Al di là dei sogni più audaci

Mary Hamm è direttore esecutivo del Centro Tepeyac, che assiste ragazze madri, per lo più provenienti dall'America latina. Siede nei consigli di amministrazione di diverse organizzazioni non governative impegnate nella promozione della donna e nella diffusione della cultura della vita. Tiene lezioni di vita famigliare ed educazione dei figli. Laureata ad Harvard (classe 1976), vive a Washington D.C. con il marito Peter e i loro dodici figli.

Quando la gente mi chiede quanti figli ho, di solito rispondo dodici, più due non-profit: lavorare in un'organizzazione non profit, infatti, è come avere un figlio in più. Ho imparato questa verità grazie a Josemaría Escrivá e all'Opus Dei.

Ho conosciuto l'Opus Dei e gli insegnamenti del fondatore quando ero giovane, per mezzo di Cammino. In quello che leggevo riecheggiavano gli insegnamenti dei miei genitori sull' "unità di vita": la vita sacramentale deve trasformare la vita quotidiana, con la Santa Messa come centro e radice della vita interiore. E' lì, nel rinnovamento quotidiano e incruento del sacrificio del Calvario che trovo la forza per continuare a costruire la cultura della vita.

Sono una madre con molto poco aiuto in casa, e quindi la maggior parte del mio tempo la passo a lavorare per soddisfare le diverse necessità della mia famiglia. E' precisamente questo che ogni giorno unisco al sacrificio di Cristo. Durante i primi diciotto anni del mio matrimonio ho cercato di realizzare l'ideale di vita familiare del Beato Josemaría: creare un "focolare luminoso e lieto". Quando avevo undici figli, e il più piccolo aveva oramai quattro anni, ho cominciato ad allargare il mio raggio d'azione e mi sono impegnata a costruire la cultura della vita anche al di fuori della mia casa.

La gente di solito mi chiede: "Hai studiato ad Harvard e hai dodici figli?", e io rispondo: "Beh, lì mi hanno insegnato che se vuoi fare qualcosa devi farlo in grande". In realtà è il Beato Josemaría, con la sua intuizione "...queste crisi mondiali sono crisi di santi" (Cammino, 301), che mi ha ispirato e mi ha aiutato a "prendere il largo" (Lc 5,4.) nella mia attività di creare una nuova cultura della vita.

Mi sono impegnata nell'Istituto Nazionale per la Donna (IND), del quale sono socio fondatore e ho ricoperto la carica di Vice Presidente. Stava diventando sempre più evidente che la battaglia per la promozione della donna era combattuta a spese del suo ruolo fondamentale di moglie e madre. All'IND lavoravamo per forgiare ciò che è una "femminilità autentica".

Gli amici spesso mi chiedevano: "Dove trovi il tempo per l'IND?", e io rispondevo: "Proprio perché ho molti figli, di cui sette sono femmine, devo combattere per difendere i diritti della maternità". Nel 1994 e nel 1995 le conferenze delle Nazioni Unite al Cairo e a Pechino hanno affrontato le questioni relative al "genere" e ai "ruoli del genere". Ancora una volta l'intuizione del fondatore dell'Opus Dei, questa volta sul "genio femminile", mi è servita come principio guida. Verso la metà degli anni '90 ho dovuto cercarmi un impiego retribuito, e ho cominciato a lavorare al Centro Tepeyac, un istituto che fornisce assistenza a ragazze madri, dove ho potuto continuare a promuovere la causa della "femminilità autentica", e combattere l'ondata crescente della sensualità con una "crociata di virilità e di purezza"(Cammino, 121).

Tepeyac aiuta donne che stanno vivendo una gravidanza inattesa, la maggior parte delle quali sono da poco immigrate da paesi dell'America Centrale e del Sud per sfuggire alla guerra, alla povertà o a entrambe. Ho imparato da Josemaría Escrivá che non ci sono "anime da buttare": questo si applica in modo particolare al figlio non ancora nato di una donna povera.

Durante i sette anni in cui ho lavorato lì, il Centro Tepeyac è cresciuto da un centinaio di assistite a oltre mille. Posso dire con certezza che questo è dovuto, in larga parte, alla fedeltà al piano di vita tracciato dal fondatore dell'Opus Dei. Il suo insegnamento sulla "grandezza della vita quotidiana" mi ricorda in continuazione che la mia "barca — i tuoi talenti, le tue aspirazioni, i tuoi successi — non vale niente se non la metti a disposizione di Gesù Cristo, se non lasci che Egli vi salga dentro liberamente."(Amici di Dio, 21).

La S. Messa quotidiana, la recita del Rosario, la lettura spirituale nutrono la mia vita d'orazione e sono come il collante che tiene unita la mia famiglia e la mia casa, mentre al contempo mi permettono di portare il messaggio della cultura della vita sulla scena nazionale e internazionale.

Mi ricordo spesso che Josemaría Escrivá, nei suoi lunghi andirivieni a piedi per le strade di Madrid, era solito cercare e trovare molte immagini della Madonna e molti Tabernacoli, e ci incoraggiava a fare lo stesso, salutando il Signore quando lo incontriamo per strada, magari anche solo con uno sguardo e una giaculatoria. Anch'io ho cominciato a guardarmi intorno con maggiore attenzione, percorrendo la strada verso il Centro Tepeyac per trovare angoli nascosti, dove potevo salutare silenziosamente il Signore e la Madonna. Ho anche insegnato ai miei bambini a salutare in questo modo il Signore quando andavamo in giro per città.

Sforzandomi di mettere in pratica la chiamata all'evangelizzazione, da Josemaría Escrivá ho anche imparato "l'apostolato epistolare", che mi aiuta ad aumentare il mio raggio d'azione, specialmente con i benefattori del Centro. Le sue parole sull'apostolato dell'opinione pubblica mi spingono a cercare di mettermi in contatto con i giornalisti, e quando mi presento a un incontro cerco di portare con me del materiale informativo.

Egli ha detto che "di cento anime ci interessano tutte e cento"(Solco, n. 183.), e io cerco di fare mia questa idea. Mi ricordo di aver sentito che quando in televisione vide le immagini degli astronauti sulla luna pregò per loro, anch'io cerco di pregare per le persone che vedo in televisione. Da lui ho imparato a cercare amare e pregare per tutte le persone, siano di destra o di sinistra, come lui stesso faceva.

Con la sua canonizzazione Josemaría Escrivá diventerà un ispiratore e un maestro per innumerevoli anime che, come me, vivono una vita normale e che vogliono cercare l'unione con Dio in questa normalità.