La libertà e la responsabilità
1.
Nozione di libertà
Una delle caratteristiche dello spirito dell'Opus Dei, ricordata assai spesso
dai suoi membri e sulla quale il fondatore ha molto insistito, è la
valorizzazione della libertà. L'amore per la libertà è
intimamente legato alla mentalità secolare propria dei membri dell'Opus
Dei.
In forza di questa mentalità, in tutte le questioni professionali, politiche, sociali, ecc., ciascuno agisce - nel posto che occupa nel mondo - secondo il dettame della propria coscienza rettamente formata, e si assume la piena responsabilità dei propri atti e delle proprie decisioni, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Ciascuno è spinto non soltanto a rispettare, ma anche ad amare in modo positivo e pratico il vero pluralismo, la varietà in tutto ciò che è umano, in modo tale che - sono parole della Dichiarazione della Sacra Congregazione per i vescovi del 23 agosto 1982 -, "per quanto concerne le scelte in materia professionale, sociale, politica, ecc., i fedeli laici appartenenti alla Prelatura godono, entro i limiti della fede e della morale cattolica e della disciplina della Chiesa, della stessa libertà degli altri cattolici, loro concittadini; quindi la Prelatura non fa proprie le attività professionali, sociali, politiche, economiche, ecc. di nessuno dei propri membri".
Questa
deliberata scelta dell'Opus Dei a favore della libertà non è
frutto di calcolo umano o di tattica; è invece la logica conseguenza
della consapevolezza che i membri dell'Opus Dei hanno di unirsi soltanto per
partecipare all'unica missione della Chiesa, la salvezza delle anime.
Indubbiamente, lo spirito cristiano detta alcuni principi etici generali allo
svolgimento delle attività temporali: rispetto e difesa del magistero
della Chiesa; nobiltà e lealtà di condotta, a favore della carità;
comprensione e rispetto per le opinioni altrui; vero amor patrio, senza nazionalismi;
promozione della giustizia; disponibilità per sacrificarsi al servizio
degli interessi della comunità civile, ecc.
È in base a questi principi che ciascuno sceglie, tra le diverse soluzioni e opzioni possibili, quella che ritiene più pertinente. Mons. Escrivà affermava: "Con questa nostra benedetta libertà, l'Opus Dei non può mai essere, nella vita politica di un Paese, qualcosa di simile a un partito politico: nell'Opera c'è posto - e sempre ci sarà - per tutte le tendenze che la coscienza cristiana può ammettere, senza che sia possibile alcuna coercizione da parte dei direttori interni".
Solo la gerarchia della Chiesa, se lo ritiene necessario per il bene delle anime, può dettare determinate norme di condotta, in questioni contingenti, all'insieme dei cattolici.
Un
tale programma di santità personale e di apostolato nella vita quotidiana,
e principalmente nell'ambito dei compiti professionali, non può essere
portato a buon fine senza la libertà, che è un aspetto della
dignità dell'uomo creato a immagine di Dio. La libertà personale,
pertanto, è essenziale nella vita cristiana, e si trova in intima connessione
con la capacità di ciascuno dì assumersi le proprie responsabilità.
Il cristianesimo è per sua natura una religione di libertà.
Il fondatore dell'Opus Dei non ha dubbi a riguardo: "Dio vuole che lo
si serva in libertà - ubi autem Spiritus Dominii, ibi libertas (2 Cor
3, 17), dove c'è lo Spirito del Signore c'è la
libertà -; pertanto, un apostolato che non rispettasse la libertà
delle coscienze non sarebbe retto". Tuttavia taluni temono che la difesa
della libertà nasconda un pericolo per la fede. Ciò è
vero quando la libertà è fine a sé stessa, senza legge,
senza responsabilità; in breve, quando la libertà non è
altro che libertinaggio, che considera moralmente buono tutto ciò che
piace e lecito ogni rifiuto, fosse anche il rifiuto di Dio. E questo il risultato
finale della pretesa libertà di coscienza, ben diversa dalla libertà
delle coscienze. Così diceva mons. Escrivà, seguendo l'insegnamento
di Leone XIII: "Difendo invece con tutte le mie forze la libertà
delle coscienze, che sta a significare che a nessuno è lecito impedire
che la creatura renda il culto a Dio", È ben vero, infatti, che
l'uomo ha l'obbligo grave di cercare la verità, ma nessuno lo può
costringere a professare una fede che non ha ricevuto, o a comportarsi in
un determinato modo nelle cose che Dio ha lasciato alla libera scelta di ogni
cristiano, o a limitarne l'esercizio in cose che Dio stesso ha stabilito.
2.
Accuse all'Opus Dei
II rispetto per la libertà, portato alle estreme conseguenze, così
come mons. Escrivà lo visse e Io insegnò fin dagli inizi dell'Opus
Dei, non è stato sempre compreso e accettato. La mentalità spagnola
del secondo quarto di secolo non era ancora preparata, specialmente negli
ambienti clericali.
Talune correnti di spiritualità dell'epoca nate da scuole teologiche dagli orientamenti ascetici e apostolici divergenti, avevano creato profonde divisioni tra i laici e avevano favorito una certa tendenza al messianismo e a ciò che mons. Escrivà chiamava "mentalità pseudo-spirituale da partito unico". Ognuno di questi movimenti tendeva a considerare i propri principi e la propria prassi come gli unici validi, per cui tutti gli altri dovevano obbligatoriamente adottarli. Da questa visuale, per arrivare a considerare pericolose ed eretiche le posizioni altrui non c'era che un passo, e veniva facilmente compiuto.
Si spiegano così le incomprensioni (6) che si manifestarono già a partire dal 1929: il fraintendimento riguardava proprio il messaggio fondamentale dell'Opus Dei, poiché non si concepiva che fosse possibile aspirare alla santità rimanendo nel mondo.
Le calunnie e le persecuzioni delle "persone buone", che - come diceva, scusandole, il fondatore - "tanto gravemente pretesero di danneggiarci, forse pensando di rendere un servizio a Dio", si inasprirono nel 1939.
Gli attacchi erano sferrati anche dal confessionale e dal pulpito. Talora apparivano sulla stampa o venivano compiuti con visite a famiglie di membri dell'Opus Dei, le quali cadevano in grande apprensione quando venivano informate che i loro figli "rischiavano l'inferno" perché "erano indotti a credere" che potevano essere santi in mezzo al mondo. Alcuni studenti vennero inviati nei centri dell'Opus Dei per spiare e denunciare le eresie e le deviazioni che si riteneva vi si praticassero.
Una volta, Cammino venne bruciato in pubblico in una scuola di religiose a Barcellona, la città il cui governatore aveva dato ordine di arrestare mons. Escrivà se vi si fosse recato. Il fondatore venne denunciato anche al tribunale speciale di repressione della massoneria, perché gli accusatori tacciavano l'Opus Dei di "ramo giudaico della massoneria" o di "setta giudaica collegata alla massoneria". Anni più tardi, mons. Escrivà fu denunziato anche presso la Congregazione del Sant'Uffizio, quando già la Santa Sede aveva concesso l'approvazione definitiva dell'Opus Dei.
Il fondatore soffriva per questa "opposizione dei buoni" - come lui la chiamava -, soprattutto per il male che arrecava alle anime, a cominciare da quelle di coloro che la promuovevano. Ma non perdeva la serenità. Questa situazione non lo impensieriva più di tanto: "Che ne sarebbe di un quadro, se fosse tutto luci, senza alcuna ombra?... Non ci sarebbe il quadro! Dunque è opportuno che alcuni non ci capiscano".
Le incomprensioni e le campagne contro l'Opus Dei sono nate dall'urto di due mentalità, l'una religiosa - nel senso canonico del termine - e l'altra secolare, che dovrebbero essere complementari e non antagoniste. Da vari ambienti ecclesiastici, l'opposizione all'Opus Dei si è trasferita, poi, in ambienti ordinariamente ostili alla Chiesa, dove tutt'oggi, ogni tanto, torna ad affiorare.
3.
Libertà e lavoro
La libertà dei membri dell'Opus Dei si esercita innanzitutto nel lavoro
professionale: a partire dalla scelta del mestiere e dei mezzi necessari per
realizzarlo nelle migliori condizioni. Essi renderanno conto del loro operato
soltanto ai dirigenti della loro impresa lavorativa, agli azionisti delle
loro società, agli organismi ufficiali per conto dei quali lavorano,
e così via, e non certo, mai, ai dirigenti dell'Opus Dei.
Se l'Opus Dei non ha voce in proposito, è anche chiaro, d'altra parte, che non può nemmeno servirsi del lavoro professionale dei suoi membri per ottenere privilegi o vantaggi: ciò equivarrebbe a rinnegare il carattere meramente spirituale dell'istituzione. Si può anche affermare che tale condotta sarebbe contraria al comportamento che si ha diritto di attendersi da persone oneste, siano o non siano cristiane. Mons, Escrivà l'ha affermato senza esitare: "L'Opus Dei è un'opera apostolica, riguarda solo le anime. La nostra morale non ci consente di agire come una società di mutuo soccorso".
La sola influenza dell'Opus Dei sul lavoro dei suoi membri consiste nel fatto che la formazione spirituale che ricevono li aiuta a rendersi sempre coscienti delle implicazioni del messaggio evangelico e a sforzarsi per trasferirle nella loro condotta quotidiana.
Ne consegue la sensibilizzazione alle questioni della giustizia sociale, ma lasciando aperto il campo alla diversità delle risposte. Per il fondatore, la "soluzione cattolica" ai vari problemi del mondo non esiste. Tutte le soluzioni saranno cristiane se rispettano la legge naturale e l'insegnamento evangelico. Egli, pertanto, non mette l'accento sulla materialità della soluzione, bensì sullo spirito che deve permearla.
Al
tempo stesso, incita vigorosamente ciascuno ad assumersi le proprie responsabilità,
perché non è possibile "rassegnarsi all'ingiustizia individuale
e sociale che il cuore umano è capace di perpetrare". Mons. Escrivà
denunciava la situazione deplorevole delle nostre società:
"Sono tanti i secoli della convivenza tra gli uomini, e tanto è
ancora l'odio, tante le distruzioni, tanto il fanatismo accumulato in occhi
che non vogliono vedere e in cuori che non vogliono amare. Vediamo i beni
della terra divisi tra pochi e i beni della cultura chiusi in cenacoli ristretti.
Fuori, c'è fame di pane e di dottrina; e le vite umane, che sono sante
perché vengono da Dio, sono trattate come cose, come numeri statistici".
Per fare un esempio, un imprenditore animato da questo spirito si opporrà alla concorrenza sleale, alla frode, al rialzo dei prezzi motivato unicamente da una situazione di monopolio; favorirà l'onestà nelle contrattazioni; sarà par-ticolarmente attento ai problemi umani e alle condizioni di vita dei propri dipendenti; osserverà una vera giustizia con i suoi operai, ecc. A sua volta, un operaio si sforzerà di compiere lealmente il proprio lavoro; e ogni cittadino eserciterà i suoi diritti e compirà i suoi doveri ìn vista del bene degli altri e della nazione.
Questa influenza dello spirito dell'Opus Dei sulla vita sociale è tutt'altro che trascurabile; ma essa si ricollega a quella che i suoi membri esercitano col loro prestigio professionale, nel gradino che occupano nel proprio campo di attività.
Il desiderio di contribuire alla soluzione dei problemi che travagliano il mondo contemporaneo - e l'ideale cristiano può apportare contributi decisivi -, spinge alcuni membri dell'Opus Dei a realizzare, insieme ad altri, iniziative direttamente apostoliche, che hanno anch'esse una grande ripercussione sociale.
In risposta a certe "diffamazioni organizzate", mons. Escrivà ha ribattuto fermamente che sarebbe assurdo pensare che l'Opus Dei, come tale, possa dedicarsi allo sfruttamento di miniere o alla gestione di una qualunque impresa finanziaria. Per fare un esempio, supponiamo una famiglia numerosa nella quale un figlio è operaio alla Montedison, una figlia impiegata alla Fiat, un terzo dirigente della Banca Commerciale, e così via. Quella modesta famiglia è forse proprietaria di queste grandi società o vi esercita un'azione preponderante? Niente affatto. Nell'Opus Dei succede lo stesso e tale è lo spirito del fondatore.
Egli non ignorava che alcune minoranze faziose non avrebbero mai compreso queste conseguenze pratiche della libertà, e avrebbero preteso "che gliele spiegassimo d'accordo con la loro mentalità, che è esclusivamente politica, estranea a ogni dimensione soprannaturale, attenta unicamente a equilibri di interessi e di pressioni di gruppi. Se non ricevono una spiegazione così, falsa e accomodata ai loro gusti, continuano a pensare che ci siano menzogna, occultamento e piani sinistri".
I membri dell'Opus Dei respingono tali insinuazioni. Per loro è impensabile volersi servire dell'appartenenza alla Prelatura per fini personali, per vantaggi professionali, per ottenere appoggi, raccomandazioni, o per ascendere nella scala sociale o ancora per imporre agli altri le proprie opinioni. Se qualcuno ci provasse, gli altri membri non lo tollererebbero "e indurrebbero costui a cambiare idea o a lasciare l'Opus Dei.
Questo è un punto sul quale nessuno nell'Opus Dei potrà mai permettere la benché minima deviazione, perché ognuno deve difendere non solo la propria libertà personale, ma anche il carattere soprannaturale dell'attività a cui si è dedicato. Ritengo perciò che la libertà e la responsabilità personali siano la migliore garanzia degli scopi soprannaturali dell'Opera di Dio".
Se taluni membri dell'Opus Dei ricoprono a volte cariche o funzioni sociali elevate, ciò è dovuto al loro sforzo personale di santificare il lavoro, e mai a pressioni dell'Opus Dei o a favoritismi da parte di altri membri. Ognuno sa di essere pienamente libero, non soltanto nei suoi giudizi, ma anche nella sua stessa attività professionale, nella scelta dei propri collaboratori, nel trattare i propri affari, ecc. E tutti si impegnano a vivere scrupolosamente il dovere morale di conferire i posti e gli impieghi tenendo conto delle persone e della pubblica utilità. È la giustizia stessa a esigerlo.
4.
Libertà e politica (7)
Chi non crede all'esistenza di ideali religiosi e di valori morali capaci
di unire gli uomini in un'impresa comune al di sopra delle divisioni politiche,
si fermerà a considerazioni di ordine meramente sociologico.
I membri dell'Opus Dei appartengono a 87 nazionalità e a tutti gli strati sociali, a tutte le mentalità, razze e culture dei cinque continenti. Ognuno di loro vive nel proprio ambiente familiare e professionale. Come potrebbe l'istituzione imporre a persone tanto diverse e disperse un criterio politico unico, una specie di dogma in una materia così contingente e opinabile qual è la politica? Come potrà esigere che un keniota ricalchi il suo comportamento su quello di un australiano, un guatemalteco su quello di un filippino, un cittadino di Singapore su quello di un lussemburghese?
Mons. Escrivà ha detto e ribadito che per la sua natura intrinseca "l'Opus Dei non è legato a nessuna persona, a nessun gruppo, a nessun regime, a nessuna idea politica".
In una "Istruzione" rivolta ai dirigenti dell'Opus Dei, il fondatore ingiunge loro di non parlare di politica e di saper dimostrare che nell'Opus Dei "trovano posto tutte le opinioni che rispettano i diritti della santa Chiesa". E aggiunge che la miglior garanzia per evitare che i dirigenti si intromettano in questioni opinabili è la consapevolezza che i membri dell'Opera hanno della propria libertà, "per cui se i direttori tentassero di imporre un criterio concreto in una questione temporale, i membri dell'Opus Dei che la pensano diversamente si ribellerebbero subito e legittimamente; e io mi verrei a trovare nel triste dovere di benedire e lodare chi ha rifiutato fermamente di obbedire, e di riprendere con santa indignazione i dirigenti che avessero preteso di far uso di un'autorità che non spetta loro".
Bisogna sapere quanto è costata a mons. Escriva la fondazione dell'Opus Dei, per comprendere l'eroismo di un'altra dichiarazione che rinforza la precedente:
"Ho scritto, molto tempo fa, che, se in un dato momento l'Opus Dei avesse fatto politica, fosse stato anche solo per un secondo, io, in quell'istante sbagliato, me ne sarei andato dall'Opus Dei. Non va dato pertanto il minimo credito a notizie che pretendono di coinvolgere l'Opus Dei in questioni politiche, economiche, o comunque temporali, quali che siano. Da un lato, i mezzi che impieghiamo sono sempre palesi ed esclusivamente soprannaturali. Dall'altro, i membri dell'Opus Dei, uomini e donne, godono, nelle loro scelte di cittadini, la più completa libertà personale, da tutti rispettata, con la logica conseguenza di una responsabilità anch'essa personale.
Non è mai possibile, quindi, che l'Opus Dei si dedichi a compiti che non siano immediatamente spirituali e apostolici, e questi non hanno nessun rapporto con la vita politica di un qualsiasi Paese. Un Opus Dei coinvolto nella politica è un fantasma che non è mai esistito e non potrà mai esistere: se questa impossibile eventualità dovesse presentarsi, l'Opus Dei si dissolverebbe immediatamente".
L'ampio pluralismo realmente vissuto nell'Opus Dei non suscita problemi. Già nel 1930 il fondatore scriveva che esso è "manifestazione di buono spirito, segno di rettitudine nella nostra azione comune e di rispetto della legittima libertà di ciascuno". I membri dell'Opus Dei rispondono personalmente delle loro opinioni e delle loro azioni. Il legame spirituale con la Prelatura non condiziona in nessun modo le loro preferenze politiche: esiste quindi un vero pluralismo.
Facciamo
notare che ìn Spagna, per circostanze locali che appartengono al passato,
la presenza di tre membri dell'Opus Dei in governi franchisti ha dato luogo
a delle interpretazioni che sembravano ignorare che, nello stesso tempo, altri
membri dell'Opus Dei militavano in gruppi di opposizione ed erano avversati
con tutti i mezzi da quel regime.
Per la maggior parte dei fedeli della Prelatura, la partecipazione alla vita
politica è esattamente la stessa della maggioranza dei loro concittadini:
esercitare i propri diritti, compiere i propri doveri civili ed esprimere
le proprie opinioni incanalandole nei vari sistemi di partecipazione esistenti
nella comunità politica a cui appartengono. Etichettare qualcuno come
membro dell'Opus Dei a motivo delle sue idee politiche o, se si tratta dì
un uomo politico, dei suoi interventi in politica, è cosa priva di
senso.
Nel 1972, domandandosi se si poteva parlare di una "cospirazione"
dell'Opus Dei, un giornalista di Le Monde faceva notare: "Gli osservatori
imparziali pensano di no; avrebbe bisogno di una filosofia temporale che non
ha. E proprio la libertà civile lasciata ai suoi membri che spiega
il suo successo" (Ch. Vanhecke).
5.
Rispetto della libertà
I membri dell'Opus Dei che decidono liberamente di partecipare in modo attivo
alla vita politica, agiscono in piena autonomia, senza ricevere consegne o
raccomandazioni di nessun genere.
L'unica influenza dell'Opus Dei in questo campo è analoga a quella che esso esercita nel campo del lavoro professionale: consiste nel ricordare a tutti la necessità di essere coerenti con la fede e di agire secondo lo spirito cristiano, che si manifesta "nello sforzo di praticare, al di sopra delle passioni umane, il comandamento supremo della carità; nella ponderatezza con cui sapete esporre i vostri punti di vista, affrontando i problemi con uno studio serio, non con le polemiche accalorate; nel rispetto della piena libertà di opinione che deve esistere in ogni campo dell'attività umana; e nella comprensione - nell'accoglienza - con cui trattate coloro che la pensano in modo contrario".
Questo comportamento improntato a profondo rispetto fa sì che nell'Opus Dei vi siano persone di tutte le tendenze politiche, intellettuali e ideologiche compatibili con la coscienza cristiana. Questa situazione deriva anche dal fatto che l'apostolato dell'Opus Dei è universale e non circoscritto a persone di determinate condizioni sociali o di peculiari mentalità. È rivolto a tutti gli uomini di buona volontà che desiderano partecipare al lavoro apostolico che viene loro proposto. Coloro che avvicinano l'Opus Dei sono attratti dalla forza di una fede profondamente vissuta, capace di superare ogni barriera umana. Peraltro, nei diversi Paesi dove l'Opus Dei è presente, la maggior parte dei membri della Prelatura è costituito da "casalinghe, operai, piccoli commercianti, impiegati, contadini, ecc. Sono persone, cioè, che fanno un lavoro che non ha uno speciale peso politico o sociale".
Lo spirito dell'Opus Dei mette fortemente l'accento sulla libertà in tutte le questioni temporali, nelle quali non è legittimo imporre agli altri la propria opinione. Questa affermazione, d'altronde, è stata tanto ripetuta che è impossibile che non sia realmente vissuta; in caso contrario, i membri dell'Opera si sarebbero alla fine ribellati, proprio in nome di quella libertà tanto spesso invocata.
"Disgraziatamente, c'è tra gli uomini una tale tendenza a essere totalitari, dittatoriali, fanatici delle proprie opinioni in materie in cui è lecito discutere, che dobbiamo fare molti sforzi per comunicare agli altri, con l'esempio, il nostro amore alla libertà personale", e per suscitare la comprensione tra gli uomini, escludendo ogni violenza.
"Violenza mai -diceva il fondatore-. Non la comprendo; non mi pare adatta né per convincere né per vincere: un'anima che riceve la fede si sente sempre vittoriosa. L'errore si combatte con la preghiera, con la grazia di Dio, con ragionamenti spassionati, studiando e facendo studiare; e con la carità".
6.
Altri ambiti di libertà
A) La ricerca. - Senza pretendere di esaurire l'argomento, ricordiamo
l'attenzione che il fondatore ha prestato alla libertà nel campo della
ricerca scientifica. Nel discorso pronunziato nell'ottobre 1967 in occasione
del conferimento della laurea honoris causa dell'Università di Navarra
a un gruppo di studiosi - tra i quali il prof. Jean Roche, rettore della Sorbona
-, mons. Escrivà ricordava il ruolo dell'università: servire
gli uomini ed essere fermento nella società. " Essa deve cercare
la verità in tutti i campi; dalla teologia, scienza della fede che
è chiamata a considerare verità sempre attuali, alle altre scienze
dello spirito e della natura".
L'uomo
dì scienza cristiano deve impegnarsi audacemente nei sentieri ardui
della ricerca, senza esitare dinanzi allo sforzo e con piena libertà
di spirito. Questo comportamento non è sempre comodo. Durante una cerimonia
analoga, organizzata nel 1974 in onore del prof. Jérome Lejeune e di
mons. Hengsbach, il fondatore affermava che "la necessaria obiettività
scientifica si oppone diametralmente a ogni tipo di mentalità ideologica,
dì ambiguità, di conformismo e di viltà: l'amore per
la verità impegna la vita e l'intero lavoro dello scienziato",
che deve implorare l'aiuto divino, consapevole che la scoperta di una nuova
verità è frutto della benevolenza di Dio per gli uomini.
Se sono veramente scientifiche, queste ricerche conducono necessariamente
a Dio.
Il fondatore, pertanto, non auspicava affatto che la teologia invadesse il campo delle altre scienze; condannava, piuttosto, ogni pretesa di indebolire l'autonomia di queste. Era la logica conseguenza del suo amore per la libertà personale, del suo rispetto per la dignità della persona, e quindi per la legittima competenza di chi esercita la propria peculiare professione onestamente, cioè al servizio della verità.
Mons. Escrivà difendeva "la libertà personale che hanno i laici per prendere, alla luce dei principi enunciati dal Magistero della Chiesa, le decisioni concrete teoriche o pratiche che ciascuno reputi in coscienza più opportune e più confacenti alle proprie convinzioni e inclinazioni: per esempio, per quanto riguarda le correnti artistiche e culturali o i problemi concreti della loro vita professionale e sociale, ecc.".
B) Le scienze sacre. - Nel campo peculiare della teologia, i membri dell'Opus Dei possono contribuire con piena libertà, per mezzo delle loro ricerche, all'apostolato della dottrina; possono arricchire di nuove conoscenze il tesoro di sapienza che la teologia porta con sé e proporre soluzioni ai problemi nuovi.
Essi accettano anticipatamente di sottomettersi al superiore giudizio della Chiesa e di rimanere nell'ambito della sua dottrina. Essi hanno la stessa identica libertà che è concessa agli altri cattolici, di formarsi proprie opinioni in filosofia, teologia, Sacra Scrittura, diritto canonico, ecc. Possono avere dei discepoli, ma non creeranno scuole alle quali gli altri membri dell'Opus Dei siano tenuti ad aderire: la creatività e la scelta di ciascuno sono libere.
Mons.
Escrivà faceva anche notare che lo spirito e la mentalità pienamente
secolari dell'Opus Dei conferiscono ai suoi membri una particolare propensione
a cercare la verità nella libertà. La libertà, poi, unita
alla carità, spinge a desiderare e a difendere la libertà personale
di tutti.
Queste considerazioni sulla libertà sarebbero incomplete senza un'ultima
puntualizzazione.
Se gli si chiedeva in che cosa consistesse la "liberazione" tanto reclamizzata in tutto il mondo, il fondatore rispondeva senza esitazione: "Liberarsi dal peccato. Liberarsi dalle catene delle cattive passioni. Liberarsi dai vizi. Liberarsi dalle cattive compagnie. Liberarsi dall'indifferenza. Liberarsi dalla sporcizia dell'anima e del corpo!". E per completare il quadro della libertà dei figli di Dio, lui, che aveva suscitato tante opere di promozione sociale, aggiungeva: "È cosa stupenda volersi liberare dal dolore, dalla povertà, dalla miseria; ma non è la liberazione. La liberazione è il contrario. La liberazione è... sopportare con gioia il dolore, sopportare con gioia l'infermità, sopportare con un sorriso un accesso soffocante di tosse!".
7.
La responsabilità personale
Legata implicitamente alla nozione di libertà, nell'insegnamento di
mons. Escrivà troviamo sempre la nozione correlativa e inseparabile
di "responsabilità personale". Devono avere entrambe la stessa
dimensione; sono come due linee uguali e parallele; senza libertà non
esiste la responsabilità; senza responsabilità non ha senso
la libertà. Quando tanti cercano di schivare le conseguenze dei loro
atti deliberatamente posti, i membri dell'Opus Dei, invece, devono essere
pronti a rispondere delle loro azioni, ad addossarsene pienamente tutte le
conseguenze, perché "nessuno può scegliere per me, al mio
posto".
Il fondatore non avrebbe mai tollerato che un membro della Prelatura, o un qualunque altro cristiano, pretendesse di coinvolgere l'Opus Dei o la Chiesa, o di agire a loro nome, nell'esprimere idee personali, indubbiamente legittime, ma che non possono essere erette a dogmi. Nessuno può presentare come dottrina dell'Opus Dei ciò che è soltanto il risultato delle sue riflessioni personali.