In
questo stesso mondo cattolico (oltre che - di rimbalzo - in quello
laico che da qui, peraltro, riceve spesso l'imbeccata), per
giustificare la diffidenza, quando non l'ostilità, verso
l'Opus Dei, ci si rifà sempre a un episodio che compie
trent'anni giusto nel momento in cui scrivo.
Con
una sorta di "tormentone" perennemente rinnovato, si ricorda che era in
posizione critica davanti a quest'Opera persino Hans Urs von Balthasar,
gesuita svizzero passato (per sua richiesta) allo status di sacerdote
secolare, considerato da molti uno dei più grandi - anche se
più discussi - teologi cattolici del secolo. Durante il
pontificato di Giovanni XXIII (che soltanto una tenace e interessata
strumentalizzazione ha cercato di trasformare - contro ogni
verosimiglianza storica - in un "progressista", in un papa "di
sinistra"), von Balthasar, sospettato di eccessiva "apertura", fu in
disgrazia e non fu chiamato a partecipare all'attività delle
commissioni teologiche conciliari. Nel post-Concilio la situazione si
rovesciò e il presunto "progressista" fu scambiato - anche
stavolta abusivamente, a quel che pare - per un "conservatore".
Così, i suoi fans di prima divennero suoi avversari. E
viceversa.
Sta
di fatto che divenne un beniamino di Giovanni Paolo II il quale, nel
1984, gli fece assegnare quella sorta di Nobel vaticano che
è il premio Paolo VI e nel 1988 lo nominò
cardinale (ma lo studioso morì pochi giorni prima di partire
dalla sua Basilea per Roma, dove gli sarebbe stata imposta la berretta
del porporato).
Grande
teologo, straordinario erudito, prete di vigorosa vita cristiana, von
Balthasar presentava anche aspetti singolari, forse contraddittori.
Io stesso (e vedrete che non è autobiografismo il parlarne,
è un modo per cercare di capire il problema che qui
c'interessa) fui messo in grande difficoltà da un suo
comportamento sconcertante, per un'intervista che gli feci nell'autunno
del 1985 e che occupò due intere pagine sul quotidiano
cattolico "Avvenire", provocando grande scalpore in tutta la Chiesa,
dove fu tradotta in varie lingue e diffusa in brochures.
Una
diffusione alla quale (mi dissero) partecipò persino il papa
che - ordinatane una versione in polacco - pare la distribuisse agli
ospiti suoi connazionali: ne era soddisfatto perché quello
svizzero lo difendeva dagli attacchi - in quei giorni particolarmente
virulenti, anche se ormai rituali - di un altro svizzero, il teologo
dissidente Hans Kung.
Qualche
giorno dopo, a sorpresa (e senza avvertire nessuno degli interessati)
von Balthasar smentiva alcune sue affermazioni centrali in quella mia
intervista; e lo faceva su uno dei più autorevoli quotidiani
tedeschi, la celebre "Frankfurter Allgemeine Zeitung". Malgrado questa
tattica furtiva - che fidava forse nella scarsa diffusione della stampa
tedesca in Italia - la cosa suscitava ovunque echi clamorosi e
immediati.
Ma
immediata era anche, da parte del cronista che qui scrive, l'invio
all'interessato e a chi di dovere (anche "dall'alto" si chiedevano
urgenti chiarimenti) di copia delle cassette registrate che
confermavano come le parole del teologo fossero state riportate con
assoluta fedeltà. Immediata era anche la testimonianza, a
conferma di quella correttezza, da parte del direttore stesso di
"Avvenire", presente al colloquio, svoltosi a Basilea.
Ne
seguivano, da parte del professor von Balthasar lettere private - che
stanno nel mio archivio - l'ultima delle quali terminava con
espressioni disorientanti: "Capisco bene la vostra amarezza e confesso
di essere sorpreso da ciò che mi dite delle (mie) parole sui
vostri nastri [...]. È colpa mia [...]. Vi prego di volere
seppellire quest'affare che ci ha causato, a tutti, tali noie...".
Se
vi segnalo questo episodio (che, peraltro, non è per niente
privato, visto che ne nacquero polemiche che durarono mesi su tutta la
stampa internazionale) è perché sembrano esserci
singolari oscillazioni di quel grande erudito - alcuni suoi libri sono
fondamentali per la Chiesa del nostro secolo - pure nell'affaire che
riguarda l'Opus Dei.
Le
cose si svolsero come andremo tosto a vedere... Nel novembre del 1963,
sulla "Neue Zurcher Nachrichten" (un piccolo giornale svizzero, con
poche migliaia di copie di tiratura e che da anni ha cessato le
pubblicazioni), von Balthasar pubblicava un articolo dal titolo
Integrismo che, il mese successivo, era ristampato tale e quale sulla
rivista teologica di Vienna, ben più diffusa e autorevole,
"Wort und Wahrheit" ("Parola e Verità").
Nell'articolo
era nominato anche l'Opus Dei, definito "una concentrazione integrista
di potere nella Chiesa". Secondo il teologo, nucleo centrale
dell'"integrismo" sarebbe l'intento di "imporre lo spirituale con mezzi
mondani".
È
da notare che quell'articolo faceva seguito a un altro dove, criticando
Teilhard de Chardin, von Balthasar prendeva posizione contro il
"progressismo" clericale. Dunque, condanna sia della "sinistra" sia
della "destra" ecclesiale: in quest'ultima era messa la Obra che,
peraltro (lo confesserà dopo, come vedremo), quel teologo
allora quasi non conosceva, anche perché nella Svizzera
tedesca cominciava appena a muovere i primi passi. Il suo giudizio
negativo si basava praticamente soltanto sull'analisi di alcuni punti
del libro di Escrivà, Cammino, giudicato di
spiritualità non sufficientemente profonda per un'Opera di
ambizioni mondiali.
Fu
piuttosto agevole, per i membri dell'Opus Dei, mostrare in modo
inoppugnabile (presentando da una parte le parole autentiche di
Cammino, dall'altra quelle riportate dal teologo) che il testo era
stato "violentato", isolando frasi dal contesto, unendone altre in modo
abusivo, privandone altre ancora del seguito che spiegava
l'affermazione precedente. Insomma, si sarebbe trattato di un caso come
quello di cui parlava Joseph Fouché (almeno, molti
l'attribuiscono a lui; alcuni lo collegano ad altri), il volpino
ministro francese di polizia buono per tutti i regimi: "Datemi un
qualunque testo di chiunque e io, tagliando e ricucendo in modo
acconcio, troverò le prove sufficienti per farlo
ghigliottinare...".
Da
allora, comunque - e sono passati, lo ricordavo, ben trent'anni - non
c'è praticamente dibattito sull'Opera che non si rifaccia a
quel giudizio negativo, usato anche nella battaglia per la
beatificazione di Escrivà di cui parleremo subito sotto.
L'argomento è questo: come può non essere
"integrista", "di destra", "tanto potente quanto occulto" l'Opus Dei,
se persino un teologo amico del "papa polacco", a sua volta amico di
quella Istituzione, ha preso con decisione le distanze da esso?
Un
macigno, insomma, del cui peso sembra difficile liberarsi per i
malcapitati discepoli di Escrivà. Di questo sono convinti,
con qualche imbarazzo, anche cattolici volonterosi, che pur vorrebbero
guardare senza pregiudizi o addirittura con simpatia all'Istituzione
del beato spagnolo.
Ovviamente,
da cronista che cerca di fare il suo mestiere (e messo un poco in
allarme, lo confesso, da quella mia sconcertante esperienza personale
con il Maestro di Basilea), ho voluto esaminare nella sua completezza
il dossier del caso, senza arrestarmi a quelle prime schermaglie alle
quali praticamente tutti nella Chiesa - al di fuori, ovviamente,
dell'Opera - sembrano fermi da decenni.
Dal
dossier risulta, anzitutto, una sorprendente assenza. Il famoso
articolo è del 1963 e il suo autore muore - ancora in piena
attività intellettuale, con una miriade di collaborazioni e
di impegni in corso (pochi uomini, forse, hanno scritto e parlato
quanto lui) - nel 1988. In quei venticinque anni, nelle centinaia se
non migliaia di testi che firma, von Balthasar non solo non scrive
(né dice) una sola parola contro l'Opus Dei, ma sembra
ritrattare - anche qui... - i suoi giudizi. Per esempio, nel 1984
scrive a un sacerdote della Prelatura: "Qualche decennio fa, ho
criticato una volta Cammino (non l'Opus Dei!), perché mi
sembrava insufficiente come spiritualità, per un'opera tanto
enorme. Da allora, non ho detto una sola parola contro l'Opus Dei".
Due anni dopo, il 19 dicembre 1986, scrivendo sullo stesso argomento ad
Hans Thomas, altro membro dell'Opera, confessa: "Allora [in quel 1963,
N.d.R.] non conoscevo affatto i suoi membri".
Ma
a questi documenti "privati" va anteposta una decisiva testimonianza
"pubblica" del 1979 che non è mai citata da nessun critico,
come onestà imporrebbe. La stessa onestà impone
però, al contempo, di riconoscere che ben difficilmente
potrebbe essere citata, visto che il giornale in cui sarebbe dovuta
apparire non volle pubblicarla.
Il
giornale in questione è poi il quotidiano che molti
considerano il più autorevole della Svizzera, quello sempre
menzionato nei commenti internazionali, la "Neue Zurcher Zeitung",
dalle tradizioni di radicalismo laicista. Nella sua lettera al
direttore di quel giornale (ma che il direttore, dicevamo, non volle
ospitare: il testo autografo fu però - significativamente -
inviato da von Balthasar ai responsabili svizzeri dell'Opera e sta
ovviamente ancora nei suoi archivi) il teologo scrive: "Nella "Neue
Zurcher" del gennaio 1979 è apparsa una violenta
requisitoria contro l'attività dell'Opus Dei a Zurigo che
non mi sembra degna di un quotidiano che recentemente è
stato insignito del premio Erasmo - il premio dei grandi conciliatori!
- e nella quale mi si presenta come principale testimone contro la
citata organizzazione.
Fortunatamente,
l'autore ha precisato che si tratta di un mio articolo comparso nel
1963 (in una rivista che da tempo ha cessato le pubblicazioni),
però ha dimenticato di dire che si trattava, in
realtà, di una recensione di Cammino, un'opera del fondatore
dell'Opus Dei. Non si trattava, cioè, di un giudizio
sull'insieme dell'opera di Escrivà de Balaguer (che allora
non era accessibile come oggi, alla pari di tutta la
spiritualità che si vive nella sua fondazione).
Allora,
nel 1963, la mia impressione era solo che le sentenze e le esortazioni
contenute in Cammino non potessero bastare come fondamento spirituale
di una organizzazione tanto influente, di diffusione mondiale. Per
mancanza di informazione concreta, non sono in grado di emettere un
giudizio sull'Opus Dei attuale, però qualcosa mi appare
ugualmente sicuro: che molte delle accuse (anche quelle che l'articolo
del vostro giornale allega contro l'insegnamento della religione da
parte di membri dell'Opus Dei) sono semplicemente false e
anticlericali".
Pare
proprio che, dopo l'esame di una lettera simile, occorrerà
più prudenza nello sbrigarsi della Obra, affermando che
"persino il teologo più ammirato da papa Wojtyla ne ha messo
in guardia i cattolici".
Una
prudenza che dovrà aumentare, dopo aver letto l'ultimo
documento dell'affaire. Si tratta probabilmente anche dell'ultimo
articolo del grande teologo, apparso poco dopo la sua morte nel numero
di luglio del 1988 della rivista teologica "Diakonia". È un
articolo che ha per titolo Integrismo oggi ed è dunque la
ripresa dello stesso tema del celebre testo del 1963. Uno studio ampio,
dove von Balthasar riesamina quel fenomeno di cui diceva di aver visto
nell'Opus Dei, venticinque anni prima, un esempio significativo.
Ebbene,
in questa sorta di testamento teologico, si cercherebbe invano un
riferimento all'Istituzione di don Escrivà: non un richiamo
diretto né un richiamo indiretto. Nulla: non una sola
parola...
Che
conclusione trarne, se non che avesse cambiato opinione, come, del
resto, gli era avvenuto altre volte nella sua vita lunga e appassionata
e come io stesso dovetti accorgermi?