La
spiritualità dell'Opus Dei non è una novità:
ha la sua origine negli insegnamenti del Vangelo. La novità
dell'Opus Dei sta nell'introdurre questa spiritualità
in un mondo che la ha dimenticata: un mondo che molto
tempo fa ha perso il contatto con i contenuti del Nuovo
Testamento.
Non
è solamente necessario richiamare alla mente il
messaggio del Vangelo ma anche rimuovere la coltre che
ha nascosto il suo messaggio per secoli: "Tu hai
l'obbligo di santificarti. Sì, anche tu! Chi pensa
che questo sia un compito esclusivo di preti e religiosi?
A tutti, senza eccezioni, Nostro Signore ha detto: 'Siate
perfetti, come perfetto è il Padre nei cieli"
(Cammino, n. 291).
Il
pensiero ecclesiastico contemporaneo, quasi completamente
"clericalizzato", era naturalmente opposto alla
"secolarizzazione" del concetto di santità:
la secolarizzazione era vista come un abbandono della
spiritualità cristiana. Il beato Josemarí
disse che questi zelanti difensori dello spirito "...
si è voluto presentare la vita cristiana come qualcosa
di esclusivamente "spirituale" - spiritualista,
voglio dire -, riservato a gente "pura", eccezionale,
che non si mescola alle cose spregrvoli di questo mondo,
o tutt'al più le tollera come una cosa a cui lo
spirito è necessariamente giustapposto, finché
viviamo sulla terra".
"Quando
si ha questa visione delle cose, il tempio diventa il
luogo per antonomasia della vita cristiana; essere cristiano
vuol dire allora andare nel tempio, partecipare alle cerimonie
sacre, abbarbicarsi ad una sociologia ecclesiastica, in
una specie di "mondo" a parte, che si spaccia
per l'anticamera del cielo, mentre il mondo comune va
per la sua strada" (Conversazioni con mons. Escrivá,
n. 113).
Ma
il beato Josemaría non solo richiama ad un rifiuto
di questa "spiritualizzazione" della vita cristiana.
Va oltre, affermando "l'alto valore del materiale",
presentando l'idea di un materialismo cristiano: "Il
senso cristiano autentico - che professa la risurrezione
della carne - si è sempre opposto, come è
logico, alla disincarnazione, senza tema di essere tacciato
di materialismo. E' consentito, pertanto, parlare di un
materialismo cristiano, che si oppone audacemente ai materialismi
chiusi allo spirito". (ibidem, n. 115).
"A
quegli universitari e a quegli operai che mi seguivano
verso gli anni Trenta, io solevo dire che dovevano saper
materializzare la vita spirituale. Volevo allontanarli
in questo modo dalla tentazione - così frequente
allora, e anche oggi - di condurre una specie di doppia
vita: da una parte, la vita interiore, la vita di relazione
con Dio; dall'altra, come una cosa diversa e separata,
la vita familiare, professionale e sociale, fatta tutta
di piccole realtà terrene".
No,
figli miei! Non ci può essere una doppia vita,
non possiamo essere come degli schizofrenici, se vogliamo
essere cristiani: vi è una sola vita, fatta di
carne e di spirito, ed è questa che dev'essere
- nell'anima e nel corpo - santa e piena di Dio: questo
Dio invisibile lo troviamo nelle cose più visibili
e materiali". (ibidem, n. 114)
Può
darsi che la novità essenziale degli insegnamenti
di Escrivá si trovi in questa sintesi di visibile
e invisibile. Scoprire lo spirituale nel materiale altro
non è che la "vita contemplativa nel mondo".
Il beato Josemaría ha costantemente predicato il
messaggio del Nuovo Testamento, un messaggio che il mondo
è stato incapace di ascoltare.
A
partire dalla seconda metà del secolo scorso, l'intellighenzia
non credente russa ha cominciato a parlare insistentemente
del tema del lavoro. L'entusiasmo dell'intellighenzia
per le persone era soprattutto un entusiasmo per il loro
lavoro. Si nota questo tipo di entusiasmo nelle opere
di Nekrasov, Tolstoy, Chekhov, Uspensky, Dobroliubov e
molti altri. "Il mondo di Dio è buono",
ha scritto Chekhov, "una sola cosa è cattiva:
noi stessi... Dobbiamo lavorare, e dimenticare tutto il
resto".
Nella
coscienza dei rappresentanti dell'intellighenzia russa
del 19° secolo, il lavoro è giunto ad essere
visto come un alto ideale, una condizione necessaria per
la felicità umana, un elemento importante nella
società umana perfetta...
Come
era visto il problema della santificazione del lavoro
e della perfezione cristiana nel mondo dagli intellettuali
cristiani russi, dai monaci e dagli ecclesiastici? Prendiamo
ad esempio Staretz Zosim che un giorno disse a Alyosha
Karamazov: "Il tuo posto non è più
qui. Ti benedico affinché tu possa santificarti
nel mondo. Dovrai viaggiare molto e sposarti. Avrai molto
da fare. Non ho dubbi su di te, e perciò ti sto
mandando. Cristo è con te. Prenditi cura di Lui
e Lui si prenderà cura di te. Cerca la felicità
nel dolore. Lavora, lavora senza riposare...".
Qui
vediamo un chiaro esempio di quanto il beato Josemaría
incominciò a insegnare molti anni dopo. Santificazione
nel mondo, santificazione nel matrimonio, gioia nelle
difficoltà della vita, e finalmente, la necessità
di lavorare senza smettere, con dedizione. Tutto questo
coincide con i principi fondamentali dello spirito dell'Opus
Dei.
Un'altra
cosa, comunque, è che Alyosha abbandona il monastero
per il mondo secondo la direzione dello Staretz e che
alla fine di questo cammino per il mondo ritorna al monastero
come effetto di un "boomerang monastico". Questo
è molto lontano dalla spiritualità dell'Opus
Dei e dalla sua "mentalità laicale",
ma per la Russia del secolo scorso, dove la santità
monastica era considerata praticamente come l'unica strada
per la salvezza, questo era un modo di pensare caratteristico.
Secondo
Escrivá, il "segreto" dell'Opus Dei non
è il lavoro ma la preghiera. "Se non sei un
uomo di preghiera, non credo nella sincerità della
tua intenzione quando dici di lavorare per Cristo"
(Cammino, n. 109). Perciò i membri dell'Opus Dei
cercano di trasformare il loro lavoro in preghiera. Secondo
Escrivá il lavoro compiuto con perfezione, offerto
a Dio e fatto alla presenza di Dio, è preghiera:
"Un'ora di studio, per un moderno apostolo, è
un'ora di preghiera" (ibidem, n. 335).
La
"spiritualizzazione" della materia, l'amore
per il mondo, una prospettiva laica sono concetti importanti
per comprendere la spiritualità dell'Opus Dei.
Credendo
in Cristo, l'uomo partecipa alla creazione trasfigurata.
Questa è la fonte di una concezione del mondo piena
di ottimismo, confidenza, amore. "Un uomo che sa
che il mondo, e non solo la Chiesa, è il luogo
dove trova Cristo, ama questo mondo". (Conversazioni,
n. 116)
In
questo mondo che è stato trasfigurato dalla risurrezione
di Cristo, coloro che credono sono già compenetrati
dalla luce del Tabor, partecipano alla vita eterna. Coloro
che non accettano tutte le conseguenze della risurrezione
o dell'incarnazione di Cristo rifiutano il mondo. "Il
senso cristiano autentico - che professa la risurrezione
della carne - si è sempre opposto, come è
logico, alla disincarnazione, senza tema di essere tacciato
di materialismo. È consentito, pertanto, parlare
di un materialismo cristiano, che si oppone audacemente
ai materialismi chiusi allo spirito". (ibidem, n.
115,1).