La
riservatezza
D
- L'Opus Dei si porta appresso una fama di segretezza, o almeno di
riservatezza. Qualcuno pensa che la vita dell'Opera, i criteri di
appartenenza, i fini, le modalità operative, siano altri da
quelli che appaiono. Qualcun altro parla addirittura di un
interventismo occulto dell'Opera nella società civile o
anche nella Chiesa. Su che cosa si fondano queste affermazioni?
R
- Questa della segretezza è una diceria che a mio parere
risponde a svariate e complesse motivazioni. È come un
fiume, che scorre in un fondovalle dove affluiscono numerosi corsi
d'acqua dai monti circostanti. L'acqua, infine, si mescola; eppure
occorre risalire alle fonti se si vuole spiegare correttamente
perché ve n'è tanta, perché ha quel
sapore, perché non viene meno.
Ragion
per cui non è né opportuno né utile,
credo, liquidare questa problematica in poche battute,
benché alcuni riscontri mostrino a prima vista che chi vi fa
cenno è per lo meno poco informato: per esempio, si
consideri che l'Opus Dei è istituzione approvata dalla
Chiesa e riconosciuta dallo Stato, e che i suoi Statuti sono pubblici e
disponibili. Inoltre la prelatura pubblica semestralmente un voluminoso
notiziario informativo (si intitola Romana), che contiene notizie e
informazioni varie, come le nomine dei dirigenti, i nuovi centri e via
dicendo.
Nel
corso del volume è affiorato più volte, come una
realtà caratteristica del messaggio, l'invito
affinché ciascun membro si faccia carico personale delle
proprie iniziative civili, senza creare dogmi o senza farsi schermo
della propria condizione cristiana. Ogni membro dell'Opus Dei si
comporta così. Ma questo fatto fa gridare qualcuno allo
scandalo. Tuttavia possiamo chiederci se per caso queste grida non
derivino da una singolare concezione di influsso sociale, basata su
lobbies e gruppi di pressione. Per fare un esempio concreto, questo
è il caso della massoneria, che, tirata in ballo dalla
magistratura o dai giornali, si difende spesso invocando analoghe
indagini sull'Opus Dei. Errore:
l'Opus Dei, pur essendo pienamente immersa nel mondo, non ha alcuna
finalità di pressione sociale, né occulta
né manifesta.
Ma
chi guarda alle cose del mondo in termini di autoaffermazione
materiale, di dominio, di capitalismo assoluto (non soltanto per gli
aspetti economici: anche in campo culturale, politico e sociale)
farà fatica a comprendere una realtà di natura
prettamente spirituale. Per quanti condividono questa prospettiva
è impossibile discernere la libera responsabilità
del cristiano, il rispetto per l'ambito delle attività
temporali, il lavoro inteso come servizio e come tale compiuto al
meglio, il distacco cristiano dai beni vissuto nel mondo e senza
appariscenza. È impossibile - diranno - che non vi sia
qualcosa "sotto", perché a parer loro al mondo non esistono
altri moventi per l'azione che non siano il successo e il dominio.
C'è
di più. È evidente che persone del genere
scorgano nell'Opus Dei un pericoloso concorrente, per il vasto seguito
che ottiene. È anche evidente che lo ritengano un fenomeno
elitario, dato che non considerano in alcun modo (se non come
forza-voto) le numerose persone di ceto medio-basso che vivono questo
spirito. Vedono soltanto quanti (relativamente pochi, però
comunque in buon numero) ottengono e detengono posizioni professionali
di forza. A loro modo di vedere se nell'Opus Dei vi sono
professionisti, imprenditori, universitari, finanzieri, ciò
significa che è in atto un consorzio a fine di conquistare
una fetta di potere, di consenso. Ciò va ostacolato in tutti
i modi.
D'altra
parte è chiaro che lo spirito del beato Josemaría
è proprio l'opposto di questa filosofia esistenziale,
perché dove si vive cristianamente non c'è spazio
per trame occulte e per progetti di dominio. Come dire: veri o falsi
che siano gli ideali che l'Opus Dei asserisce, ne fanno comunque un
nemico radicale. A ciò vanno addebitate molte campagne di
stampa, cocciutamente tese a descrivere l'Opus Dei come una piovra, e
culminate con alcune interrogazioni e interpellanze al Parlamento
italiano, alle quali rispose esaurientemente l'allora ministro degli
Interni Oscar Luigi Scalfaro, il 24 novembre 1986. In quel caso
l'argomento delle accuse riguardava soprattutto il problema di
un'asserita "doppia obbedienza" dei membri, all'Opus Dei e alle
autorità civili, quasi che - appunto - l'Opus Dei
perseguisse disegni contrapposti (e occulti, dato che non si vedono)
rispetto allo Stato e all'ordine sociale.
D - Ma in tal caso quali difficoltà si
oppongono alla pubblicazione degli elenchi dei membri che qualcuno ha
richiesto? Non sarebbe un modo per mettere a tacere queste voci?
R
- No. Sarebbe soltanto un modo per trasformare la normalità
cristiana dei membri dell'Opus Dei in elemento di proscrizione civile.
È una garanzia elementare della libertà religiosa
che ogni cittadino possa decidere autonomamente come e quando
manifestare liberamente le proprie convinzioni, senza che nessuno si
arroghi il diritto di renderle pubbliche al posto suo, esponendolo
così, a motivo del fatto di scegliere, esercitare o
modificare dei principi religiosi, a possibili forme di discriminazione
o di coazione diretta o indiretta, esterna o psicologica.
Immaginiamoci
che qualcuno, di punto in bianco, proponga una legge secondo la quale
tutti i cittadini originari di Benevento che vivono a Milano devono
rendere pubblica questa provenienza. Non ci sarebbe da preoccuparsi?
Immaginiamo, ora, la situazione di un magistrato o di un uomo politico
che sia membro dell'Opus Dei. Abbiamo già spiegato che
questa appartenenza non modifica in alcun modo la sua condizione
professionale; inoltre abitualmente tutti quelli che vivono e lavorano
attorno a lui sapranno che vuole essere un buon cristiano ed
è un membro dell'Opus Dei. Che senso avrebbe, allora,
pubblicare il suo nome in una lista? A mio modo di vedere, soltanto
quello di mettere in dubbio la sua lealtà a motivo
dell'appartenenza a una istituzione della Chiesa. E questo contrasta
col testo del Concordato, con la Costituzione italiana e con il buon
senso.
La
prelatura dell'Opus Dei, così come fanno per esempio le
diocesi, pubblica, sia nel bollettino semestrale Romana, sia nelle
guide e negli annuari che contengono informazioni analoghe di altre
realtà della Chiesa, l'elenco delle autorità, le
nomine, l'indirizzo dei centri e degli uffici stampa e altri dati di
uso pubblico o che possono avere un oggettivo interesse specifico (per
usi statistici, eccetera).
L'appartenenza
di una persona all'Opus Dei è un fatto che in sé
non ha alcuna rilevanza pubblica. Di solito è nota
nell'ambiente sociale, più o meno vasto, in cui si muove
l'interessato, così come lo è la condizione di
battezzato o di non battezzato, di credente, di musulmano o di ebreo e
via dicendo. Inoltre questa appartenenza è identificabile da
quanti vivono in contatto anche superficiale con la persona in
questione, dato che farà un attivo apostolato cristiano.
Tutti motivi per cui non avrebbe senso che la prelatura pubblicasse
l'elenco dei propri fedeli, così come non lo fanno
né le diocesi né le parrocchie: significherebbe
infatti snaturarne la situazione sociale e pubblica. D'altra parte,
questo modo di agire è in accordo con i numerosi ordinamenti
giuridici che tutelano il diritto naturale alla vita privata, a
cominciare dal Codice di Diritto canonico (cfr. i canoni 220 e 487).
La
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo proclama all'art. 12 che
"nessuno sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua
vita privata". In Inghilterra il Committee of Privacy ha decretato nel
1972 che ciascuno ha il diritto di decidere da sé il grado
di informazione personale che desidera far conoscere ad altri. La
convenzione 108 del Consiglio d'Europa (Strasburgo, 28 gennaio 1981) ha
dato origine in molti Paesi a disposizioni assai restrittive in materia
di elaborazione, trattamento e diffusione dei dati personali.
Quanto
all'Italia, la legge 675/1996, che si attiene alle linee di quella
convenzione, enumera alcuni "dati sensibili" che sono confidenziali e
quindi oggetto di particolare protezione, tra i quali compaiono sia le
"convinzioni religiose" in generale, sia l'"adesione a organizzazioni
di carattere religioso", accanto ad altri aspetti come la razza o le
condizioni di salute di una persona. Gli esperti che hanno affrontato
la soluzione di casi specifici di applicazione di queste normative
nell'ambito delle strutture ecclesiastiche hanno precisato che, per
esempio, una parrocchia non può comunicare a una casa
editrice l'elenco degli iscritti alle lezioni di catechismo al fine di
consentire l'invio di cataloghi o pubblicazioni.
Fin
qui le motivazioni in difesa della privacy dei singoli fedeli. Ma a
difesa della prelatura in quanto istituzione si potrebbe aggiungere
un'altra ragione per cui non è corretto citare
l'appartenenza all'Opus Dei nel contesto dell'azione civile di uno o
più membri: che nessun membro è abilitato a
parlare a nome dell'Opera al momento di esprimere opinioni,
né ad agire per suo conto nella vita civile. L'abbiamo
già detto e spiegato, ma dato che si tratta di un lineamento
davvero essenziale, ci torniamo su per l'ultima volta: nell'ambito
civile ciascuno agisce a titolo personale, non per conto della
prelatura, e nell'ambito ecclesiale l'Opera la pensa esattamente come
la gerarchia, né potrebbe essere diversamente visto che ne
fa parte. È anche per questo motivo che giungono puntuali
rettifiche dell'Ufficio informazioni quando si identifica con l'Opus
Dei l'operato pubblico - anche lodevole - di un suo membro. Non ha
senso dire "Tizio, dell'Opus Dei, ha segnato il gol della vittoria per
l'Inter", o "Caio, dell'Opus Dei, ritiene che le azioni della Borsa
scenderanno".
D
- Ma almeno all'interno della comunità ecclesiale l'Opus Dei
dovrebbe rendersi più "pubblica"...
R
- Da questo punto di vista il problema di fondo sta nel comprendere che
i laici non sono massa passiva, semplici strumenti ed esecutori. Il
mondo ha fondamentale bisogno di essere santificato dall'interno, in
tutti gli aspetti, affinché lo spirito di Cristo vivifichi
dal di dentro ogni attività umana.
Questi concetti, che sono nel cuore del Concilio, incontrano tuttora
una forte miopia, per cui l'impegno del laico è facilmente
identificato con istanze organizzative. Secondo una
mentalità molto diffusa, sacerdoti e religiosi restano
modelli preferenziali, per cui chi vuole essere cristiano deve in
qualche modo imitarli. Non si capisce un laico che parli di
santità in famiglia e nel lavoro, senza che questo si
traduca in "fatti istituzionali" nell'ambito parrocchiale o comunitario.
Non
adeguarsi a questa mentalità ha dato vita a diffidenze e
gelosie, come se l'Opus Dei volesse chiamarsi fuori da una comune
collaborazione e da un linguaggio comune, o, peggio, come se l'Opera si
proponesse di strappare vocazioni alle diocesi e agli ordini religiosi,
o membri ai vari gruppi ecclesiali. In realtà l'Opus Dei
opera su un piano diverso, e lo fa esclusivamente in spirito di
servizio ecclesiale, secondo le proprie caratteristiche. I frutti di
questa azione vanno a pieno vantaggio delle diocesi e della Chiesa, e i
vescovi delle varie città conoscono bene i dirigenti e gli
apostolati della prelatura. Del resto non sono poche le vocazioni per i
seminari diocesani e per gli istituti religiosi che sono nate
dall'apostolato di membri dell'Opera.
D
- Eppure, tornando all'agire dell'Opus Dei
nel mondo, pare evidente che esiste una sorta di "doppio livello":
l'Opera propriamente detta, che asserisce di occuparsi soltanto di
formare cristianamente membri e amici; e "le opere", che sarebbero di
fatto dell'Opus Dei, ma vengono in qualche modo mascherate tramite
società di comodo. Queste società sono
chiaramente in mano all'Opus Dei: sono membri i dirigenti, molti
componenti dei consigli d'amministrazione. Tuttavia si presentano come
enti civili indipendenti, hanno bilanci, chiedono sovvenzioni, offrono
servizi. Si tratta di prestanome, di società fantasma? O
c'è dell'altro?
R
- Benché la forma di gran lunga prevalente dell'apostolato
esercitata dai membri dell'Opera sia quella personale - che si svolge
negli ambienti in cui ciascuno vive -, servono anche luoghi concreti in
cui impartire la formazione secondo la finalità della
prelatura. Perciò in taluni casi l'Opus Dei assume la
direzione spirituale e formativa di un'iniziativa volta a
finalità di apostolato. Quanto a questo, vi sono alcuni
punti da precisare.
a)
L'Opus Dei possiede soltanto la sede centrale, a Roma. Nemmeno i
"centri" le appartengono sotto il profilo giuridico ed economico.
Ciò perché l'apostolato dei membri dell'Opus Dei
si svolge, per sua natura, nelle strutture civili e attraverso di esse.
Se i membri intraprendono iniziative, esse, sotto il profilo economico
e giuridico, restano interamente a carico di coloro che se le
addossano, che ne assumono la piena responsabilità davanti
alla Chiesa, allo Stato e alla società civile.
Ciò vale anche per i centri della prelatura, che sono,
anzitutto, normali abitazioni familiari, dove vivono professionisti,
lavoratori, cittadini come tutti gli altri.
b)
Questo criterio vale anche per le iniziative che possono essere
definite "opere apostoliche della prelatura", di cui l'Opera assume la
responsabilità della formazione cristiana; gli altri aspetti
ricadono interamente in mano alle persone fisiche e giuridiche che le
portano avanti. Valga l'esempio del Centro Elis, che a Roma offre un
insieme di servizi ad alto contenuto sociale, diretti ai giovani
lavoratori di un quartiere popolare. L'Opus Dei, nel Centro Elis, segue
ufficialmente la formazione cristiana e garantisce che l'iniziativa
rispecchi i principi della dottrina sociale della Chiesa.
D'altra
parte non entra nel merito delle attività scolastiche e
professionali, non decide i programmi dei corsi di specializzazione
tecnica, né seleziona i docenti: lo fanno quelle persone,
alcune delle quali sono membri dell'Opera, che hanno avviato e portano
avanti tale attività a titolo personale e professionale.
L'Associazione Elis, che è un ente morale eretto dal
Presidente della Repubblica italiana, è stata promossa da
tali persone e detiene la proprietà degli immobili e la
gestione delle attività. È un ente civile non
diverso da migliaia di altri, che si presenta da quel che è
e ricerca i fondi per la sua attività con tutti i mezzi
civili leciti.
c)
D'altra parte non è lecito dire, neppure ufficiosamente, che
l'Opus Dei si serva di prestanomi: ciò non corrisponde a
verità, e così dicendo si lederebbero la fama e
la libertà di quanti operano in tali istituzioni. Facciamo
un esempio. Un modo per sostenere le iniziative di apostolato consiste
nel partecipare - per esempio con l'acquisto e la sottoscrizione di
alcune quote - all'acquisto di un immobile o alla costituzione di una
società. È una via frequentemente adottata da
membri dell'Opera, da cooperatori e da amici. Queste intestazioni sono
reali, non fiduciarie: vale a dire che non esiste alcun accordo privato
in virtù del quale vengano delegati ad altri i diritti
personali connessi con la proprietà.
Chi
impegna così i propri beni esprime l'intenzione di dare
continuità alla destinazione di quell'immobile o di quella
società, secondo le originarie finalità di
apostolato; e si adopererà, esercitando i propri diritti,
affinché tale destinazione non cambi. Si potrebbe dire che
ciascuno è fiduciario di se stesso, in coerenza con
l'ispirazione basilare dell'Opus Dei. D'altronde molte persone che
contribuiscono in questo modo non appartengono all'Opus Dei, e prestano
la loro collaborazione perché concordano con le
finalità apostoliche, educative e assistenziali degli enti.
Il
fatto che poi numerose di queste persone vadano apprezzando anche gli
scopi più direttamente apostolici, e varie di esse finiscano
per divenire cooperatori o membri dell'Opera, è semmai una
riprova dell'efficacia di questo modo di procedere, e
contemporaneamente dimostra il clima di libertà che regna in
simili iniziative. Poiché i membri dell'Opera lavorano come
gli altri e a fianco degli altri, e per conto loro si sforzano di
vivere con esemplarità tutti gli aspetti della vita
cristiana, alla fin fine offrono una testimonianza viva dell'incidenza
di Cristo nella vita umana; un'incidenza avvincente, coinvolgente, che
spesso piace e convince più di mille discorsi.
d)
A ogni modo le iniziative apostoliche che l'Opus Dei assume
ufficialmente hanno sempre una finalità esclusivamente ed
esplicitamente apostolica. Per questo motivo l'Opera non
possiederà mai un giornale, un'azienda, una
società finanziaria, un partito politico: tutte iniziative
lodevoli, ma che esulano dal suo fine istituzionale. Potrà
farlo questo o quel membro, a titolo personale; ma non la prelatura.
L'Opus Dei, invece, promuove iniziative come: scuole e istituti
professionali in zone indigenti, istituzioni per la formazione di
operai, di contadini, di casalinghe; centri di formazione culturale per
studenti, residenze universitarie, club giovanili, ecc. In tutte queste
iniziative cura esclusivamente gli aspetti di formazione cristiana.
e)
Tutti i membri dell'Opus Dei sono tenuti a vivere le virtù
cristiane della povertà e del distacco, secondo il loro
stato di laici cristiani; inoltre l'apostolato è in continua
espansione: di continuo si intraprendono iniziative in nuove
città e in nuovi Paesi. Dunque il denaro risulta sempre
poco. Le opere di apostolato, poi, non hanno alcun fine di lucro:
quantunque non si manchi di chiedere il giusto a chi si avvale dei
servizi professionali offerti, d'altra parte si agevola in ogni modo la
frequenza delle persone meno abbienti, e si spende quanto serve - in
strumenti, in docenti, in strutture - affinché la formazione
possa essere impartita in modo decoroso e funzionale.
Per
questi motivi nessuna attività gode di un bilancio attivo,
tanto meno fiorente: è continua la ricerca di fondi, sia
seguendo le opportune vie civili messe a disposizione dalla legge, sia
e soprattutto attraverso la contribuzione di tante persone che scorgono
il bene che si può fare tramite tali iniziative.
Nell'Opus
Dei non vi è perciò alcuna "ricchezza". I membri
danno tutto il possibile per l'apostolato, e si impegnano per cercare,
per esempio sotto forma di donativi o di sottoscrizioni, quanto manca
per saldare i debiti di gestione delle attività apostoliche.
In questo è prezioso l'aiuto dei cooperatori della
prelatura, che, senza farne parte, ne apprezzano i fini e la sostengono
con l'elemosina e la collaborazione.
f)
Infine, come già accennato, la proprietà e la
gestione di tali attività sono di enti civili.
Ciò anche per sottolineare la laicità
dell'apostolato (in senso cristiano: come apostolato promosso dai
laici). Altre istituzioni preferiscono valersi di opere ecclesiastiche
e di attività confessionali (scuole "cattoliche", eccetera).
È un modo bellissimo, ma diverso, di portare avanti
l'apostolato. Non è il modo dell'Opus Dei, per la quale la
"normalità", anche in questo caso, coincide con la
responsabilizzazione personale, senza alcuna forma di
rappresentatività ecclesiastica, né ufficiale
né ufficiosa.