Un'intervista al vescovo Javier Echevarria

D - Nel suo contatto quotidiano con il beato Josemaria, in che modi si mostrava la sua santità?

R - L'unione del beato Josemaria con Dio, unione che lui viveva con naturalezza, si sarebbe potuta vedere in migliaia di modi. Si mostrava, ad esempio, nelle devote genuflessioni di fronte a Nostro Signore nel Tabernacolo. Qualcuno avrebbe potuto vederla nel suo sorriso, nel suo lavoro ordinario, nella costante attenzione per gli altri, nel suo aspetto gentile anche quando era stanco.

Vivere con un santo è un privilegio, una forma di educazione e anche una costante causa di gioia; perché nel suo generoso sforzo di esercitare tutte le virtù cristiane, dà vita intorno a sé ad un atmosfera di allegria, di preghiera, di serenità.

 

D - Quali caratteristiche lo distinguevano dalle altre persone? Quale eredità lascia alla società contemporanea?

R - I santi hanno sempre qualcosa di genuino e umano, e allo stesso tempo soprannaturale, che attrae le persone. Non trascorrono la vita adattandosi al mondo intorno a loro, ma nel tentativo di portare il mondo a Dio, e per questo motivo cercano di identificarsi con Gesù Cristo. In questo senso si potrebbe dire che sono profondamente liberi, al di fuori di ogni classificazione. I santi sono anche spesso stati "segni di contraddizione" per coloro che rifiutano di accettare le verità radicali.

E' stato così per il beato Josemaria. Lui era del tutto normale, cordiale, piacevole. Rifuggiva da ogni tipo di eccentricità. Dimostrava anche un profondo amore per la libertà, che aveva origine dal suo appassionato amore per Dio; è stata una delle sue caratteristiche distintive: era convinto che un uomo che ama è veramente libero.

Credo che la sua eredità principale consista nelle migliaia di persone che si sono avvicinate a Dio attraverso la sua opera sacerdotale, che hanno scoperto di poter trovare Nostro Signore nel loro lavoro e nel compimento dei doveri ordinari. Mi piace pensare che l'eredità del beato Josemaria sia come un seme che si sta diffondendo per dare frutti in ogni tempo e in ogni luogo, in seno a quella grande semina che è la vita della Chiesa.

 

D - Il processo di beatificazione del beato Josemaria, con la sua velocità, ha aperto un nuovo capitolo nella storia della Congregazione per le Cause dei Santi. Sono stati il potere e l'influenza che alcuni dicono l'Opus Dei abbia nella Chiesa e con il Papa a determinare la velocità del processo? O piuttosto, come nel caso di sant'Antonio di Lisbona, sono state la devozione e la venerazione popolare a dare la spinta alla dichiarazione delle sue virtù e alla sua beatificazione?

R - Vorrei chiarire che nella storia della Chiesa non sono stati pochi i casi nei quali la santità dei servi di Dio sia stata dichiarata a pochi anni dalla loro morte. Durante il Concilio Vatiano II, i padri conciliari espressero la necessità di presentare il cristianesimo attraverso personaggi contemporanei che fossero modelli di unione con Dio. Io sono stato felicissimo, ad esempio, di vedere l'eroicità delle virtù di Madre Maravillas e di Padre Allegra proclamata poco dopo il momento in cui Dio li chiamò a sé. E potrei ricordare altri nomi. Nel citare questi ed altri esempi, non ho dubbi che i loro processi siano stati un grande dono di Dio alla Chiesa.

Per quanto riguarda il processo di beatificazione del fondatore dell'Opus Dei, non può essere spiegato da alcun supposto potere dell'Opus Dei, che non esiste, né è solamente opera della devozione popolare, che certamente esiste.

La Chiesa in tutti questi casi conduce un'indagine molto attenta. Come lei sa, la Santa Sede, prima di dichiarare una persona beata o santa, non solo esamina in dettaglio se questa persona abbia una reputazione di santità, ma anche se abbia vissuto eroicamente le virtù cristiane. E prima di fare la dichiarazione, attende l'approvazione divina tramite un miracolo che confermi la santità di vita della persona coinvolta.

Bisognerebbe anche tenere a mente l'influenza della posizione del Concilio Vaticano II, che fu messa in atto per la prima volta da papa Paolo VI e, nel 1983, da papa Giovanni Paolo II, e che ha semplificato le norme riguardanti le procedure per le cause dei santi. La nuova legislazione autorizza per tutte le cause un'investigazione molto più rapida che in precedenza.

 

D - Come Giovanni Paolo II, il beato Josemaria visse una profonda devozione mariana e una speciale devozione a Fatima. Gira voce che si incontrò con suor Lucia e che è stato il primo uomo beatificato ad aver fatto in vita un pellegrinaggio a Fatima.

R - Il beato Josemaria incontrò suor Lucia nel 1945, quando lei viveva a Tuy. Il fondatore dell'Opus Dei si recò in visita al vescovo di quella città, suo amico. Il vescovo lo presentò a suor Lucia, che lo incoraggiò ad attraversare la frontiera e a fare un pellegrinaggio a Fatima; intervenne anche per risolvere il problema dei visti. Nonostante il beato Josemaria avesse in quell'occasione altri progetti, accettò il suggerimento di suor Lucia. Si potrebbe dire che fu direttamente responsabile del primo viaggio del beato Josemaria in Portogallo.

Monsignor Escrivà era grandemente commosso dalla devozione del popolo portoghese a Nostra Signora. Ritornò in Portogallo in altre occasioni, e ogni volta ne approfittò per andare a pregare alla Capelinha. Passò spesso lunghi periodi nella spianata del santuario, vicino alla "piccola cappella". Andava là a cercare rifugio presso nostra Madre. In questo voleva essere molto portoghese.

 

D - Come saprà, è la prima volta che dei bambini vengono beatificati come testimoni della fede. La beatificazione di due pastori giovani quanto Francisco e Jacinta, in assenza di martirio, è un fatto nuovo nella Chiesa. Durante il processo, questo sollevò alcune domande sulla legittimità dell'idea che questi bambini potessero aver praticato le virtù cristiane ad un grado eroico. Qual è la sua opinione in merito?

R - Sono stato estremamente felice quando i due pastorinhos sono stati beatificati. Non so perché, ma in alcuni ambienti i bambini sono sottovalutati, anche per quanto concerne il grado di maturità e di unione con Dio che sono capaci di raggiungere. Nel Vangelo, troviamo molti insegnamenti di Nostro Signore a proposito dei bambini. Sono i favoriti di Dio, modelli di semplicità. E noi adulti abbiamo la grossa responsabilità di non scandalizzarli, ma piuttosto di insegnare loro la strada della virtù.

Ho visto così tanti casi di bambini che sono cresciuti nella virtù fin dalla loro prima infanzia! E' molto importante offrir loro esempi quali Francisco e Jacinta.

Ma i bambini possono naturalmente essere di modello per gli adulti. Permettetemi di richiamare l'invito del Vangelo: dobbiamo imparare a divenire come bambini. Questo invito include un processo di maturazione che ci induca a riscoprire la nostra semplicità e innocenza e ad odiare il male, il peccato. Solamente con un cuore purificato saremo in grado di parlare con Dio e di udirlo, come in quelle incantevoli conversazioni tra i pastorelli e nostra madre Maria.

 

D - Il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi ha affermato che ogni beatificazione ha la sua originalità. Potrebbe fare un paragone tra l'originalità del beato Josemaria e quella dei pastorelli?

R - Vorrei sottolineare qualcosa di comune: l'incondizionato desiderio di compiere fino in fondo la volontà di Dio. Volontà che ai pastorelli si è manifestata in un modo straordinario, tramite le apparizioni di nostra Signora. Il beato Josemaria è arrivato a conoscerla attraverso illuminazioni inattese o nella sua preghiera, dopo averlo chiesto con insistenza. Dio mostra a ciascuno il suo sentiero.

Ma è impressionante vedere come la santità consista sempre nel porre la propria vita completamente al servizio della chiamata di Dio, della vocazione ricevuta. Inoltre, a pensarci bene, le anime dei santi posseggono la medesima trasparenza delle anime dei bambini. Mi ricordo di come, alla vigilia del cinquantesimo anniversario della sua ordinazione, il beato Josemaria disse che vedeva se stesso di fronte a Dio come ad un bimbo ciarliero.

 

D - Quali sono le ripercussioni della beatificazione dei pastorelli e della realtà di Fatima per la Chiesa odierna? Quali effetti potrebbero avere sulla cura pastorale delle famiglie e sulla catechesi?

R - Sono molte le ragioni per le quali considero importante questa beatificazione. Il suo profondo significato discende dall'essere direttamente legata ad un intervento di Dio nella storia dell'umanità, un intervento che ebbe luogo per mezzo di piccoli e umili bambini.

Oltre a questo, le virtù dei bambini spesso riflettono l'atmosfera cristiana della casa nella quale sono nati. Vedo questa beatificazione, quindi, come un valido stimolo per tanti genitori di famiglia, affinché si adoperino per trasmettere la fede ai loro figli - è il miglior regalo che possono far loro - attraverso una vita di pietà vissuta naturalmente nelle loro famiglie.

Così, la dichiarazione del Papa che Francisco e Jacinta possono essere annoverati tra le schiere dei beati, tra le altre cose, è un ricordare l'importanza della famiglia per la Chiesa. Le famiglie, attravero le proprie vite, preparano le anime dei bambini a ricevere la grazia di Dio.

Mi sembra di sentire l'eco delle parole del beato Josemaria, che così spesso ripeteva: benedico con ambedue le mie mani da sacerdote l'umano e santo amore delle coppie di sposi.

 

D - Per qualche tempo vi sono state speculazioni sulla possibilità che la Chiesa avrebbe proclamato un altro dogma mariano: nostra Signora, Corredentrice. Alcuni teologi difendono l'importanza di un dogma di tal genere, mentre altri ritengono che non sia necessaria una formale dichiarazione da parte della Chiesa. Qual è la vostra posizione?

R - La questione riguarda la profondità della nostra conoscenza della fede. Rettamente interpretato, il concetto di "corredentrice" è indubbiamente applicabile alla Beata Vergine, ma proclamarlo come dogma o meno è materia che riguarda unicamente il Papa o un Concilio Ecumenico.

 

D - A proposito del pontificato di Giovanni Paolo II, quali sono le sue caratteristiche fondamentali e quale sarà la sua eredità per la Chiesa? E per il dialogo ecumenico? E per le relazioni tra la Chiesa e la società

R - Fin dai suoi primi inizi, il pontificato di Giovanni Paolo II ha orbitato intorno all'idea di aprire le porte del mondo a Cristo. "Non abbiate paura!" è stato il messaggio del Papa sin dal suo primo giorno di ministero. E in questi anni, guidata dalla sua mano, la Chiesa ha compreso con più completezza le promettenti prospettive aperte dal Concilio Vaticano II, di modo che Cristo possa veramente farsi presente in tutte le realtà della vita umana.

Questa è un'impresa di ampio respiro che dovrebbe coinvolgere tutti i cristiani, specialmente quelli che sanno di essere figli di Dio. Durante questo pontificato, grazie a Dio, i cattolici hanno dato risposta alla chiamata costante per una nuova evangelizzazione, che porti ad aprire i cuori degli uomini e le strutture sociali a Cristo.

Dobbiamo pregare affinché, in questo sforzo comune di illuminare il mondo con la luce di Cristo, venga seguito il cammino verso la piena unità di tutti i cristiani. Negli ultimi anni vi sono stati segni molto incoraggianti, che donano una rinnovata speranza.

 

D - Il documento "Noi siamo Chiesa" ha ricevuto migliaia di firme, specialmente tra i cattolici dei paesi dell'Europa del Nord. Uno dei temi centrali è il ruolo della donna nella Chiesa. Cosa pensa di questo documento e come vede il futuro?

R - E' comprensibile che qualcuno abbia difficoltà nel comprendere che il sacerdozio cattolico sia riservato solamente agli uomini. Ma francamente credo che il ruolo della donna nella vita dell Chiesa sia molto più ricco e vasto.

Mi sembra che ridurre la discussione sul ruolo della donna nella Chiesa al ministero sacerdotale - questione peraltro già chiarita definitivamente dal magistero della Chiesa - sia un grosso impoverimento.

Il contributo delle donne alla vita ecclesiale è, secondo la mia opinione, un argomento molto importante. E' qualcosa che vedremo svilupparsi con maggior pienezza nel futuro, soprattutto grazie all'esperienza di vita delle donne cristiane.

La Chiesa ha urgente bisogno di donne le cui vite siano coerenti con la loro fede in ogni momento, che si occupino di iniziative di evangelizzazione, che contribuiscano con i loro punti di vista a molte questioni, che siano valorose testimoni di Gesù Cristo.

Non ho dubbi che in questi prossimi anni vedremo una pacifica mobilitazione di donne cristiane. Sarà un'impresa di santità e di apostolato, di studio e di approfondimento dottrinale, che offrirà come frutto l'arricchimento dell'intera Chiesa.