Il
paradiso degli innamorati
Se
è vero che ogni santo ha il suo modo di essere
santo, penso che una caratteristica saliente della personalità
di Josemaría Escrivá si può scorgere
nella consapevolezza della "necessità di annunziare"
che si fa presente in tutta la sua dottrina e in tutto
il suo operato. La sua missione consisteva nel portare
un annuncio la santità per tutti, la santità
nel bel mezzo della strada e nel renderlo comprensibile
e operativo per chiunque volesse accoglierlo. Ecco perché
i suoi insegnamenti non seguono un'esigenza di sistematicità
ma di comunicazione. Usa ogni mezzo, lettere, visite,
viaggi, persino il cinema, grazie al quale conserviamo
la sua immagine viva.
Così
in materia matrimoniale la sua sapienza teologica non
si trova racchiusa in volumi eruditi, ma in scritti a
larga diffusione, omelie, interviste e anche nel ricordo
documentato delle innumerevoli persone che
hanno avuto il privilegio di incontrarlo. Io sono stata
una di queste.
"La
strada per andare in paradiso, per te, ha il nome di tua
moglie" (o per le donne, "di tuo marito"):
frasi semplici come questa, rivolte a giovani, sposi e
genitori, hanno malgrado il tono apparentemente
romantico una profondità e un senso di novità
che spingono ad una riflessione non facile ad esaurirsi.
Con questa affermazione Josemaría Escrivá
supera l'idea che i doveri coniugali siano marginali rispetto
ai doveri verso Dio. Inizia, con queste parole, la sovrapposizione
sistematica del rapporto con Dio e con il coniuge, nel
senso che non si può più ipotizzare una
piena vita cristiana a latere di quella coniugale; che
Dio non è, in un certo senso, altro dal coniuge:
non aspetta fuori di casa o fuori dal letto matrimoniale.
Da
questa impostazione deriva una nuova luce sul matrimonio,
sull'amore umano e sulla trasmissione della vita. Una
luce che non evidenzia nuove norme ma piuttosto uno spirito
nuovo nel vivere e comprendere il valore creazionale della
vita matrimoniale. Una luce che risveglia la responsabilità
personale degli sposi, chiamati ad essere non una folla
anonima ma gli attori di una trama fondante e insostituibile
nel piano della Provvidenza: essere prima cellula d'amore
e di vita che esprime il volto del creatore.
Una
tale visione del matrimonio, come relazione umana primaria
e fondamentale e al tempo stesso come strada per giungere
all'unione con Dio, getta nuova luce anche sulla verginità
additata da Cristo come condizione di privilegio nel piano
della salvezza. Matrimonio e verginità si illuminano
così a vicenda; l'amore umano, tutt'altro che contrapposto
al "sacro" amore per Dio, è il passaggio,
la strada che normalmente conduce a Lui. E la verginità,
tutt'altro che sterile rinuncia di tono spiritualista,
è anch'essa canto d'amore della creatura che
compiendo un salto mortale sulla propria struttura ontologica
trova l'amore in presa diretta con Dio.
"Voi
donne siete psicologhe. La colpa è vostra quando
le cose non vanno bene": ecco un altra frase di Josemaría
Escrivá, un'affermazione apparentemente dura e
volutamente paradossale in cui si cela la prima proclamazione
di una speciale posizione della donna nella dinamica del
rapporto di coppia. Priorità che è stata
esplicitata poi in forma antropologicamente scientifica
da Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Mulieris
Dignitatem nel 1988.
Con
l'attribuzione di una specifica capacità psicologica
alla donna, Josemaría Escrivá intende riconoscerle
una caratteristica ontologica ricevuta dal Creatore e
legata al suo essere donna, ovvero colei che tiene dentro
di sé l'altro (uomo e figlio) e che lo sente/conosce
con tutta sé stessa; colei che ha dimestichezza
con l'"altro da sé" perché è
fatta per tenerlo in grembo; colei che "lavora"
con la vita in modo diretto e naturale.
Purtroppo
la donna dei nostri giorni ha cercato di cancellare
con una negazione psicologica, prima ancora che fattuale
questa sua inclinazione, e si pone spesso nei confronti
dell'uomo in modo tipicamente maschile: con aggressività,
con atteggiamento di chiusura. Infatti il suo no alla
maternità si risolve, nella dinamica relazionale
di coppia, come un no all'uomo.
In
tale situazione le parole del nuovo santo suonano come
un'autentica sfida per le donne, perché attraverso
quel riconoscimento ("siete psicologhe") siano
invogliate a ricercare e sarebbe tempo il
senso della femminilità, nella consapevolezza di
svolgere una ricerca non "di settore" ma di
interesse veramente universale.
"Ami
tua moglie? / Ami tuo marito? Ami anche i suoi difetti?":
è una domanda che tante volte ha posto Josemaría
Escrivá alle persone sposate. Ci troviamo di fronte
a una provocazione affettuosa e ironica, si potrebbe dire.
Veramente dietro a questa battuta c'è una profonda
valenza antropologica che illumina la portata del rapporto
di coppia nell'economia della salvezza e, in questo modo,
individua la dimensione esistenziale primaria che lega
gli esseri umani tra di loro: l'aiuto reciproco.
Sarebbe
molto comodo, e anche molto "comprensibile"
in un'epoca come la nostra, che fa del sentimento l'unico
arbitro e ingrediente dell'amore, ritenere che l'amore
è bello soltanto finché è bello,
e che se è vero che una cosa è buona finché
dà piacere e poi si cestina, è anche vero
che quando l'amore si fa "difficile", vuol dire
che non è più amore e si cambia. Ma l'essere
umano per lo meno nel piano della Creazione e della
Redenzione è l'unica cosa che non si può
cestinare: perché il Creatore lo ama come un figlio
unico e lo ha affidato ai suoi simili con la stessa intenzione.
La
capacità di vivere per davvero e per sempre l'amore
non dipenderà allora dal fato ma dalla consapevolezza
che il rapporto di coppia ha le sue spine, e dalla forte
volontà di accettarle. E' come se queste parole
di Josemaría Escrivá rendessero naturale
dire, di fronte alle difficoltà: "è
ora che ti amo davvero, ora che sei brutto e antipatico,
ora che mi fai del male, ora che mi lasci da sola... ecc.
ecc. ecc". Come se in qualche modo aiutassero a decifrare
l'identità stessa di questo mistero che è
l'amore.
L'amore
è sentimento ma è anche ragione; è
istinto ma è anche fortezza; è gioia così
immensa da dare senso anche al dolore. Gli insegnamenti
di Josemaría Escrivá sono perciò
un invito a riscoprire l'amore nella sua compiuta integrità,
come esperienza umana totale e vitale che coinvolge tutta
la persona (con tutto ciò che è e che ha).