Di
certo neppure voi avete dimenticato che, nel febbraio del 1986, alcuni
partiti di sinistra del parlamento italiano - eccitati da una
martellante campagna di stampa nella quale era capofila il settimanale
"L'Espresso" - chiesero al governo di applicare all'Opus Dei la legge
del 1982 contro le società segrete.
Era
la legge che era stata approvata in gran fretta per tentare di arginare
lo scandalo della "Propaganda due", la P2. Loggia, questa, del tutto
regolare e riconosciuta (non, dunque, una scheggia deviata, come
cercarono di farci credere) della "famiglia" egemone - quella detta "di
Palazzo Giustiniani" - della massoneria italiana.
Forse
ricordate pure che, per rispondere agli interpellanti, il ministro
degli Interni, allora Oscar Luigi Scalfaro, impiegò quasi un
anno, con un'inchiesta che coinvolse, con richiesta di chiarimenti e
scambio di documenti, anche il Vaticano.
Finalmente,
il 24 novembre di quel 1986, il futuro presidente della Repubblica
italiana si presentava alla camera con un corposo dossier, una sorta di
trattato sull'argomento, tanto che - per dar agio di seguire il
discorso, fitto di citazioni e di riferimenti - aveva chiesto, con
prassi insolita, che il testo fosse previamente stampato e distribuito
ai parlamentari, così che potessero meglio farlo proprio.
Insomma, quasi un concorrente di questo mio rapporto: una vera e
propria "inchiesta sull'Opus Dei".
Anche
voi, però, sarete stati vittime (come tutti, tranne qualche
addetto ai lavori) dello strano modo di intendere l'informazione da
parte dei giornali. In effetti anche quelli che, per mesi, avevano
dedicato pagine su pagine alla campagna contro l'Opera come covo di
segreti politico-affaristici, liquidarono in poche righe il testo cui
il povero Scalfaro e i suoi collaboratori avevano dedicato tanto tempo
e fatica.
Con
titoli a una colonna, ci si limitò a riferire che il governo
aveva deluso le aspettative di trasparenza, giustizia, pulizia del
"polo progressista"; non di rado, insinuando che non poteva che finire
così, con un "bigotto" quale l'onorevole Scalfaro
responsabile degli Interni.
Né
si mancò di sospettare l'ingerenza di uno Stato estero - la
Città del Vaticano - negli affari interni italiani, per
depistare, tacitare, impedire interventi giudiziari e amministrativi
nei confronti della sua "potente lobby affaristica". (Sarà
comunque bene ricordare che il presidente del Consiglio - garante e
responsabile ultimo, a norma della Costituzione, della risposta del
governo - era allora Bettino Craxi, proprio quello che abbiamo visto
lagnarsi della "onnipresenza" dell'Opus Dei, e non certo noto per le
sue propensioni clericali. Almeno lui insospettabile, dunque...).