Perché
è sorto l'Opus Dei?
Intervista raccolta da Peter Forbath, corrispondente
di Time (New York), il 15/04/1967.
D
- Vorrebbe spiegare la missione centrale e gli obiettivi
dell'Opus Dei? Si è ispirato a qualche precedente
nell'ideare l'Opera, oppure essa è qualcosa di
totalmente nuovo nella Chiesa e nella cristianità?
Lo si può paragonare agli ordini religiosi e agli
istituti secolari, o ad associazioni cattoliche del tipo
della Holy Name Society, per esempio, dei Cavalieri di
Colombo, del Christopher Movement, ecc.?
R
- L'Opus Dei si propone di promuovere fra le persone di
tutti i ceti della società la ricerca della santità
cristiana in mezzo al mondo. Vale a dire, l'Opus Dei intende
aiutare ogni persona che vive nel mondo - l'uomo comune,
l'uomo della strada - a condurre una vita pienamente cristiana,
senza dover cambiare il suo modo di vita quotidiana, né
il suo lavoro abituale, né i propri ideali o aspirazioni.
Pertanto,
con una frase che scrissi molti anni fa, si può
dire che l'Opus Dei è vecchio come il Vangelo e
nuovo come il Vangelo. Si tratta di ricordare ai cristiani
quel concetto meraviglioso che si legge nella Genesi e
cioè che Dio creò l'uomo "perché
lavorasse". Ci siamo ispirati all'esempio di Cristo,
che trascorse quasi tutta la sua vita terrena lavorando
come artigiano in un villaggio. Il lavoro non è
soltanto uno dei valori umani più alti e un mezzo
con cui gli uomini debbono contribuire al progresso della
società: è anche cammino di santificazione.
A
quali altre organizzazioni - mi domanda - potremmo paragonare
l'Opus Dei? Non è facile rispondere, perché
quando si cerca di far confronti tra organizzazioni a
fini spirituali, si corre il rischio di fermarsi ai tratti
esterni o alle denominazioni giuridiche, dimenticando
ciò che è più importante: lo spirito
che è la vita e la ragion d'essere di tutta l'attività.
Mi
limiterò a dirle, riferendomi alle istituzioni
che ha menzionato, che l'Opus Dei è molto lontano
dagli ordini religiosi e dagli istituti secolari, e più
vicino a istituzioni come la Holy Name Society.
L'Opus
Dei è un'organizzazione internazionale di laici
alla quale appartengono anche sacerdoti secolari (un'esigua
minoranza rispetto al totale dei soci). I soci dell'Opera
sono persone che vivono nel mondo, dove esercitano la
loro professione o il loro mestiere. Aderendo all'Opus
Dei, non lo fanno per abbandonare il lavoro, ma, al contrario,
per cercare un aiuto spirituale per santificare il proprio
lavoro ordinario, trasformandolo anche in mezzo per santificarsi
e aiutare gli altri a santificarsi.
Essi
non cambiano di stato - continuano a essere celibi, sposati,
vedovi o sacerdoti -, ma cercano di servire Dio e gli
altri uomini nel proprio stato. All'Opus Dei non interessano
né voti né promesse; ciò che chiede
ai suoi soci è che, pur con le deficienze e gli
errori propri di ogni vita umana, si sforzino di praticare
le virtù umane e cristiane, sapendosi figli di
Dio.
Se
si vuoi fare un paragone, il modo più facile per
capire l'Opera è di pensare alla vita dei primi
cristiani. Essi vivevano a fondo la loro vocazione cristiana;
cercavano seriamente la perfezione alla quale erano chiamati
per il fatto, semplice e sublime, di aver ricevuto il
Battesimo.
Non
si distinguevano esteriormente dagli altri cittadini.
I soci dell'Opus Dei sono persone comuni; svolgono un
lavoro qualsiasi; vivono in mezzo al mondo come realmente
sono: cittadini cristiani che vogliono corrispondere in
pieno alle esigenze della loro fede.
D
- Mi permetta di insistere sulla questione degli istituti
secolari. Ho letto uno studio di un noto canonista, il
prof. Julian Herranz, in cui si afferma che alcuni di
questi istituti sono segreti e che molti altri si identificano
praticamente con gli ordini religiosi - vestendo un abito
determinato, abbandonando il lavoro professionale per
dedicarsi agli stessi fini cui si dedicano i religiosi,
ecc. - fino al punto che i loro membri non hanno inconvenienti
a considerarsi dei veri religiosi. Che cosa pensa su tale
argomento?
R
- Lo studio sugli istituti secolari al quale lei si
riferisce ha avuto effettivamente un'ampia diffusione
fra gli specialisti. Il prof. Herranz, sotto la sua personale
responsabilità, formula una tesi ben documentata;
circa le conclusioni di questo lavoro, preferisco non
fare commenti.
Voglio
solo dirle che le caratteristiche a cui accennava non
hanno niente a che vedere con l'Opus Dei, che non è
segreto e che, per la sua attività e per la vita
dei suoi soci, non è in alcun modo paragonabile
ai religiosi, perché i soci dell'Opus Dei sono,
ripeto, comuni cittadini uguali agli altri, che esercitano
liberamente ogni tipo di professione e ogni attività
umana onesta.
D
- Vorrebbe descrivere come si è sviluppato e come
si è evoluto l'Opus Dei dopo la fondazione, sia
riguardo alle sue caratteristiche che ai suoi obiettivi,
in un periodo che è stato testimone di un enorme
cambiamento all'interno di tutta la Chiesa?
R
- Fin dal primo momento l'unico obiettivo dell'Opus
Dei è stato quello che ho già descritto:
contribuire a far sì che vi siano in mezzo al mondo
uomini e donne di ogni razza e condizione sociale, che
cerchino di amare e di servire Dio e gli uomini nel loro
lavoro ordinario e per mezzo di esso.
Dall'inizio
dell'Opera, nel 1928, la mia predicazione è stata
questa: la santità non è un privilegio di
pochi, perché possono essere divini tutti i cammini
della terra, tutte le condizioni di vita, tutte le professioni,
tutte le occupazioni oneste.
Le
implicazioni di questo messaggio sono molte e l'esperienza
della vita dell'Opera mi ha aiutato a conoscerle con sempre
maggior profondità e ricchezza di sfumature. L'Opera
è nata piccola ed è cresciuta normalmente,
in modo graduale e progressivo, come cresce un organismo
vivo, come tutto ciò che si sviluppa nella storia.
Ma
il suo obiettivo e la sua ragion d'essere non sono cambiati
e non cambieranno per quanto possa cambiare la società,
perché il messaggio dell'Opus Dei è che
si può santificare ogni lavoro onesto, quali che
siano le circostanze in cui si svolge.
Oggi
fanno parte dell'Opera persone di tutte le professioni:
non solo medici, avvocati, ingegneri e artisti, ma anche
muratori, minatori, contadini. Tutte le professioni, dunque:
dai registi cinematografici e dai piloti di reattori alle
parrucchiere di alta moda. Per i soci dell'Opus Dei essere
aggiornati, comprendere il mondo moderno è qualcosa
di naturale e di istintivo, perché sono essi -
con gli altri cittadini e uguali a loro - che fanno nascere
questo mondo e gli conferiscono modernità.
Essendo
questo lo spirito della nostra Opera, comprenderà
che è stata una grande gioia per noi vedere che
il Concilio ha dichiarato solennemente che la Chiesa non
respinge il mondo in cui vive, né il suo progresso
e sviluppo, ma lo comprende e lo ama.
Del
resto, è una caratteristica centrale della spiritualità
che i soci dell'Opera si sforzano di vivere - da ormai
quarant'anni -, la consapevolezza di essere allo stesso
tempo parte della Chiesa e dello Stato: ciascuno si assume
quindi completamente, con libertà piena, la propria
responsabilità individuale di cristiano e di cittadino.
D
- Potrebbe descrivere le differenze che ci sono tra il
modo in cui l'Opus Dei, in quanto tale, compie la propria
missione, e il modo in cui i soci dell'Opus Dei, in quanto
individui, realizzano i propri impegni? Per esempio, quali
criteri influiscono nel considerare più opportuno
che un progetto - un collegio universitario o una casa
di ritiri - sia realizzato dall'Opera, e un altro - un'impresa
editoriale o commerciale - da persone singole?
R
- L'attività principale dell'Opus Dei consiste
nel dare ai suoi soci, e a tutte le persone che lo desiderano,
i mezzi spirituali necessari per vivere da buoni cristiani
in mezzo al mondo. Pertanto l'Opera fa loro conoscere
la dottrina di Cristo e gli insegnamenti della Chiesa;
infonde in loro uno spirito che li spinge a lavorare bene,
per amore di Dio e al servizio di tutti gli uomini. In
poche parole, li aiuta a comportarsi da cristiani: a convivere
con tutti, a rispettare la legittima libertà di
tutti e a fare che questo nostro mondo sia più
giusto.
Ogni
socio si guadagna da vivere e serve la società
con la stessa professione che aveva prima di aderire all'Opus
Dei o che eserciterebbe anche se non appartenesse all'Opera.
E così alcuni sono minatori, altri insegnanti in
scuole o università, altri sono commercianti, casalinghe,
segretarie, contadini.
Non
c'è nessuna attività umana onesta che un
socio dell'Opus Dei non possa esercitare. Per fare un
caso concreto, uno che prima di appartenere alla nostra
Opera lavorava in un'attività editoriale o commerciale,
continua a farlo in seguito. E se a motivo di questo lavoro
o di altro, cerca un nuovo impiego, o decide, con i propri
colleghi di professione, di fondare una qualsiasi impresa,
sarà lui a decidere liberamente, accettando personalmente
i risultati della sua attività e rispondendone
anche di persona.
Tutta
l'azione dei dirigenti dell'Opus Dei si fonda sul più
delicato rispetto della libertà professionale dei
soci: questo è un punto di capitale importanza,
dal quale dipende l'esistenza stessa dell'Opera, e che
pertanto viene osservato con fedeltà assoluta.
Ogni socio può lavorare professionalmente negli
stessi settori che avrebbe scelto se non appartenesse
all'Opus Dei; in tal modo, né l'Opus Dei in quanto
tale, né gli altri soci hanno nulla a che vedere
con il lavoro professionale di un determinato socio.
Ciò
a cui i soci si impegnano, vincolandosi all'Opera, è
di promuovere la ricerca della santità cristiana,
valendosi del proprio lavoro come occasione e mezzo di
santificazione, e maturando una chiara coscienza del carattere
di servizio all'umanità che deve avere ogni vita
cristiana.
La
missione principale dell'Opera - come ho già accennato
- è quindi di formare cristianamente i suoi soci
e le altre persone che desiderano ricevere formazione.
Il desiderio di contribuire a risolvere i problemi che
riguardano la società e ai quali tanto può
apportare l'ideale cristiano, induce inoltre l'Opera in
quanto tale, come istituzione, a svolgere alcune attività
e a promuovere iniziative.
Il
criterio in questo campo è che l'Opus Dei, che
ha fini esclusivamente spirituali, possa realizzare solo
attività che costituiscono in modo chiaro e immediato
un servizio cristiano, un apostolato. Sarebbe assurdo
pensare che l'Opus Dei in quanto tale si possa dedicare
a estrarre carbone dalle miniere o a promuovere una qualsiasi
impresa di tipo economico. Le sue opere proprie sono tutte
attività direttamente apostoliche: scuole per la
formazione dei contadini, ambulatori medici in zone di
sottosviluppo, centri per la promozione sociale della
donna, ecc. Vale a dire, opere assistenziali, educative
o di beneficenza, come quelle che sogliono realizzare
in tutto il mondo istituzioni di qualunque confessione
religiosa.
Per
portare avanti queste iniziative ci si basa in primo luogo
sul lavoro personale dei soci, che a volte si dedicano
ad esse a tempo pieno. E si conta anche sull'aiuto generoso
di tante persone, cristiane o no. Alcuni si sentono spinti
a collaborare per ragioni spirituali; altri, pur non condividendo
i fini apostolici, perché vedono che si tratta
di iniziative a beneficio della società, aperte
a tutti, senza discriminazioni di razza, di religione,
o di ideologia.
D
- Tenendo conto che ci sono soci dell'Opera nei più
diversi strati della società, e che alcuni di essi
lavorano od occupano posti direttivi in aziende e in gruppi
di una certa importanza, si può pensare che l'Opus
Dei intenda coordinare queste attività secondo
qualche linea politica, economica, ecc.?
R
- Niente affatto. L'Opus Dei non interviene per nulla
in politica; è assolutamente estraneo a qualsiasi
tendenza o gruppo o regime politico, economico, culturale,
o ideologico.
I
suoi fini - ripeto - sono esclusivamente spirituali e
apostolici. Dai suoi soci esige solo che vivano da cristiani,
che si sforzino di modellare la propria vita sugli ideali
evangelici. Non si immischia, perciò, in alcun
modo nelle questioni temporali.
Se
qualcuno non capisce tutto ciò, è forse
perché non capisce la libertà personale,
o non riesce a distinguere tra i fini esclusivamente spirituali
per i quali si associano i soci dell'Opera, e il vastissimo
campo delle attività umane - l'economia, la politica,
la cultura, l'arte, la filosofia, ecc. - in cui i soci
dell'Opus Dei godono di piena libertà e lavorano
sotto la propria responsabilità.
Fin
dal primo momento in cui si avvicinano all'Opera, tutti
i soci conoscono bene la realtà della propria libertà
individuale; e in tal modo, se per ipotesi uno di loro
cercasse di far pressione sugli altri imponendo le proprie
opinioni in materia politica, o volesse servirsi di loro
per interessi umani, gli altri si ribellerebbero e lo
espellerebbero immediatamente.
Il
rispetto della libertà dei suoi soci è condizione
essenziale per la vita stessa dell'Opus Dei. Se mancasse,
nessuno aderirebbe all'Opera. Dirò di più.
Se si dovesse verificare un'intromissione dell'Opus Dei
in politica, o in qualunque altro campo delle attività
umane - il che non è mai successo, non succede
e, con l'aiuto di Dio, non succederà mai - il primo
nemico dell'Opera sarei io.
D
- L'Opus Dei insiste sulla libertà dei soci di
esprimere le loro legittime convinzioni. Riprendendo il
discorso da un altro punto di vista, fino a che punto
lei pensa che l'Opus Dei sia moralmente obbligato a esprimere
opinioni su questioni cruciali secolari e spirituali,
pubblicamente o in privato? Ci possono essere situazioni
in cui l'Opus Dei ponga la sua influenza e quella dei
suoi soci a difesa dei princìpi che considera sacri,
come per esempio, recentemente, in appoggio alla legislazione
sulla libertà religiosa in Spagna?
R
- Nell'Opus Dei cerchiamo sempre e in tutte le cose di
sentire con la Chiesa di Cristo: non abbiamo altra dottrina
che quella insegnata dalla Chiesa per tutti i fedeli.
L'unica cosa peculiare che abbiamo è una spiritualità
propria, caratteristica dell'Opus Dei, vale a dire un
modo determinato di vivere il Vangelo, santificandoci
nel mondo ed esercitando l'apostolato per mezzo del lavoro
professionale.
Ne
viene, come conseguenza immediata, che tutti i soci dell'Opera
hanno la stessa libertà degli altri cattolici nel
formare autonomamente le loro opinioni, e per agire di
conseguenza. Pertanto l'Opus Dei come tale non può
e non deve esprimere un'opinione propria, né la
può avere.
Se
si tratta di una questione sulla quale c'è una
dottrina definita dalla Chiesa, l'opinione di ciascun
socio dell'Opera sarà quella dottrina. Se invece
si tratta di una questione su cui il Magistero - il Papa
e i Vescovi - non si sono pronunciati, ogni socio dell'Opus
Dei avrà e sosterrà liberamente l'opinione
che gli sembri migliore e agirà di conseguenza.
In
altre parole, il principio che regola l'atteggiamento
dei dirigenti dell'Opus Dei è il rispetto della
libertà di scelta nelle cose temporali. Il che
è cosa ben diversa dall'astensionismo, in quanto
si tratta di porre ciascun socio davanti alle proprie
responsabilità, invitandolo ad assumerle secondo
coscienza, e impegnandosi liberamente. Pertanto non ha
senso riferirsi all'Opus Dei quando si sta parlando di
partiti, di gruppi o tendenze politiche o, in generale,
di occupazioni e imprese umane; anzi è cosa ingiusta
e al limite della calunnia, perché può indurre
all'errore di dedurre falsamente che i soci dell'Opera
sostengano collegialmente qualche ideologia, mentalità
o interesse temporale.
Certamente
i soci sono cattolici, e cattolici che cercano di essere
coerenti con la propria fede. È così che
li si può qualificare, se si vuole, a condizione
di avere ben presente il fatto che essere cattolici non
significa formar gruppo, neanche in campo culturale o
ideologico né, a maggior ragione, in quello politico.
Dall'inizio
dell'Opera, e non solo dopo il Concilio, abbiamo cercato
di vivere un cattolicesimo aperto, che difende la legittima
libertà delle coscienze, spinge a trattare con
carità fraterna tutti gli uomini, siano o no cattolici,
e a collaborare con tutti facendoci partecipi dei molteplici
e nobili ideali che muovono l'umanità.
Facciamo
un esempio. Di fronte al problema razziale degli Stati
Uniti, ogni socio dell'Opera terrà conto degli
insegnamenti chiari della dottrina cristiana sull'uguaglianza
di tutti gli uomini e sull'ingiustizia di qualsiasi discriminazione.
Conoscerà anche e si sentirà sollecitato
dalle direttive concrete dei Vescovi americani su questo
tema.
Difenderà
pertanto i legittimi diritti di tutti i cittadini e si
opporrà a qualunque situazione o progetto discriminatorio.
Avrà presente, inoltre, che per un cristiano non
è sufficiente rispettare i diritti degli altri
uomini, ma che bisogna vedere, in tutti, dei fratelli
ai quali dobbiamo un amore sincero e un servizio disinteressato.
Nella
formazione che l'Opus Dei dà ai suoi soci si insisterà
su queste idee più in America che in altri Paesi
in cui questo problema particolare non si presenta o si
presenta con minore urgenza. Quello che l'Opus Dei non
farà mai, è proporre, o anche soltanto suggerire,
una soluzione concreta del problema.
La convenienza di appoggiare un progetto di legge o un
altro, di iscriversi a un'associazione o a un'altra -
o di non iscriversi a nessuna -, di partecipare o di non
partecipare a una determinata manifestazione, è
cosa che deciderà ciascun socio. E di fatto, si
vede ovunque che i soci non agiscono in blocco, ma secondo
un logico pluralismo.
Questi
stessi criteri spiegano il fatto che tanti spagnoli soci
dell'Opus Dei siano favorevoli al progetto di legge sulla
libertà religiosa nel loro paese, così come
è stato presentato recentemente. Si tratta ovviamente
di una scelta personale, come altrettanto personale è
l'opinione di coloro che criticano questo progetto. Ma
tutti hanno imparato dallo spirito dell'Opera ad amare
la libertà e a comprendere gli uomini di tutte
le credenze. L'Opus Dei è la prima istituzione
cattolica che, fin dal 1950, con l'autorizzazione della
Santa Sede, ammette come cooperatori i non cattolici e
i non cristiani, senza alcuna discriminazione, con amore
per tutti.
D
- Senza dubbio, lei sa che in alcuni settori dell'opinione
pubblica l'Opus Dei ha la fama di essere in un certo modo
discusso. Potrebbe darmi il suo parere sul perché
di questo fatto, e specialmente su come si risponde all'accusa
di "segreto di cospirazione" e di "cospirazione
segreta", che spesso si rivolge all'Opera?
R
- Mi dà molto fastidio tutto ciò che può
sembrare autoesaltazione. Ma visto che lei introduce il
tema, non posso evitare di dirle che mi sembra che l'Opus
Dei sia una delle organizzazioni cattoliche che ha più
amici in tutto il mondo. Milioni di persone, e molti non
cattolici e non cristiani, lo amano e lo aiutano.
D'altra
parte, l'Opus Dei è un'organizzazione spirituale
e apostolica. Se si dimentica questo dato fondamentale
- e se non si vuole credere nella buona fede dei soci
dell'Opus Dei che lo affermano - risulta impossibile capire
quello che fanno. Di fronte all'impossibilità di
comprendere, si inventano versioni complicate e segreti
che non sono mai esistiti.
Lei
parla di accusa di segreto. È una storia ormai
vecchia. Potrei narrarle, punto per punto, l'origine storica
di questa accusa calunniosa. Per molti anni, una potente
organizzazione, di cui preferisco non parlare - l'amiamo
e l'abbiamo sempre amata - si è dedicata a falsificare
quello che non conosceva. Si ostinavano a considerarci
religiosi e si domandavano: perché non pensano
tutti allo stesso modo? perché non portano abito
o distintivo? E traevano l'illogica conseguenza che noi
costituissimo una società segreta.
Tutto
questo è passato, e oggi una persona appena appena
informata sa che non c'è alcun segreto. Non portiamo
segni distintivi perché non siamo religiosi, ma
comuni cristiani. Non pensiamo allo stesso modo, perché
ammettiamo il massimo pluralismo in tutte le cose temporali
e nelle questioni teologiche di libera discussione. Una
migliore conoscenza della realtà, e un superamento
di gelosie infondate, hanno permesso di chiudere questa
triste e calunniosa vicenda.
Non
c'è tuttavia da meravigliarsi che ogni tanto qualcuno
voglia risuscitare i vecchi miti: poiché cerchiamo
di lavorare per Dio e difendiamo la libertà personale
di tutti gli uomini, avremo sempre contro i settari, nemici
della libertà, a qualunque schieramento appartengano,
tanto più aggressivi se sono persone che non possono
sopportare neanche la semplice idea di religione, o peggio,
se si appoggiano a un pensiero religioso di tipo fanatico.
Ciò
nonostante, sono maggioranza - grazie a Dio - le pubblicazioni
che non si accontentano di ripetere cose vecchie e false,
e che sanno bene che essere imparziali non vuol dire diffondere
una notizia che sta a metà strada tra realtà
e calunnia, ma sforzarsi di rispecchiare la verità
oggettiva.
Personalmente
penso che fa notizia anche dire la verità, specialmente
quando si tratta di informare sull'attività di
tante persone che, appartenendo all'Opus Dei o collaborando
con esso, si sforzano, nonostante i loro difetti - ne
ho io e non mi meraviglio che ne abbiano anche gli altri
- di realizzare un compito di servizio per il bene di
tutti gli uomini.
Smontare
un falso mito è sempre interessante. Ritengo che
sia un grave obbligo del giornalista documentarsi bene,
e aggiornare le sue informazioni, anche se ciò
richiede a volte di modificare i giudizi emessi in precedenza.
È poi così diffìcile ammettere che
una cosa sia pulita, nobile e buona, senza mescolarvi
assurde, vecchie e screditate menzogne?
Informarsi
sull'Opera è molto semplice. In tutti i Paesi essa
lavora alla luce del sole, con il riconoscimento giuridico
delle autorità civili ed ecclesiastiche. Sono perfettamente
conosciuti i nomi dei suoi dirigenti e delle sue opere
apostoliche. Chiunque desideri informazioni sulla nostra
Opera, può ottenerle senza difficoltà, mettendosi
in contatto con i dirigenti o rivolgendosi a qualche nostra
opera apostolica.
Lei
stesso può essere testimone del fatto che nessuno
dei dirigenti dell'Opus Dei o delle persone che curano
i rapporti con i giornalisti ha mai trascurato di facilitarne
il compito informativo, rispondendo alle loro domande
o fornendo la documentazione adeguata.
Né
io né alcuno dei soci dell'Opus Dei pretendiamo
che tutti ci comprendano o condividano i nostri ideali
spirituali. Sono molto amico della libertà e mi
piace che ciascuno segua la sua strada. Ma è evidente
che abbiamo il diritto elementare di essere rispettati.
D
- Come spiega l'enorme successo dell'Opus Dei e con quali
criteri lei misura questo successo?
R
- Quando un'impresa è soprannaturale, importano
poco il successo o l'insuccesso, così come solitamente
vengono intesi. Già san Paolo diceva ai cristiani
di Corinto che nella vita spirituale quello che interessa
non è il giudizio degli altri, né il proprio,
ma quello di Dio.
Certamente
l'Opera oggi è estesa in tutto il mondo: vi appartengono
uomini e donne di una settantina di nazionalità.
Pensando a questo fatto, io stesso mi sorprendo. Non vi
trovo alcuna spiegazione umana; vi trovo soltanto la volontà
di Dio, poiché "lo Spirito soffia dove vuole",
e si serve di chi vuole per realizzare la santificazione
degli uomini. Tutto questo è per me motivo di ringraziamento,
di umiltà e di supplica a Dio perché mi
aiuti sempre a servirlo.
Mi domanda anche qual è il criterio con cui misuro
e giudico le cose. La risposta è molto semplice:
santità, frutti di santità.
L'apostolato
più importante dell'Opus Dei è quello che
ogni socio realizza con la testimonianza della propria
vita e con la sua parola, nei rapporti abituali con amici
e colleghi di professione. Chi può misurare l'efficacia
soprannaturale di questo apostolato silenzioso e umile?
Non si può misurare il valore dell'esempio di un
amico leale e sincero, o l'influenza di una buona madre
in seno alla famiglia.
Ma
forse la sua domanda si riferisce agli apostolati che
l'Opus Dei realizza in quanto tale, supponendo che in
questo caso si possano misurare i risultati da un punto
di vista umano, tecnico; vedendo cioè se una scuola
di addestramento professionale riesce a promuovere socialmente
le persone che la frequentano, o se un'università
dà ai suoi studenti una formazione professionale
e culturale adeguate.
Ammesso
che la sua domanda abbia questo senso, le dirò
che il risultato si può spiegare almeno in parte
dal fatto che si tratta di lavori realizzati da persone
che vi si dedicano come specifica occupazione professionale
e quindi con la dovuta preparazione, come fanno tutti
coloro che vogliono lavorare seriamente. Ciò vuol
dire, fra l'altro, che queste iniziative non sono impostate
secondo schemi preconcetti, ma che si studiano caso per
caso le necessità peculiari della società
in cui devono essere realizzate, per adattarle alle sue
esigenze reali.
Ma
le ripeto che all'Opus Dei non interessa in primo luogo
l'efficacia umana. Il successo o l'insuccesso reale di
queste attività dipende dal fatto che, oltre a
essere umanamente ben fatte, servano o no a far sì
che coloro che le realizzano e coloro che ne beneficiano
amino Dio, si sentano fratelli di tutti gli uomini e manifestino
questi sentimenti in un servizio disinteressato all'umanità.
D
- Vorrebbe descrivere come e perché fondò
l'Opus Dei, e gli avvenimenti che considera pietre miliari
del suo sviluppo?
R
- Perché ho fondato l'Opera? Le opere che nascono
dalla volontà di Dio non hanno altra spiegazione
che il desiderio divino di utilizzarle come espressione
della sua volontà salvifica universale. Già
dal primo momento l'Opera era universale, cattolica. Non
nasceva per risolvere determinati problemi dell'Europa
degli anni venti, ma per dire agli uomini e alle donne
di tutti i Paesi, di qualsiasi condizione, razza, lingua,
o ambiente - e di qualsiasi stato: celibi, sposati, vedovi,
sacerdoti -, che potevano amare e servire Dio, senza smettere
di vivere nel loro lavoro ordinario, con la propria famiglia,
nelle più svariate e comuni relazioni sociali.
Come
fu fondata? Senza alcun mezzo umano. Io avevo solo 26
anni, grazia di Dio e buon umore. L'Opera nacque piccola:
non era altro che l'aspirazione di un giovane sacerdote
che si sforzava di fare ciò che Dio gli chiedeva.
Lei mi domanda quali sono state le pietre miliari dello
sviluppo dell'Opera. Per me, è una tappa fondamentale
qualsiasi momento, qualsiasi istante in cui un'anima per
mezzo dell'Opus Dei si avvicina a Dio, facendosi più
fratello degli uomini suoi fratelli.
Forse
vorrebbe che parlassi dei momenti cruciali in ordine cronologico.
Le dirò a memoria alcune date approssimative, anche
se non vi annetto una particolare importanza. Già
nei primi mesi del 1935 era tutto pronto per iniziare
il lavoro in Francia, concretamente a Parigi. Ma vennero
prima la guerra civile spagnola e poi la seconda guerra
mondiale, e si dovette rimandare l'espansione dell'Opera.
Poiché questo sviluppo era necessario, il ritardo
fu minimo.
Già
nel 1940 si cominciò l'attività in Portogallo.
Quasi in coincidenza con la fine delle ostilità,
anche se c'erano stati alcuni viaggi negli anni precedenti,
si cominciò in Inghilterra, in Francia, in Italia,
negli Stati Uniti, in Messico. In seguito, l'espansione
ha assunto un'accelerazione progressiva. Dal 1949-1950
in Germania, Olanda, Svizzera, Argentina, Canada, Venezuela
e negli altri Paesi europei e americani. Allo stesso tempo
il lavoro si è esteso ad altri continenti: Nord
Africa, Giappone, Kenia e altri Paesi dell'East Africa,
Australia, Filippine, Nigeria, ecc.
Mi
fa anche piacere ricordare, come date capitali, le molteplici
occasioni in cui si è mostrato in modo tangibile
l'affetto dei Sommi Pontefici per la nostra Opera. Risiedo
stabilmente a Roma dal 1946, e ho avuto quindi occasione
di conoscere e di frequentare Pio XII, Giovanni XXIII
e Paolo VI. In tutti ho sempre trovato l'affetto di un
padre.
D
- Sarebbe d'accordo con l'affermazione, che qualche volta
è stata fatta, secondo cui l'ambiente peculiare
della Spagna degli ultimi trent'anni abbia facilitato
la crescita dell'Opera in questo Paese?
R
- In pochi Paesi abbiamo trovato meno agevolazioni che
in Spagna. Mi dispiace dirlo, perché amo profondamente
la mia patria, ma si tratta del Paese in cui è
costato più lavoro e più sacrificio far
attecchire l'Opera.
Appena
nata, essa già trovò l'opposizione dei nemici
della libertà individuale e di persone così
attaccate alle idee tradizionali da non poter capire che
la vita dei soci dell'Opera è quella di cittadini
comuni che si sforzano di vivere pienamente la loro vocazione
cristiana senza lasciare il mondo.
Neppure
le opere collettive di apostolato hanno incontrato particolari
facilitazioni in Spagna. Governi di Paesi in cui la maggioranza
dei cittadini non è cattolica hanno aiutato le
attività educative e benefiche promosse dai soci
dell'Opera con molta più generosità di quanto
non abbia fatto lo Stato spagnolo. Beninteso, gli aiuti
che quei governi concedono o possono concedere alle opere
dell'Opus Dei (così come vengono sovvenzionate
normalmente altre opere simili) non comportano un privilegio,
ma semplicemente il riconoscimento della loro funzione
sociale, tanto più che consentono delle economie
al bilancio dello Stato.
Nella
sua espansione internazionale, lo spirito dell'Opus Dei
ha trovato immediata eco e cordiale accoglienza in tutti
i Paesi. Se vi sono state delle difficoltà, ciò
è avvenuto a motivo di falsità che venivano
proprio dalla Spagna e inventate dagli spagnoli, voglio
dire da alcuni settori della società spagnola.
In
primo luogo dall'organizzazione internazionale di cui
le parlavo; ma sembra ormai certo che sia cosa passata,
e io non porto rancore a nessuno. Poi da parte di alcune
persone che non comprendono il pluralismo, che adottano
atteggiamenti di gruppo, quando non cadono in una visione
ristretta o totalitaria, e che si servono della qualifica
di cattolici per fare politica. Alcuni di loro, non mi
spiego perché - forse per false ragioni umane -
sembrano trovare un gusto speciale ad attaccare l'Opus
Dei, e poiché dispongono di grandi mezzi economici
- il denaro dei contribuenti spagnoli - i loro attacchi
possono essere raccolti da certa stampa.
Mi
rendo perfettamente conto che lei sta aspettando nomi
precisi di persone e di istituzioni. Non glieli darò,
e spero che ne capisca la ragione. Né la mia missione,
né quella dell'Opera sono politiche: il mio compito
è pregare. E non voglio dir nulla che possa in
qualche modo venire interpretato come un'ingerenza nella
politica. Più ancora, mi spiace molto parlare di
queste cose. Ho taciuto per quasi quarant'anni, e se adesso
dico qualcosa è perché ho l'obbligo di denunciare
come assolutamente false le interpretazioni distorte che
alcuni cercano di dare di un lavoro esclusivamente spirituale.
Pertanto, sebbene finora abbia taciuto, d'ora innanzi
dovrò parlare e, se necessario, con sempre maggiore
chiarezza.
Ma
tornando al tema centrale della sua domanda, se molte
persone di tutti i ceti sociali, in Spagna e dovunque,
hanno cercato di seguire Cristo con l'aiuto dell'Opera
e secondo il suo spirito, la spiegazione non si può
trovare nell'ambiente o in altri motivi estrinseci. Prova
di ciò è che quanti affermano il contrario
con tanta leggerezza, vedono decrescere i loro gruppi;
e le cause esterne sono le stesse per tutti. Forse sarà
anche, umanamente parlando, perché essi formano
gruppo, mentre noi non togliamo la libertà personale
a nessuno.
Se
l'Opus Dei è ben sviluppato in Spagna - come in
molte altre nazioni - lo si deve anche al fatto che il
nostro lavoro spirituale nacque lì, 40 anni fa,
e - come le spiegavo prima - la guerra civile spagnola
e poi la guerra mondiale resero necessario rimandare l'inizio
in altri Paesi. Voglio far osservare, tuttavia, che ormai
da anni gli spagnoli sono soltanto una minoranza in seno
all'Opera.
Non
pensi, ripeto, che io non ami il mio Paese, o che non
mi dia gioia profonda il lavoro che l'Opera vi realizza;
ma è triste che vi sia chi propaghi equivoci sull'Opus
Dei e sulla Spagna.