San
Josemaría lavoratore
Quando
il 26 giugno 1975 moriva a Roma, dove viveva da quasi
trentanni, la sua Opera, lormai
famoso Opus Dei, contava già oltre sessantamila
membri di ottanta nazionalità. E sì che
tutto era iniziato con un prete di soli ventisei anni,
il 2 ottobre 1928: Josemaría Escrivá - che
oggi Giovanni Paolo II proclama santo in mezzo a una folla
immensa - in quel giorno a Madrid, dove si era trasferito
dalla diocesi di Saragozza, aveva infatti intuito con
chiarezza la nuova via sulla quale inoltrarsi, quella
appunto di un Opus Dei che non fosse solo, come questa
locuzione suggeriva nella tradizione cristiana, culto,
preghiera, contemplazione ma anche opera nella
storia, nel lavoro e nel pensiero, nel celibato e nel
matrimonio. Lapidarie erano le sue parole: «Santificare
il lavoro, santificarsi col lavoro, santificare gli altri
col lavoro».
Di
questa figura - sulla quale, soprattutto in questi giorni,
è stato detto tanto, da angolature differenti e
persino contrastanti - noi vorremmo ora abbozzare solo
un lineamento molto particolare, quello del suo approccio
con la cultura. E noto a tutti che molte personalità
dei vari settori della ricerca, della riflessione, della
scienza si riferiscono più o meno esplicitamente
allOpus Dei ed è facile che nei dialoghi
con loro affiori il rimando a un trittico di scritti del
nuovo santo che le edizioni Ares di Milano hanno raccolto
recentemente in una sorta di breviario, Cammino. Solco.
Forgia (pagg. 832, Euro 20,00). Si pensi che solo della
prima di queste operette, tutte costruite su frasi essenziali
e incisive, sono state stampate oltre quattro milioni
di copie in quarantadue lingue e quella appena citata
è la quarantaduesima edizione italiana!
Da
quellavvio madrileno fino al nostri giorni la diffusione
dellOpus Dei in ambiti culturali si è ramificata
in modo impressionante: dalla prima Accademia Dya (cioè
Derecho y arquitectura ma curiosamente lacronimo
vale anche per Diòs y audacia) del 1933 fino alla
prestigiosa università di Navarra (1952) con venti
facoltà, dalle università di Piura in Perù
e La Sabana in Colombia, da quella dellAsia e del
Pacifico nelle Filippine fino al Campus Bio-medico (facoltà
di medicina e ingegneria biologica) a Roma e soprattutto
alle innumerevoli scuole di ogni genere, grado e specializzazione,
caratterizzate da un modello personalizzato di formazione
che coinvolge fortemente i genitori e che si avvale di
raffinate strumentazioni didattiche e di originali itinerari
pedagogici.
Escrivá
non aveva un suo preciso progetto culturale, né
una sua filosofia specifica o una propria dottrina sociale
o un ideologia economica e politica. «Dovunque
può vivere una persona onesta, là troveremo
aria da respirare», affermava. Nellopera citata
Solco così egli delineava la sua visione dai contorni
molto vasti e fluidi, cattolici, universali,
come amava dire: «Ampiezza di orizzonti, e vigoroso
approfondimento di ciò che è perennemente
vivo nellortodossia cattolica; anelito retto e sano
- mai frivolezza - di rinnovare le dottrine tipiche del
pensiero tradizionale, nella filosofia e nellinterpretazione
della storia; una premurosa attenzione agli orientamenti
della scienza e del pensiero contemporanei; un atteggiamento
positivo e aperto di fronte allodierna trasformazione
delle strutture sociali e dei modi di vita» (n.
428).
Ebbene,
proprio questa assenza di perimetri molto marcati ha permesso
allOpus Dei di inserirsi in terreni spesso opachi
e resistenti ai modelli cristiani troppo rigidi o troppo
clericali. Non per nulla i laici costituiscono la prevalenza
nellistituzione (tra laltro, la Società
sacerdotale della Santa Croce per permettere 1ordinazione
presbiterale di membri laici, fu ideata solo nel 1943)
ma anche la qualità stessa dellazione e delle
attuazioni dellOpus Dei è nettamente spogliata
da riferimenti marcatamente ecclesiali. In unomelia
pronunziata proprio nel campus delluniversità
di Navarra nel 1967 il santo affermava: «Le opere
che lOpus Dei promuove come istituzione, hanno caratteristiche
eminentemente secolari: non sono opere ecclesiastiche.
Non sono rivestite di nessuna rappresentanza ufficiale
della sacra gerarchia della Chiesa. Sono opere di promozione
umana, culturale, sociale, realizzate da cittadini che
si impegnano a illuminarle con le luci del Vangelo e a
riscaldarle con lamore di Cristo».
Questa
impostazione rendeva lazione dellOpus Dei
molto più agile, meno connotata, libera da vincoli
estrinseci, persino più ardita. Decisiva in questa
linea fu lerezione dellOpera in Prelatura
personale avvenuta con Giovanni Paolo II, grande estimatore
di Escrivá (il suo portavoce Joaquín Navarro-Valls
appartiene allOpus Dei), il 28 novembre 1982. Certo
il riferimento cristiano e cattolico è sempre una
stella polare. In Cammino si dichiara che «la cultura
è mezzo e non fine (n. 345) e che «unora
di studio è unora dorazione»
(n. 335). La finalità ultima è appunto quella
della santificazione delluomo e dello stesso creato,
è la trasfigurazione del mondo. «Salveranno
questo nostro mondo continuava Escrivá
non coloro che pretendono di narcotizzare la vita dello
spirito, riducendo tutto a questioni economiche o di benessere
materiale ma coloro che hanno fede in Dio e nel destino
eterno delluomo».
Tuttavia
il metodo è stato sempre quello del fermento,
del lievito e del sale, mai della
luce ostentata o dellauto-definizione esclusiva:
«Brillare come una stella: desiderio di altezza,
dessere luce accesa nel cielo? Meglio: bruciare
come una fiaccola, nascosto, appiccando il tuo fuoco a
tutto ciò che tocchi. Questo è il tuo apostolato:
per questo sei sulla terra» (Cammino, n. 835). È
significativa limmagine con cui il santo descriveva
proprio gli uomini di cultura, spesso meno appariscenti
degli uomini di potere. Li paragonava alle nevi perenni
delle vette: sono remote e spesso non si scorgono dalla
pianura; eppure da lassù si sciolgono e scorrono,
scendendo a valle e dissetando fecondando i terreni. Ed
è solo per questa via così discreta e quotidiana
che si è efficaci: «Non vi è altra
strada, figli miei: o sappiamo trovare il Signore nella
nostra vita quotidiana, o non lo troveremo mai».