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Data: 27/10/2002
Autore: Camilla De Mori
Fonte: Il Gazzettino
Editore: -

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Don Ernesto, la voce dell'Opus Dei

«Più bello di così c'è solo il Paradiso!». A Roma, il 6 ottobre scorso, fra i trecentomila in piazza San Pietro, c'era anche monsignor Ernesto Zanin, 75 anni, da 52 anni sacerdote e da 27 guida della parrocchia del Cristo di Udine.

Ma anche, dal 1983, come membro della Società sacerdotale della Santa Croce, punto di riferimento della comunità dell'Opus Dei della provincia di Udine. Che, quella domenica, ha festeggiato a Roma la canonizzazione del discusso fondatore dell'Opera, l'ormai santo Josè Maria Escrivà de Balaguer.

«Dal Friuli abbiamo fatto una corriera con una cinquantina di persone. È stata una cosa impressionante: 300mila persone che fanno silenzio durante una messa di due ore. La potenza spirituale della Chiesa che si tocca con mano», dice monsignor Ernesto. Ma per gli altri, i profani, quella cerimonia è stata un palcoscenico impagabile: forse la prima volta che gli aderenti dell'Opus sono usciti allo scoperto.

Non male per la potente e segretissima "massoneria cattolica", etichetta che l'Opera si è vista affibbiare più di una volta. «L'Opus Dei non è segreta come la massoneria. Specialmente all'inizio, il fondatore aveva ricevuto accuse in questo senso. Ma il segreto non c'è. La riservatezza sì, quella sempre. San Escrivà voleva che l'Opus Dei fosse come il lievito nella pasta: non lo vedi, ma se non c'è il pane non viene», spiega lui.

E chiamiamola pure riservatezza. Quella che non fa dire a monsignor Ernesto dove precisamente si trovi a Trieste l'unico centro dell'Opera in regione che ospita i numerari, «ingegneri, medici e professori universitari, che hanno donato tutto all'Opus e vivono in due appartamenti del centro da 200 metri quadri: uno per le donne, uno per gli uomini. Dove? Meglio non dirlo».

La stessa riservatezza che non gli consente di citare per nome neanche i "vip" dell'Opera friulana. Neppure «il primario di ginecologia del Policlinico universitario, ora trasferito» o «il direttore di banca, che ora lavora a Verona», o «il professore di pediatria di Montevideo che, ogni volta che passa in Friuli, viene a trovarci».

È per «riservatezza» che, «non mandiamo mai comunicazioni ufficiali: tutto funziona con il passaparola. L'Opera pretende, diciamo preferisce, il rapporto interpersonale». Gli uomini, «in tutto una ventina: 7 o 8 membri dell'Opus, in gran parte medici e professori, più i "cooperatori" che non appartengono all'Opera ma danno una mano» si riuniscono nella parrocchia del Cristo ogni ultimo lunedì del mese, le donne, «una decina: una sola, un medico, è membro dell'Opus», si radunano l'ultimo martedì del mese, sempre con l'assistenza spirituale di monsignor Zanin.

«In questi anni sono passate di qui quasi un'ottantina di persone: non abbiamo mai saltato un incontro in 15 anni. I ritiri, che durano un paio d'ore, incominciano nella sala, poi si passa nella cripta per la meditazione, si torna nella sala per la conversazione e quindi di nuovo nella cripta per l'esame di coscienza finale». Monsignor Ernesto ci tiene a ricordare «la vita spirituale intensa» dei membri dell'Opus (in regione c'è anche il centro di Pordenone e ci sono cinque sacerdoti, uno per provincia più due a Pordenone): meditazione, rosario e messa quotidiana, letture spirituali, circoli settimanali, ritiri e convivenze annuali.

Ma i denigratori dell'Opus hanno puntato l'indice contro quella che, negli anni '60-70 fu definita dai detrattori la "Santa mafia": troppo potente, troppo ricca, quasi una lobby. A Udine, dei fasti legati più o meno direttamente all'Opera, attraverso gli enti fondati dai suoi membri è giunta solo l'eco. Non c'è un Campus biomedico, non un centro giovanile come Elis, entrambi nella capitale, non il magnifico palazzo che a Palermo ospita i membri dell'Opera.

«A Udine non c'è nulla. Qui in Friuli siamo tra gli ultimi. So che recentemente nella sala della Fondazione Crup hanno fatto un incontro divulgativo su san Escrivà, con la proiezione di filmati e la presenza di alcune autorità. E so che un membro si interessa molto alla formazione pre-matrimoniale a San Cromazio». Certo è che, anche in Friuli, intorno all'Opus, ruotano quasi solo professionisti, tutti laureati o almeno diplomati.

Medici, forse non celebri come il chirurgo Cortesini, uno dei pochi ad aver rivelato di appartenere all'Opera, professori universitari, ma «nessun politico», assicura don Ernesto a chi gli ricorda simpatizzanti potenti come Andreotti, Cossiga, Fazio. Già, perchè l'Opera «santifica il lavoro.Tutti, professori, medici, ingegneri, possono diventare santi nel loro posto di vita».

E con lavori così remunerativi i soldi che girano sono tanti. «L'Opera viene aiutata economicamente dai suoi membri con una certa periodicità. Una volta ogni due o tre mesi danno liberamente: se uno è un riccone può dare milioni, se un poveretto, 20 o 50 euro». Vige l'ascetismo e la mortificazione: niente alcol se non a pasto, «il fumo viene accettato solo fra gli uomini», un abito dignitoso, «ormai anche i pantaloni per le donne».

E i medici con i macchinoni dove li mettiamo? «Se uno è soprannumerario (e quindi non legato al voto di castità nè alla vita in un centro ndr) è libero di comprarsi anche una macchina in più, anche se, seguendo lo spirito dell'Opera dovrebbero moderarsi anche in questo». È indulgente monsignor Zanin, anche quando si tocca il tasto "raccomandazioni". «Se uno vuole raccomandare suo figlio per un lavoro, mi pare normale che riceva un appoggio. Ma non in quanto membro dell'Opus, in quanto cristiano».

Nega però recisamente compromissioni politiche. «Sono tutti liberi di votare quello che vogliono, purché non diano il loro assenso a un partito marxista». Eppure, quando parla del dopo-canonizzazione se ne esce con un «ha letto l'articolo di D'Alema? Meraviglioso: ha detto della Chiesa cose incredibili». Proprio D'Alema Massimo il diessino, l'uomo forgiato alla scuola di partito del Pci? «Sì, lui. Come si dice, "Amicus Plato, sed magis amica veritas"».

 

 

 

Josemaría Escrivá