelatura restano nelle varie diocesi di appartenenza, che ne
ricavano un grande beneficio in termini di evangelizzazione delle
famiglie, degli ambienti lavorativi, eccetera. Inoltre numerose persone
saranno indotte dal proprio senso di responsabilità a
collaborare più attivamente con gli organismi parrocchiali e
diocesani.
e)
La struttura giuridica della prelatura è stata concepita
come uno strumento per coadiuvare, su scala regionale, nazionale o
internazionale, l'apostolato della Chiesa secondo criteri che potremmo
definire "perpendicolari", cioè complementari, a quelli
già vigenti. Vale a dire: se le diocesi, territorialmente
definite, stabiliscono altrettanti ambiti "orizzontali" di pastorale,
le prelature si rivolgono alle stesse persone secondo un ulteriore
orientamento pastorale, "verticale": quello del fine specifico. Nel
caso concreto dell'Opus Dei tale fine specifico è la
santificazione nel lavoro e nei doveri ordinari.
Da
questa prospettiva risulta un indubbio arricchimento, perché
la catechesi così realizzata è capillare e
unitaria (benché, per queste stesse caratteristiche, sia
difficile formalizzarne i risultati, che si contano per lo
più in confessioni, conversioni, propositi personali di
miglioramento e di apostolato personale: tutti ambiti poco
appariscenti).
f)
Tutto ciò comporta un sincero spirito di
fraternità e di collaborazione verso ogni altra istituzione
nella Chiesa. Non potrebbe essere diversamente: ciascuno, secondo le
proprie caratteristiche, coopera al fine comune. E il modo migliore per
cooperare, ovviamente, è non snaturare le proprie
caratteristiche.
g)
Tanto più questo vale nei confronti dell'autorità
ecclesiastica. In particolare, la collaborazione con le
autorità diocesane è strettissima: sia di fatto,
sia perché così richiedono gli Statuti della
prelatura. Senza il permesso dell'ordinario diocesano non è
infatti possibile erigere un centro dell'Opus Dei. Né
interesserebbe all'Opus Dei farlo, poiché "vogliamo servire
la Chiesa come essa vuole essere servita", diceva il fondatore. Vi sono
frequenti visite dei responsabili della prelatura alla gerarchia
ecclesiastica, a ogni livello: locale, nazionale, centrale. Vi
è grande attenzione alle indicazioni pastorali.