"Itinerari di vita cristiana" - Un libro del Prelato dell'Opus Dei
In
questi giorni è stato pubblicato dalle edizioni ARES di Milano il libro
Itinerari di vita cristiana, scritto da mons. Javier Echevarría,
Prelato dellOpus Dei. Il volume affronta gli aspetti più vitali
della fede. Particolarmente significative sono le riflessioni sul significato
della sofferenza, sul senso del tempo, sulla carità, la santificazione
del lavoro, la generosità, la vocazione, la gioia.
Riportiamo un intervista fatta allAutore nei giorni successivi alluscita
delledizione spagnola.
Come valuta il momento presente?
Mi sembra evidente che è un momento complesso, e, in buona parte, paradossale:
accanto a innegabili ombre, non mancano delle luci. Si potrebbero facilmente
enumerare gli esempi di progressi, di regressi, di conquiste e di sconfitte
sul piano umano. Ma non possiamo dimenticare, al di sopra di tutto, che stiamo
vivendo nella pienezza dei tempi; è il momento, che dura ormai da duemila
anni, della vera e definitiva novità: il momento in cui Dio si è
fatto uomo in Gesù Cristo. Dandoci la possibilità di essere
figli di Dio: non ringrazieremo mai abbastanza per questo tesoro, che ci porta
ad affrontare le varie circostanze con ottimismo umano e soprannaturale. Un
diverso modo di capire il momento presente sarebbe necessariamente incompleto
e ci esporrebbe a cogliere solo la superficie di ciò che accade nella
storia personale e generale.
Non le sembra che la condotta di coloro che si sforzano di vivere da cristiani
sia in contrasto con le caratteristiche dellattuale società?
Certamente. E ciò viene da lontano. Appena ebbero presentato Gesù
nel tempio, Giuseppe e Maria ricevettero dallanziano Simeone lannuncio
che quel bambino sarebbe stato segno di contraddizione. Quando gli apostoli
ricevettero lo Spirito Santo, superarono la paura di annunciare Cristo, ma
subito «gli obiettivi» li presero per ubriachi, essi furono incarcerati
e poi sappiamo bene come andò a finire, anche se sono stati sempre
uomini felici. E lo stesso capita sempre. La novità cristiana sarà
sempre contundente, ma questo contrasto può e deve essere una spinta
che genera amore, che renda luomo più umano, che gli apra nuove
prospettive, che lo liberi.
Che cosa pensa dellattuale concezione dellamore?
Penso che nella nostra società si è fatta strada una concezione
dellamore slegata dallimpegno, ossia da quella componente essenziale
dellamore che è la mutua fedeltà di coloro che si amano.
E questo gli toglie valore e tende a trasformarlo in egoismo, nel desiderio
di una semplice autosoddisfazione. Si può immaginare che una madre
cessi di amare suo figlio perché quello della sua vicina è più
bello? Anche per questo lapprovazione legale del divorzio è una
grande tragedia; invece, lesigenza ricordata da Cristo «non
separi luomo quello che Dio ha unito» è fonte e garanzia
di libertà e di amore vero.
Secondo lei qual è lorigine ultima delle critiche alla figura
del padre nella famiglia, di cui parla nel suo libro?
In fin dei conti, sembra che molti confondano lidentità
del figlio con quella dello schiavo. E allora ogni padre viene considerato
un mostro. Gesù Cristo ci ha rivelato la tenerezza della paternità
di Dio e la libertà che ci ottiene ladozione filiale che Dio
Padre ha fatto di noi in Gesù Cristo.
Molte coppie dicono che le strutture sociali di oggi non permettono loro
di avere tutti i figli che vorrebbero.
Non si può ignorare il peso effettivo di certe strutture sociali,
economiche e politiche povertà, disoccupazione, prezzo delle
case, ecc. che possono giustificare luso dei metodi naturali
della continenza, daccordo con la morale. Ma esiste nello stesso tempo,
disgraziatamente, anche un atteggiamento che non si giustifica con i motivi
citati: mette in dubbio il valore della paternità e della maternità
in se stessi; per questo, generare un figlio non viene considerato più
come qualcosa di indiscutibilmente buono e desiderabile; si pensa che generare
ed educare un altro figlio sia un compito complesso e rischioso e si comincia
a calcolare le soddisfazioni che offre e i sacrifici che esige, per concludere
spesso che non ne vale la pena. Si è perso di vista il valore della
vita, il senso dellamore e la grandezza della maternità e della
paternità.
Il suo libro termina con un capitolo su «Lessenza della gioia».
Alcuni si domandano come si può provare gioia in un mondo come il nostro,
dove sono tanto presenti il dolore e lingiustizia.
La Chiesa, nella sua liturgia, ha il coraggio di cantare con gioia il
Mistero della Croce di Cristo. Il dolore non cancella la gioia, se si vive
uniti alla donazione di Gesù Cristo per la nostra salvezza. La gioia
si esaurisce con legoismo del peccato, dimenticandosi di amare Dio e
il prossimo, e negandosi al pentimento. Chi vive dominato da un ambiente in
cui il valore principale sembra essere il culto dellimmagine, del successo,
del potere, si deprime di fronte a un insuccesso, di fronte a un crollo economico,
perfino di fronte alla comparsa di alcune rughe sul volto. Daltra parte,
la gioia, per un cristiano, non è legata a una presunta impeccabilità,
che non esiste, ma alla disponibilità a chiedere perdono, a pentirci.
La gioia è quella del figlio prodigo. Comprendo sempre meglio perché
il Beato Josemaría Escrivá chiamasse il sacramento della Penitenza
«il sacramento della gioia cristiana».