Intervista
al cardinale Franz König
Secondo
il cardinale König, lannuncio che nulla si
oppone più alla canonizzazione del beato Josemaría
Escrivá, fondatore dellOpus Dei, significa
che Escrivá appartiene ormai al tesoro della
Chiesa, di cui fa parte. König ha conosciuto
e frequentato il fondatore dellOpus Dei e in un
certo senso è un testimone deccezione intorno
alla persona di Escrivá.
D
- Durante il lungo periodo in cui è stato a capo
dellarcidiocesi di Vienna, lei ha compiuto la riconciliazione
della Chiesa austriaca con la socialdemocrazia, è
stato un pioniere della Ostpolitik del Vaticano
e inoltre è stato lei che nel 1957 ha accolto a
Vienna lOpus Dei. Che ricordi conserva di quei tempi?
R
- Ricordo che nel 1957 venne a trovarmi un giovane sacerdote
che in Spagna era stato un medico e un grande atleta:
un catalano, di nome Joaquín Francés, che
mi parlò di una istituzione fondata in Spagna e
mi disse che era venuto per diffonderne in Austria le
intuizioni più importanti. Allora ero molto interessato
allapostolato dei laici nella Chiesa, unidea
che più tardi, con il Concilio Vaticano II, è
entrata a far parte del magistero della Chiesa.
D
- E prima?
R
- Quando seppi che Francés era stato campione nazionale
di tuffi, pensai: Fantastico; la Chiesa non sarà
presente solo nella cattedrale di Santo Stefano, ma anche
nello sport. Da allora lOpus Dei lavora in
Austria e si è estesa in modo considerevole.
D
- Come ha conosciuto il fondatore dellOpus Dei?
R
- Conobbi il beato Escrivá a Roma durante il Concilio
Vaticano II. Mi avevano detto che valorizzava il ruolo
del laico nella vita quotidiana, nelle professioni, per
fare in modo che la Chiesa operasse nel mondo attraverso
i laici, senza colletti clericali o fasce episcopali.
Era
un uomo che, a mio modo di vedere, faceva trasparire una
straordinaria grandezza di spirito. Si interessava al
Concilio, seppi che viaggiava molto e che era interessato
allapostolato dei laici. Parlava molto di quello
che succedeva in tutto il mondo, e mi accorsi ben presto
che lì cera una Chiesa viva.
D
- Escrivá era cresciuto in una società molto
clericalizzata, dove i laici nella Chiesa erano elementi
passivi. Come si spiega che in quella situazione sorgesse
un carisma di questo tipo?
R
- Io direi che esisteva un sostrato umano sul quale agì
lo Spirito Santo. Egli aveva molti contatti con i giovani
universitari e si era reso conto che esistevano due mondi
separati, la vita religiosa e la vita professionale, che
in realtà avrebbero dovuto camminare uniti.
Ciò
che allora Escrivá predicava era una novità
assoluta; però, malgrado queste idee si trovino
oggi nei documenti del Magistero della Chiesa, sono ancora
recepiti lentamente.
Come
sempre, quando sorge qualcosa di nuovo, immediatamente
appare un certo scetticismo. La gente si domanda: Che
vogliono? Chi sono? Che cosa cè dietro?.
Nella storia sono nati molti movimenti promettenti che
poi sono svaniti o sono finiti con lassumere un
carattere settario. Non è facile farsi apprezzare
dalle persone che tendono al dubbio negativo. Ci vuole
tempo e pazienza. E lOpus Dei, prima di trovare
un suo posto nella Chiesa, ha sperimentato sulla propria
pelle ciò che questo significa.
D
- Qualche parola sulla canonizzazione: molta gente oggi
non sa che cosa significa esattamente...
R
- Io mi rallegro per tutti i nuovi santi che sono canonizzati.
La canonizzazione significherà che Escrivá
non è una figura strana, da emarginare, ma che
fa parte del tesoro della Chiesa e della moltitudine dei
santi.
D
- Si riconosce che lOpera si è estesa e ha
messo radici non solo in Austria, ma nella Chiesa. Ha
trovato una sua collocazione nella Chiesa?
R
- Sì, naturalmente questa è la mia impressione.
Noto che la stampa cattolica informa regolarmente sullOpus
Dei. Non si protesta più e non ci sono più
voci negative, gente che dice: Quello che lOpus
Dei fa non si può fare così, oppure
E troppo chiuso. Sono cose passate.
Il pensiero del fondatore sta cominciando a radicarsi.