Le
opposizioni e le contrarietà
D
- Le contrarietà esterne, per quanto aspre e pericolose,
sono, in un certo senso, anche le più "facili" da
affrontare. Più difficile è la prova
dell'incomprensione, dell'ostilità ingiustificata e
preconcetta, magari anche da parte di persone "buone", che appartengono
alla Chiesa. Nostro Padre dovette sperimentare l'una e l'altra prova.
R
- Per parlare di questo argomento, bisogna innanzitutto sottolineare
che di fronte a queste prove il Padre reagì sempre con
spirito soprannaturale, perdonando e dimenticando prontamente le
calunnie con umiltà, con la massima carità verso
il prossimo, con sete di giustizia e silenzioso abbandono alla
Volontà di Dio.
Seguendo
il suo esempio, quindi, ne accenneremo per sommi capi, lungi da ogni
vittimismo e da ogni spirito di rivincita.
Va
detto che le incomprensioni cominciarono già all'epoca della
fondazione e dei primi passi dell'Opus Dei, nel periodo tra il 1930 e
il 1936. Se ne può anzitutto cercare una spiegazione che
vada alla radice teologica del problema. In quegli anni ciò
che il fondatore vedeva con tanta chiarezza nella sua anima, in
virtù di una precisa illuminazione divina, appariva come
qualcosa di incredibilmente audace: la chiamata universale alla
santità.
L'ho
sentito spesso spiegare tale situazione; alla fine degli anni sessanta,
una volta lo fece con queste parole: "Quando, più di
quarant'anni fa, un povero sacerdote che aveva ventisei anni
cominciò a dire che la santità non era solo per i
frati, le monache e i preti, ma per tutti i cristiani,
perché Gesù Cristo nostro Signore disse a tutti
siate santi come il Padre mio celeste è santo... - che si
sia scapoli, sposati o vedovi non fa differenza: tutti possiamo essere
santi -, ebbene dicevano che quel sacerdote era eretico".
Chi
non lo accusava di essere eretico, non esitava però ad
affermare che fosse un pazzo: infatti ciò che oggi
è dottrina comune, allora appariva agli occhi del mondo come
"un disparatón" (un grande sproposito), come diceva a volte
il Padre con un'espressione tipica. Inoltre, alla dottrina che
predicava si affiancavano l'audacia delle sue iniziative apostoliche e
la loro sproporzione con le risorse umane di colui che le promuoveva.
Alla
difficoltà nella comprensione teologica del messaggio
spirituale portato dal fondatore, bisogna aggiungere le gelosie, le
invidie spesso inconsapevoli, la visione ristretta e quasi
"monopolistica" della pastorale: il soffio dello Spirito Santo, che
sospingeva l'apostolato del nostro fondatore, non poteva non suscitare
questo polverone di diffidenze e di ostilità. La storia
della Chiesa dimostra che il bene si fa sempre strada a fatica.
Tra
la fine del 1939 e gli inizi del 1940 le calunnie contro l'Opus Dei e
contro il suo fondatore si inasprirono. Dapprima egli non volle credere
di essere il bersaglio di un'autentica campagna denigratoria; ma alla
fine, dinanzi all'evidenza delle prove, dovette ammetterlo. L'Opera
veniva accusata di eresia, di tramare clandestinamente per raggiungere
i vertici del potere, di massoneria, di antipatriottismo, ecc. Non si
trattava più di fatti isolati, ma di una vera e propria
campagna: coloro che promuovevano queste calunnie non esitavano a
propalarle perfino nelle alte sfere della Gerarchia ecclesiastica,
cercando di seminare diffidenza e sospetto nei confronti dell'Opera e
del Padre.
Una
volta il p. López Ortiz, agostiniano, che più
tardi fu arcivescovo di Tuy-Vigo e Ordinario castrense per la Spagna, e
che allora era il confessore ordinario della nostra Residenza di via
Diego de León, a Madrid, diede al Padre la copia di un
"dossier riservato" sull'Opera e sul suo fondatore: l'Ufficio
informazioni della Falange l'aveva fatto pervenire alle
autorità locali e López Ortiz ne era entrato in
possesso attraverso una persona di fiducia.
Quel
documento era infarcito di calunnie atroci e dava inizio a un'altra
campagna diffamatoria contro il fondatore. In esso venivano raccolte
tutte le maldicenze divulgate precedentemente. Io assistetti
personalmente a quell'incontro e confermo quanto testimonia fra
José López Ortiz: "Terminata la lettura,
Josemaría, vedendo il mio dolore, si mise a ridere e mi
disse, con eroica umiltà: "Non ti preoccupare, Pepe,
perché tutto quello che dicono qui, grazie a Dio,
è falso: ma se mi conoscessero meglio, avrebbero potuto dire
di me, e a ragione, cose molto peggiori di queste, perché io
sono solo un povero peccatore che ama pazzamente Gesù
Cristo".
E,
invece di stracciare quel cumulo di insulti, mi restituì i
fogli perché quel mio amico potesse rimetterli al loro posto
presso il Ministero della Falange, da dove li aveva presi: "Tieni - mi
disse - e restituiscili a quel tuo amico: bisogna che li rimetta al
loro posto, se no perseguiteranno anche lui"".
Altre
incomprensioni provenivano dalle famiglie, poche in verità,
dei ragazzi che frequentavano le attività apostoliche
dell'Opera o da quelle degli stessi membri dell'Opus Dei. Quasi sempre
all'origine di questi problemi vi era l'azione di alcuni religiosi, che
non esitavano a diffondere sospetti e diffidenze: lo facevano persino
dal confessionale o recandosi in visita presso le diverse famiglie per
metterle sull'avviso.
Più
d'una volta il Padre dovette intervenire personalmente per porre
rimedio alle falsità divulgate nei focolari dei suoi figli:
"Agli inizi dell'Opera, più di trent'anni fa, venivano a
trovarmi alcuni genitori... indignati: perché vi era una
campagna di calunnie orchestrata da determinati religiosi, ai quali
voglio molto bene, e queste povere famiglie ne erano influenzate. Io
allora ero un sacerdote giovane - non avevo ancora quarant'anni - e li
lasciavo parlare.
Quando
avevano terminato, dicevo loro: con le informazioni che avete, anch'io
penserei come voi. Sicché ci troviamo d'accordo. Anzi, vi
dirò di più; saremmo in tre a essere d'accordo:
il diavolo, voi ed io! Poi cercavo di chiarire i loro dubbi e
diventavamo sempre buoni amici".
D
- Padre, lei parla genericamente di "religiosi" e riferisce analoghe
espressioni di nostro Padre. Ma queste persone erano ben individuabili,
e sappiamo che tutto va fatto risalire all'iniziativa di un gesuita. Da
qui le voci di un supposto dissidio tra l'Opus Dei e la Compagnia di
Gesù.
R
- E' vero, ma non bisogna fare di ogni erba un fascio. La campagna
calunniosa effettivamente partì da un gesuita, a quel tempo
molto influente dentro e fuori la Compagnia, ma, anni dopo, egli
abbandonò lo stato religioso e finì addirittura
per apostatare dalla Chiesa.
Il
Padre, fin dall'inizio, cercò di fargli capire la natura del
nostro lavoro, perdonò di tutto cuore, e addirittura fece in
modo di aiutarlo, attraverso membri dell'Opera, quando si
trovò fuori dalla Chiesa. Per parlare di quella e delle
successive persecuzioni, egli usò sempre un'espressione di
santa Teresa: "la contraddizione dei buoni", applicando ai persecutori
l'evangelico obsequium se praestare Deo (Gv 16, 2), "ritenendo di
rendere culto a Dio". Arrivava a considerare le contrarietà
come occasioni di purificazione, e vedendo che vi si impegnavano
persone appartenenti ad antiche e gloriose istituzioni della Chiesa,
affermava che Dio voleva servirsi di "un bisturi di platino".
Sui
rapporti con la Compagnia di Gesù, c'è una
risposta del fondatore stesso in un'intervista concessa al
corrispondente del New York Times, il 7 ottobre 1966: "Quanto alla
Compagnia di Gesù, conosco il suo Generale, il padre Arrupe,
e ho buoni rapporti con lui. Posso assicurarle che le nostre relazioni
sono di stima e di affetto reciproco.
"Forse
le è capitato di trovare qualche religioso che non comprende
la nostra Opera. Sarà a motivo di qualche equivoco o per
ignoranza sulla realtà del nostro lavoro, che è
specificamente laicale e secolare e non sconfina mai nel terreno
proprio dei religiosi. Noi abbiamo venerazione e affetto per tutti i
religiosi, e preghiamo il Signore che renda ogni giorno più
efficace il loro servizio alla Chiesa e all'umanità intera.
Non ci saranno mai contese tra l'Opus Dei e i religiosi,
perché per disputare bisogna essere in due, e noi non
vogliamo lottare contro nessuno" (Colloqui, n. 54).
Questa è stata la sua costante regola di condotta, e
continua a essere la nostra.