Santa
quotidianità
Alla
parete dell'anticamera c'è un quadro che raffigura
Gesù da ragazzo, mentre aiuta san Giuseppe a tagliare
alcune travi. L'arcivescovo Julián Herranz lo indica
e dice: «Quando lo guardo, penso che anche così
il Signore redimeva».
Il
presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi
ha appena finito di parlare del beato Escrivá de
Balaguer, che oggi il Papa proclamerà santo. Un'intervista
sul filo dei ricordi - lui che lo ha conosciuto personalmente
e che proprio per rispondere a un «invito»
di Balaguer venne a lavorare al Concilio come giovane
canonista, rimanendo da allora al servizio della Santa
Sede - senza però perdere di vista l'insegnamento
e l'attualità del fondatore dell'Opus Dei.
E quel quadro sembra riepilogarli perfettamente. Santificarsi
attraverso il lavoro e la vita di tutti i giorni. «Proprio
il cuore del messaggio di monsignor Escrivá»,
ricorda l'arcivescovo spagnolo, che ha 72 anni e dal 1994
è a capo del dicastero che si può considerare
come una sorta di Corte Costituzionale della Chiesa. «Egli
amava dire che questo suo insegnamento "è
vecchio come il Vangelo e, come il Vangelo, nuovo"».
In
che senso? Vecchio come il Vangelo, perché a tutti
i cristiani, senza eccezione, il Signore ha detto: "Siate
perfetti come è perfetto il Padre mio che è
nei cieli". Nuovo come il Vangelo, perché
per svariati motivi si erano col passare del tempo affievolite
nella vita dei fedeli, le esigenze ascetiche e apostoliche
insite nel Battesimo.
"Josemaría
Escrivá - disse nel 1992 il cardinale Ratzinger
- ha scosso la coscienza dei cristiani per liberarli da
questa apatia spirituale". Per lo stesso motivo il
Concilio Vaticano II sentì il bisogno di richiamare
con chiarezza la vocazione universale alla santità
nella Chiesa. Ricordo benissimo - io abitavo con lui -
con quale profonda gioia e ringraziamento al Signore monsignor
Escrivá accolse la promulgazione della Costituzione
Lumen gentium.
Ed
è una felice coincidenza che la sua canonizzazione
avvenga a 40 anni dall'inizio del Concilio. Lei che ha
avuto modo di conoscerlo personalmente, come lo descriverebbe?
Mi è stata fatta la stessa domanda quando sono
andato a deporre per il suo processo di canonizzazione.
Il presidente del tribunale mi chiese di farne una biografia
"in tre parole".
Dopo
un attimo di stupore, io risposi: "Me ne basta una
sola: innamorato!". Innamorato di Cristo, e innamorato
del mondo. Escrivá ricorda che tutti i luoghi della
quotidianità possono "trasformarsi in altrettanti
luoghi di incontro con il Signore".
Qual
è il segreto per una simile trasformazione? Egli
diceva che "c'è ; un qualcosa di santo nascosto
nelle situazioni più comuni", qualcosa che
tocca a ognuno di noi scoprire. Infatti, oltre alle speciali
chiamate alla vita sacerdotale e religiosa, Dio chiama
la generalità dei cristiani a santificarsi e a
fare apostolato nelle quotidiane realtà della vita
ordinaria degli uomini: il lavoro, la famiglia, le relazioni
sociali.
Dio
è li, in queste realtà, che sono state create
da Lui e da Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, vissute
e santificate: basta pensare agli anni della sua vita
a Nazaret. Tutte queste realtà non è che
si debbano "trasformare", nel senso di creare
una specie di "ecosistema cristiano", al margine
del resto della società: si debbono piuttosto "scoprire"
nella loro dimensione divina, come luoghi cioè
dell'incontro personale con Dio, con la sua volontà,
con il suo amore.
Cristo
non può essere confinato tra l e mura delle chiese,
dei conventi o nelle sagrestie. E Josemaría Escrivá
previene i fedeli contro la tentazione di condurre una
"specie di doppia vita". Appunto perché
Dio ha voluto che lavoro, famiglia, impegni sociali, artistici,
politici, sportivi siano occasione e mezzo di santità
e di apostolato. Eppure proprio il mondo del lavoro è
attraversato oggi da mille tensioni.
Che
cosa direbbe oggi Escrivá, di fronte a questi fenomeni?
Forse direbbe: queste "crisi mondiali" sono
"crisi di santi". Non proporrebbe soluzioni
concrete, che spettano alla libertà dei cittadini.
Ma spingerebbe fortemente a diffondere l'ideale della
santità tra imprenditori, sindacalisti, studiosi
del mondo del lavoro. E lo farebbe in modo molto concreto,
con quel suo "materialismo cristiano" del quale
parlava ogni tanto: incoraggiando tutti a cercare giuste
soluzioni concrete ai problemi reali, non solo belle parole.
Il
mondo del lavoro s ta diventando sempre più centrale
nella società, con grandi ripercussioni nella vita
familiare e nella cultura. Ci vogliono molti cristiani
che si diano da fare per umanizzare ed evangelizzare questo
mondo, dal di dentro, rispettando la giustizia - che esige
porre la dignità della persona umana al centro
di ogni ordinamento giuridico o sistema economico - e
lavorando bene, con competenza professionale e spirito
di servizio.
A
chi non lo conosce, come consiglia di avvicinarsi a questa
figura di santo dei nostri giorni? Ci sono tanti mezzi
per conoscerlo bene: i suoi libri, innanzitutto, a cominciare
da Cammino, il più conosciuto. Esistono anche varie
biografie, e segnalo in particolare Il fondatore dell'Opus
Dei, di Andrés Vázquez de Prada.
Ci
sono dei filmati che lo mostrano dal vivo. Io consiglio
anche di rivolgersi a lui nella preghiera: la mia espe
rienza è che non è di quelli che si nascondono,
anzi è sempre ben contento di poter dare una mano
a chi sollecita la sua intercessione.