Il rischio delle manette
I problemi per l'Opus Dei non vennero soltanto dall'interno della Chiesa. Nel 1941, infatti, Escrivá e l'Opera furono denunciati anche presso il Prefetto di Barcellona.
Ricorda Giovanni Battista Torello: "Sebbene a Barcellona fossimo soltanto cinque o sei, era stata sparsa la voce che gli aderenti erano circa duemila... Come il Fondatore, anche noi venimmo accusati di costituire una setta massonica speciale, che rappresentava pertanto un pericolo anche per lo Stato. L'accusa venne presentata al Governatore civile di Barcellona dal padre V. (1) affinché, se il Fondatore vi si fosse fatto vedere, venisse arrestato e si disponesse la chiusura del nostro appartamentino" (2).
Le cose precipitarono a tal punto che a Escrivá non fu più possibile recarsi nel capoluogo della Catalogna senza correre il pericolo di essere arrestato: fu il nunzio apostolico in Spagna, monsignor Gaetano Cicognani, futuro cardinale, ad avvertirlo e a consigliargli vivamente di evitare qualsiasi viaggio a Barcellona.
Ciononostante, nel maggio 1941, il futuro santo ritenne necessario recarsi in quella città e viaggiò in aereo con il nome di Josemaría E. de Balaguer.
Torello ricorda l'ottimismo con cui Escrivá viveva quella situazione difficile: "Ci disse che, se ci avessero spaccato la testa, avremmo dovuto andare avanti ugualmente con la testa spaccata, Ci disse anche con grande ottimismo che la verità si sarebbe fatta strada e che poi ci avrebbe fatti liberi, aggiungendo che questa frase del Vangelo, Veritas liberavit vos (la Verità vi farà liberi, NdA), sarebbe stata scritta nel primo Centro che si sarebbe costruito".
Subito dopo il termine della guerra civile spagnola, il nuovo governo franchista aveva istituito un Tribunale speciale per la Repressione della Massoneria e del Comunismo. Ebbene, nel 1941, don Josemaría fu denunciato proprio davanti a questo tribunale.
Secondo l'accusa, sotto il nome di Opus Dei si nascondeva "un ramo giudaico della massoneria, o una setta giudaica in rapporto con i massoni".
"Il Tribunale esaminò la causa seguendo la procedura consueta: a porte chiuse e senza informare il presunto colpevole, che veniva giudicato a sua insaputa e senza alcuna possibilità di difesa. Tuttavia le informazioni assunte circa l'esemplarità della condotta cristiana riscontrata nel Servo di Dio e nei membri dell'Opus Dei bastarono al Gen. Saliquet per dichiarare, in poche battute, il non luogo a procedere" (3).
Anche se il procedimento giudiziario era stato segreto e malgrado la prassi volesse che, in caso di assoluzione, l'interessato non venisse informato, il Tribunale decise di mandare una delegazione da Escrivá.
"Ricordo che quando vennero al Centro - racconta Alvaro del Portillo - chiesero al Servo di Dio di mostrare loro l'oratorio nel quale, secondo la denuncia pervenuta al Tribunale, il Fondatore dell'Opera "levitava"; infatti lo avevano accusato, come ho detto altrove, di servirsi di alcuni giochi di luce per dare l'impressione di alzarsi dal pavimento durante la celebrazione della Messa.
Inoltre era stato accusato anche di praticare l'ipnosi e persino l'occultismo (alludendo a dei simboli eucaristici nel fregio dell'oratorio, scambiati per segni cabalistici) con l'intenzione di irretire la gente... Il Servo di Dio si rese conto che i magistrati erano al corrente di tutte le frottole sul suo conto e accondiscese volentieri a mostrar loro il piccolo oratorio della Residenza di via Jenner.
Fu allora che, scherzando con uno dei suoi interlocutori osservò: "Sarebbe un miracolo di prim'ordine se io mi alzassi da terra anche di un solo palmo"; alludeva al fatto che era ingrassato notevolmente a causa dell'alimentazione, priva di proteine e consistente soprattutto in patate e cereali, e probabilmente anche per l'insorgere dei primi sintomi del diabete..." (4).
Alcuni degli attacchi più duri contro il futuro santo, in quegli anni arrivano proprio dal partito della Falange, allora al potere. "Lo spirito di comprensione e di apertura verso tutti, il rifiuto di qualsiasi vendetta che Escrivá praticava e predicava, vennero interpretati come mancanza di patriottismo".
"Non ho mai sentito dal Servo di Dio - testimonia ancora il suo primo successore, Alvaro del Portillo - una sola parola di recriminazione contro coloro che lo diffamavano, neppure nei momenti più duri. Metteva in pratica ciò che aveva scritto in Consideraciones espirituales: "Se non puoi lodare, taci".
Non solo, ma, come ho già detto, egli arrivava a scusare apertamente e con piena convinzione la condotta dei suoi detrattori". Ripeteva sempre ai suoi figli lo stesso consiglio: Tacere, pregare, lavorare, sorridere, e li aiutava a considerare che tutto avviene perché Dio lo vuole.
Un giorno il fondatore confiderà ad alcuni di loro: "Sapete perché l'Opera si è sviluppata tanto? Perché l'hanno trattata come un sacco di frumento: l'hanno presa a calci, l'hanno maltrattata, ma il seme è così piccolo che non si è rotto; anzi, si è sparso ai quattro venti, è caduto in tutti i crocevia dove vi sono cuori assetati di Verità, ben disposti. E adesso abbiamo tante vocazioni, siamo una famiglia numerosissima e vi sono milioni di anime che ammirano e amano l'Opera, perché vedono in essa un segno della presenza di Dio tra gli uomini, perché vedono che la misericordia divina non si estingue" (5).