Risposta dell'on. Roccella
FRANCESCO ROCCELLA - Mi si perdoni, signor ministro, e mi perdonino i colleghi se io non parlerò in latino: né quello religioso né quello laico (che è poi lo stesso latino), ma in italiano, cercando di dire efficacemente quelle poche cose che debbo dire. Voglio innanzitutto rilevare che mi sento spiazzato, rispetto a questo dibattito, perché non sono chiamato in causa come credente e in quanto tale: come credente, infatti, dovrei essere chiamato a parlare della Santissima Trinità, dell'aldilà, dell'infallibilità del Papa.
Qui stiamo parlando invece dell'Opus Dei, che non è oggetto di fede e non mette in causa la nostra condizione di credenti. Aggiungo, ciò chiarito, che le risposte udite non hanno, a mio modesto avviso, soddisfatto la curiosità che era implicita nei quesiti.
Debbo pur riconoscere che le domande sono state eccessive, e le critiche incriminatorie: lo dico da laico. Non mi sentirei, ad esempio, di incriminare il ministro dell'interno solo perché ha portato qui una documentazione alla quale ha creduto di poter dare credito (perché laicamente questo ha fatto il ministro dell'interno: ha portato un documento al quale ha creduto di poter dare credito). Non capisco perché non gli si debba dare credito, fino a prova contraria. Altrimenti, cos'altro sarebbe il laicismo? E', appunto, la prova contraria.
Penso che, dall'una e dall'altra parte, ci si sia impantati nel discutere del rapporto stesso tra cittadinanza religiosa e cittadinanza civile. Non era questo, in causa, non era questo ciò di cui si discuteva. Si è chiamata in causa persino la libertà religiosa, un valore che non ha bisogno di essere difeso, in una civiltà come la nostra: una civiltà che, intendo dire, a fondamento della libertà colloca la grande intuizione del cristianesimo: l'uomo solo dinanzi a Dio, come coscienza, e quindi libero.
Cosa c'è, infatti, a fondamento del nostro concetto di libertà, se non la grande fondamentale e rivoluzionaria intuizione del cristianesimo? Questo vogliamo dire, quando affermiamo comunemente (ma è diventato luogo comune) che il cristianesimo ha marcato con caratteri di individuazione fondamentale la nostra civiltà, anche nel suo sviluppo.
Aggiungo che, mai come in questo tempo, le libertà di cui vive la società civile - sempre a proposito della libertà religiosa - sono attuali. Penso che il grande problema del nostro tempo sia il trasferimento di poteri dallo Stato alla società civile che, per conto suo, con estremo vigore si è riapproriata del processo di revisione e trasformazione che è in corso e che in gran parte è affidato all'autonomia della società civile stessa.
Non per nulla uno dei fenomeni carattereistici del nostro tempo, che noi ci sforziamo di leggere, è quello che comunemente passa sotto il nome di privatizzazione.
Il problema, quindi, non è se l'Opus Dei sia occasione e forma di testimonianza e di operosità di fede. Fanno parte della libertà religiosa la testimonianza e l'operosità di fede. Il problema è un altro: è se l'Opus Dei introduca una egemonia sulla società civile, come potere di cattolici associati in quanto tali, al di sopra delle leggi e della libertà. Potere sugli altri, sull'altro, altro rispetto alla professione di fede. Ma ciò deve accadere, cioé deve essere laicamente documentato.
Penso sia questo che abbia fatto difetti ai colleghi interroganti. Sul loro laicismo non ho alcun dubbio, ma per essere laici non basta rivendicare il proprio laicismo contro il preteso clericalismo altrui. Bisogna documentare il clericalismo altrui, attenendosi ai fatti, all'unico dato che il laico criticamente riconosce: i fatti.
Resto, quindi, del convincimento che contano i fatti reciproci. Ha ragione Vernola quando chiede perché il sospetto ed il dubbio sorgano sull'Opus Dei. Su quali fatti, su quali accuse?
Non possiamo mettere sotto inchiesta il segreto in quanto tale, soprattutto quando è proiezione di un movimento di fede. Possiamo farlo se vi sono atti compiuti, leggibili, individuabili, rilevabili, incriminabili. Solo gli atti compiuti e storicizzati sono incriminabili.
Concludo, signor Presidente, in modo strano: non difendo nulla perché non accuso nulla. Non ho elementi per accusare. Gli elementi sono così generici ed approssimativi che davvero il mio laicismo si ribella ad ogni atto di accusa.
Sostanzialmente, signor Presidente, ho finito; ma aggiungo, anche se ho paura di sembrare eccessivo, che non credo che questo paese abbia bisogno di conflitti religiosi, davvero.